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giovedì 18 febbraio 2021

Un epoca rivoluzionaria, Mikhail Bakunin – parte terza


Ma anche gli zar muoiono. Quando Nicola I scompare, nel 1855, l'ascesa al trono di  Alessandro II fa  sperare in  un regime più tollerante. La madre di Mikhail  torna alla carica. Il prigioniero si fa  promettere da un fratello che gli porterà il  veleno se la supplica non avrà successo. Ma non ci fu bisogno del veleno: dopo 6 anni di fortezza Bakunin venne liberato, a patto che se ne andasse in esilio per sempre. Per un tipo come Bakunin la  libertà è una medicina miracolosa. Che importa se lo scorbuto ha fatto cadere tutti i denti, se la dieta zarista ha fiaccato le ossa? La fede non crolla. Un lontano congiunto di idee decabriste, governatore della Siberia orientale, gli procurò un lavoro in una società commerciale che  gli permetteva di viaggiare. Dopo quattro anni Bakunin era uccel di bosco. Il «romanzo» aveva ripreso a funzionare nell'esistenza del rivoluzionario. La fantasia ha la meglio sulle distanze immense, sull'occhiuta polizia. Bakunin convince nella primavera del 1861 un mercante siberiano a pagargli le spese di viaggio fino alle foci  del fiume  Amur. Si era fatto fare  una lettera per i comandanti dei battelli in navigazione sul fiume. E qui Bakunin realizzò un altro dei suoi capolavori: riuscì a convincere capitani e funzionari, e di  battello in  battello raggiunse Yokohama. Di là un piroscafo americano lo  portò a San Francisco. Il fascino personale del rivoluzionario continuava a esercitare la sua  influenza su chiunque. Un sacerdote inglese con cui  aveva fatto amicizia a bordo gli prestò trecento dollari. Ed ecco  Bakunin attraversare Panama e raggiungere New York. A New York scrisse a Aleksandr Herzen, che si trovava a Londra, pregandolo di inviargli del denaro. Alla fine di  novembre Mikhail raggiungeva Londra. Con una frase felice Herzen disse che Bakunin tornò in Europa come i decabristi reduci dall'eslio, più giovani   dopo la galera che i giovani rimasti a casa a subire l'oppressione zarista. Aggiunge Herzen che sofferenze e prigionia sembrano avere preservato anziché distrutto Bakunin. In effetti, egli non  aveva vissuto,  come  i rivoluzionari occidentali, la reazione internazionale degli anni 1850-1860.  Essa aveva prostrato gli esuli di Londra, mentre negli occhi di Bakunin erano rimaste le rivolte del fiammeggiante biennio 1848-1849. Non appena era scoppiata l'insurrezione polacca (1863), egli era stato in grado di organizzare una legione russa (per l'ostilità di vari elementi non poté portare a termine l'impresa). Sono gli anni in cui la polemica con Marx per la guida dell'Internazionale sta emergendo ma non è ancora scoppiata. Bakunin accorre in Svezia, Italia e Svizzera, ovunque una causa rivoluzionaria si profili. Ma è nell'Italia meridionale che il suo cuore ardente trova un ambiente congeniale. E ormai maturato dai giorni in cui aveva voluto soccorrere i polacchi pur di mettere in imbarazzo la Russia (i polacchi nazionalisti sono altrettanto reazionari dello zar). Ora Bakunin è convinto che la rivoluzione deve essere sociale, e che per essere sociale deve essere internazionale. Nel 1867 fa inserire nel programma per gli «Stati Uniti  d'Europa» della Lega per la Pace e la Libertà (organizzazione di intellettuali borghesi che cerca di strumentalizzare) un paragrafo a sostegno della liberazione delle classi operaie e   per l'eliminazione della condizione sociale più sfruttata e emarginata: il proletariato.




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