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giovedì 25 febbraio 2021

Bakunin e i poeti: Dmitrij Vladimirovič Venevitinov

Il 28 febbraio 1936, Michele Bakunin scrive: «Credere, non nel Dio che si prega nelle chiese, ma in quello che parla al poeta». Quali furono dunque questi poeti di cui Bakunin ascoltò la voce? Puskin, Goethe, Schiller, Byron, Chénier, e altri hanno colpito la sua attenzione e per un certo periodo si sono insinuati nel suo cuore e nel suo spirito. Ma quelli che hanno avuto un'influenza profonda sull'orientamento della sua vita, sono due poeti russi: Vénévitinov  e Stankevitch, e un poeta tedesco, Herwegh. Quest'ultimo rifiutò la propria nazionalità per diventare cittadino svizzero, o elvetico come  si diceva allora, perché il suo paese lo aveva deluso. L'incontro di Bakunin con questi tre uomini coincide con le tre grandi fasi che faranno di un giovane nobile russo un rivoluzionario  intransigente. Quando Bakunin s'interessa all'opera di Vénévitinov, sottufficiale artigliere nell'esercito russo. A Pietroburgo ha fatto l'esperienza negativa della vita mondana presso la propria famiglia e tramite i suoi amici è  ricevuto alla corte zarista. Ha anche avuto un colpo di  fulmine per sua cugina Maria Voeikova. La vita militare non gli piace. Benché si dica pronto a difendere il proprio paese, se ce ne  fosse bisogno, egli ha già considerato con suo padre la possibilità di essere trasferito a Tver, vicino alla residenza della famiglia. A questo punto della sua vita, ancora ventenne, egli attende di essere, per così dire, toccato dalla grazia. Con suo cugino  Sergei  Muraev, si è messo a perfezionare le proprie conoscenze di storia russa, geografia russa e anche di lingua russa, e viene iniziato nello  studio di una scienza all'epoca nuova: la statistica. Non ha superato  l'esame per passare ufficiale di prima classe e, dopo un breve soggiorno presso la famiglia, viene inviato dai suoi superiori in una  semplice  brigata, a Wilna. Di là parte per delle manovre, dal momento che si parla di guerra. In questa circostanza, avrebbe anche potuto essere trasferito alla frontiera prussiano-austriaca. Michele Bakunin scrive alla sua famiglia (lettera del 19 dicembre 1834) che ha deciso di studiare la tattica militare e la costruzione delle fortificazioni. Non c'è — precisa — dell'eroismo in me, ma sarei contento di dare la mia vita per il bene e l'onore della mia patria. Nell'arco di pochi giorni il suo mondo sta cambiando. Un compagno che abita a Wilna, ma che studia all'Università di Mosca, gli dà da leggere l'opera di un poeta da poco scomparso: Dmitri Vénévitinov, definito allora in Russia il «Divino giovane uomo ». Michele scrive alla propria famiglia di essere stato profondamente colpito da questa lettura. Dmitrij Vénévitinov  è nato a Mosca nel 1805. Lui e Puskin hanno un antenato comune, ma Dmitrij discende dalla schiatta che si è unita al principe Obolenski. È un ragazzo dotato, un bambino prodigio, che a tredici anni ha tradotto il Prometeo di Eschilo e a quattordici inizia la sua opera personale: dei poemi, delle critiche, delle riflessioni sulla filosofia. Egli reclama il rinnovamento della Russia tramite la libertà di espressione e la libertà di ricerca, tanto nella scienza quanto nelle arti. Il solo consiglio che si può dare — egli dice — a chi vuole essere utile alla patria o all'umanità, è di esigere la libertà di pensiero. In questa prospettiva ha scritto un poema: Patria. Denuncia la miseria e la sporcizia che si distendono sotto lo sguardo tranquillo del ricco al riparo nella propria abitazione. Su tali cose, questi schiocca la frusta dei padroni. Questi versi sono così densi di verità che la loro  pubblicazione sarà vietata fino all'anno 1924. Molto prima che scoppi la rivolta dei decabristi, Vénévitinov è legato a quelli che la provocano. Dopo la loro condanna parteggia ancora per loro. Il governo lo richiama a Pietroburgo, la polizia politica lo sorveglia. Lo  si arresta, losi rilascia. Egli firma allora un contratto di affitto e torna malato da una visita al padrone di casa. Si ristabilisce. Passano alcune settimane, prende parte  ad una festa da ballo presso lo stesso padrone di casa, ricade di nuovo malato e muore dopo pochi giorni. L'eliminazione degli importuni avviene in modo sottile. Il poeta ha 22 anni. 



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