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giovedì 9 aprile 2020

Benjamin Tucker anarchico americano

Benjamin Tucker (1854-1939) fu una delle figure più importanti dell’anarchismo americano. Direttore di «Liberty», s’ispirò principalmente alle riflessioni di Josiah Warren e Stephen Pearl Andrews, coniugandole successivamente col pensiero di Max Stirner e l’evoluzionismo di stampo spenseriano.
La specificità e l’originalità dell’anarchismo americano è evidente in Tucker a cominciare dalla sua educazione radicalmente protestante, che lo portò a considerare l’individuo e la sua coscienza come sede e prospettiva privilegiata di una riflessione sulla libertà. Tucker riportò questo pensiero, unendolo a una analisi sociale ed economica che mirava a contrastare la formazione di invadenti monopoli, sia nel campo delle risorse che nel campo delle idee. Tucker aveva avuto anche l’opportunità, in Francia, di leggere gli scritti di Proudhon, e in essi aveva reperito, in forma più elaborata, le medesime concezioni economiche di Warren.
La giusta ricompensa del lavoro auspicata da Warren, era valutata in base al tempo che un certo tipo di lavoro richiedeva e al fatto che fosse più o meno ripugnante. Più il lavoro era sgradevole e più doveva essere ricompensato; il lavoro intellettuale non era considerato sostanzialmente differente da quello manuale e non aveva diritto a una ricompensa maggiore. Tucker unì a questa concezione la sua visione sociologica della conoscenza: il fatto che un uomo giungesse prima di un altro a una scoperta tecnologica o scientifica non dava alcun diritto di monopolio su di essa poiché era stata costruita su un patrimonio di saperi in continua evoluzione. Il lavoro scientifico non era sostanzialmente differente da quello letterario, in cui ogni potenziale combinazione di parole, suoni e significati era sempre disponibile per tutti.
La battaglia di Tucker contro il copyright era solo un aspetto della sua crociata contro ogni tipo di monopolio, visto come attentato alla libertà individuale. Un altro aspetto importante della sua polemica economica riguardava il monopolio dell’emissione di valuta da parte delle banche che avevano concessioni dal governo federale. 
Tuttavia, il nucleo forse più originale della filosofia di Tucker fu quello di una coerente formulazione individualistica dell’anarchismo, genuinamente differente da ogni tipo di anarchismo di matrice europea. Ogni individuo aveva una sfera di azione indipendente e compatibile con quella degli altri; qualora queste confliggessero, l’esperienza insegnava che la legge dell’equal freedom formulata da Spencer era l’espediente migliore finora trovato per regolare la società umana. La cooperazione sorgeva spontaneamente anche tra «egoisti» per progetti di durata e intento limitati. In altri
termini, si prospettava la struttura di una società dinamica, ovvero in continuo cambiamento in accordo con le reali esigenze individuali, nella quale ognuno aveva diritto, in condizioni di reale equità ma non necessariamente di assoluta eguaglianza, alla ricerca del benessere e della felicità. Questo riguardava naturalmente anche le donne, che dovevano avere un reale controllo del loro corpo e della prole attraverso una effettiva emancipazione economica. Tucker condusse, anche in favore delle donne, un’importante campagna contro la censura di Stato, che si accaniva sulla letteratura classificata «oscena» dalle Comstock Laws, che colpì per esempio le Leaves of Grass di Whitman, Tolstoj e molto materiale scientifico relativo alla contraccezione. L’azione giornalistica di Tucker si distinse inoltre per la sua ferma condanna dell’uso della violenza nella lotta politica e sociale. Tucker non approvava la «propaganda attraverso i fatti» che l’anarco-comunismo di importazione europea proclamava come l’unico metodo di lotta, soprattutto attraverso la leadership di Johann Most tra gli immigrati di origine tedesca. Gli eventi di Haymarket Square, occorsi a Chicago nel 1886, imposero una riflessione sull’uso della violenza: per Tucker essa era giustificabile solo in casi estremi, e come azione individuale, qualora fosse tolta anche la libertà di parola e di stampa. In ogni situazione in cui sopravvivessero significativi spazi di libertà, l’influenza della ragione, dell’educazione e dell’esempio rimanevano la strategia migliore. Tuttavia, per Tucker la passive resistance differiva dalla non-resistance poiché era considerata una linea di condotta possibile e non un principio o una regola universale. L’anarchismo era per Tucker «socialismo scientifico volontario», ovvero la totale negazione del principio di autorità.
Tucker toccò nella sua opera culturale e giornalistica temi di attualità sconcertante come i monopoli, la proprietà delle idee, il ruolo dell’educazione e della parola. 

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