Baroni è un anarchico di Piombino, dove è nato il 25.5.1902, che ha conosciuto tutta la trafila antifascista dell’epoca. Nel 1922 si scontra ripetutamente con le squadracce fasciste e, perseguitato, deve trasferirsi a Torino, dove lavora alle Ferriere Piemontesi. Nel 1937, dopo un tentativo non riuscito l’anno precedente, decide di partire per la Spagna, ma giunto a Parigi viene convinto dagli anarchici italiani lì rifugiati a tornare a Torino per mantenere i collegamenti con gli operai delle Ferriere e del quartiere Barriera di Milano dove è molto conosciuto e ascoltato. Tornato in Italia, poco dopo viene però nuovamente arrestato e inviato al confino fino al dicembre 1942. Rilasciato, rientra nuovamente a Torino e alle Ferriere, dove svolge un’intensa attività sindacale. Proprio all’interno delle Ferriere nasce la VII° Brigata SAP.
Testimonianza di Aldo Demi, volontario nelle brigate internazionali in Spagna e cognato di Baroni: "Alle Ferriere c’erano parecchi antifascisti, tant’è vero che quando nel ’35 volevano farci iscrivere al sindacato fascista noi dicemmo di no. In tutto il reparto laminatoi, dove lavorava Ilio, vi furono soltanto pochissimi - si contavano sulle dita - che si iscrissero. C’erano diversi anarchici. Ilio era conosciuto come anarchico: ci sapeva fare. Alle Ferriere c’erano dentro i tedeschi. Però il direttore era molto «legato» a mio cognato, perché la FIAT teneva il piede in due staffe. Erano stati minati i treni e Ilio - non so se da solo o con altri - li sminò, mettendo a rischio la propria esistenza perché potevano saltare da un momento all’altro. Ed è per quello che la FIAT in seguito era sicuramente a conoscenza della squadra SAP attiva nelle Ferriere: uscivano ed entravano dalle Ferriere quando volevano, il direttore sapeva tutto".
Testimonianza di Mario Trombetta, partigiano VIIa brigata SAP e attuale presidente della sezione ANPI «Ilio Baroni » di Torino: "Baroni era comandante di brigata e mio padre era vice-comandante. C’era una squadra di manovra che viveva alle Ferriere e quando era il caso venivano anche i GAP e un po’ tutti i partigiani che rientravano dalle montagne. Con questa squadra di manovra un giorno sì e un giorno no si facevano i disarmi: si andava fuori, si prendevano isolatamente le brigate nere, la X Mas o la Ettore Muti, e si procedeva al disarmo. Baroni era veramente un uomo d’azione, un anarchico. Certo non poteva fare un’eccessiva propaganda anarchica perché aveva ben altri compiti da svolgere. Era diventato comandante della VIIa brigata SAP ma era già stato attivo prima nella difesa sindacale all’interno della fabbrica. Era molto conosciuto, era un punto di forza del movimento operaio. Quando è morto, Baroni era con «Lucio» (Giulio Oberti), comandante di distaccamento. In corso Giulio Cesare hanno attaccato un nostro camion, i nostri sono prigionieri dietro al camion e ci sono i cecchini sul corso Giulio Cesare angolo via Novara. Partiamo io, «Lucio» e Baroni con un motocarro: sopra c’è la «crava», un fucile mitragliatore. Mentre stiamo per andare sentiamo sparare: i nostri compagni hanno attaccato un treno di tedeschi. Allora scendiamo e attacchiamo anche noi il treno per una buona mezz’ora finché i tedeschi non si arrendono. Esaurita questa operazione, torno indietro e cerco Baroni, ma mi dicono che è già andato via con Lucio. Torno indietro e arriva la notizia:«Hanno sparato a Moro»".
(Testimonianze raccolte da Tobia Imperato Tobia Imperato)
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