Mikhail Bakunin era nato l’8 maggio 1814 a Prjamuchino nella provincia di Tver, da una famiglia di proprietari terrieri. Aveva passato l'infanzia in una fattoria in cui vivevano cinquecento "anime", cioè servi. La grande casa settecentesca era rallegrata dalle risa e dai giochi dei fratelli e delle sorelle di Mikhail; sul davanti scorreva un fiume largo, maestoso: il paesaggio che il rivoluzionario russo ricorderà per tutta la vita. Come un personaggio di Turgheniev o di Cecov, il giovane Mikhail crebbe in un ambiente ricco di sottili emozioni, immerso nella grandezza della natura. Era il maggiore di dieci fratelli. Una vera banda, di cui lui era il capo. A tutti insegnò subito a ribellarsi alle autorità, a cominciare da quella paterna, come più avanti insegna loro come ribellarsi a corteggiatori, fidanzati e consorti. Un'inibizione sessuale di origine evidentemente incestuosa lo spinse per tutta la vita a ricercare la compagnia di giovani donne, anche sposate, che poi invariabilmente “doveva” lasciare. All'età di quarantaquattro anni sposò in Siberia una ragazza di diciotto che ebbe due figli con un altro uomo pur continuando a convivere con Bakunin. Come Marx, Bakunin divenne in gioventù un idealista hegeliano. A 19 anni aveva assistito al fallimento della congiura decabrista in cui era implicata la famiglia di sua madre. A ventisei anni, nel 1840, si recò a Berlino per attingere alla fonte dell'hegelismo. Ma voleva anche raggiungere una sorella che aveva convinto a lasciare il marito e ad andarsene col bambino in Germania. A Berlino l'influenza dei giovani hegeliani lo spinse a sinistra. Da ribelle all'autorità paterna, il giovane russo si converti in ribelle all'autorità del super-padre, l'imperatore. La “piccola banda” dei fratelli, del resto, lo aveva abbandonato: la sorella s'era riconciliata col marito ed era tornata in Russia, un fratello che lo aveva raggiunto a Berlino se ne tornò a casa a fare il funzionario, e un'altra sorella, che Bakunin aveva teneramente amato, s'era innamorata dello scrittore Targheniev, e restava a casa anziché raggiungere il “capobanda” in Germania. Fu allora che Bakunin scrisse la frase diventata famosa: «Il desiderio di distruggere è anche un desiderio creativo», che diventerà un caposaldo della concezione anarchica fine secolo e che subirà una razionalizzazione da parte dei libertari operaisti nella formula: “La classe operaia può distruggere tutto, perché tutto ha costruito e tutto può ricostruire”. E comunque insensato voler attribuire soltanto a tare psichiche o a contrasti familiari gli atteggiamenti di un grande rivoluzionario. La psiche di un uomo, certe esperienze formative - del resto comuni a gran parte degli uomini, che però non hanno la lucidità e il coraggio di ammetterlo — possono spiegare tutt'al più le modalità di scelte altrimenti inspiegabili, non perché si diventa ribelli o conformisti. Era stato ufficiale di artiglieria in Russia, e sapeva come si conduce all'attacco una colonna e si organizza una difesa. Con la sua corporatura imponente, con la sua parola appassionatamente popolare, fa pensare a un “bandito” patriota come Garibaldi. Bakunin però non diventò un patriota russo, un eroe nazional-popolare,ma portò l'idea stessa della rivoluzione internazionalista in tutto il mondo. Partecipò alle giornate di febbraio, nel 1848, con la Guardia Nazionale Operaia di Parigi, all'insurrezione di Praga, di Dresda. In quest'ultima città fu in pratica l'unico che nel 1849 seppe organizzare la resistenza, e che si batte fino all'ultimo, anche se non aveva un grande interesse a questa rivolta cui aveva aderito dietro sollecitazione del musicista Richard Wagner, allora direttore dell'Opera di Dresda. Arrestato dai prussiani e condannato a otto anni di carcere, dopo tredici mesi passati in prigione a Dresda e nella fortezza di Kongstein, una notte lo trascinarono fuori dalla cella per decapitarlo: a sua insaputa era stato condannato a morte. All'ultimo momento la pena venne commutata nell'ergastolo, ma fu consegnato all'Austria che ne aveva chiesto l'estradizione onde processarlo per la rivolta di Praga. Conclusione: Bakunin venne rinchiuso nella cittadella di Hradcin, dopo essere stato consegnato a Praga come prigioniero di guerra.
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