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giovedì 18 marzo 2021

Raggiungere un equilibrio tra umanità e natura

Non è più possibile, oggi, considerare i problemi ecologici poco importanti, marginali, «borghesi». I dati sull’incremento planetario delle temperature dovuto al crescente tasso di anidride carbonica nell’atmosfera (il cosiddetto effetto serra) […] e l’inquinamento massiccio degli oceani, dell’aria, dell’acqua e del cibo, la diffusa deforestazione causata dalle piogge acide e dai tagli insensati, la disseminazione di materiale radioattivo lungo la catena alimentare […] tutto ciò ha dato all’ecologia un’importanza che non ha mai avuto in passato. La società attuale sta danneggiando il pianeta a livelli tali da superare le sue capacità di auto-risanamento. Ci stiamo sempre più avvicinando al momento in cui il pianeta non sarò più in grado di mantenere la specie umana e le complesse forme non umane di vita che si sono sviluppate in miliardi di anni di evoluzione organica. Ora, di fronte a questo scenario catastrofico, c’è il rischio (a giudicare dalle tendenze in atto in Nord America e in alcuni paesi dell’Europa occidentale) che ci si volga a curare i sintomi anziché le cause, che la gente impegnata ecologicamente cerchi soluzioni cosmetiche anziché risposte durevoli. Certo, la crescita dei movimenti verdi un po’ in tutto il mondo, compreso il Terzo Mondo, testimonia dell’esistenza di un nuovo impulso ad occuparsi correttamente del disastro ecologico. Ma ciò che appare sempre più chiaro è che non basta certo dare un «impulso». Per quanto sia importante fermare la costruzione di nuove centrali nucleari, di autostrade, di grandi agglomerati urbani o bandire l’uso di sostanze chimiche micidiali in agricoltura e nell’industria alimentare, bisogan rendersi conto che le forze che conducono la società verso la distruzione planetaria hanno le loro radici in un’economia mercantile da «crescere-o-morire», in un modo di produzione che deve espandersi in quanto sistema concorrenziale. Quello che è in ballo non è una semplice questione di «moralità», di «psicologia», di «ingordigia». Dato un mondo concorrenziale […] in cui ogni impresa deve espandersi in un contesto economico di cane-mangia-cane, la crescita illimitata è inevitabile. Essa acquisisce l’inesorabilità di una legge fisica che funziona indipendentemente dalle intenzioni individuali, dalle propensioni psicologiche, dalle considerazioni etiche.

Non credo che si possa giungere ad un equilibrio tra umanità e natura se non si trova un nuovo equilibrio – basato sulla libertà dal dominio e dalla gerarchia – in seno alla società. Per l’appunto, ho chiamato ecologica questa nuova società ipotizzata e ho definito il mio pensiero come ecologia sociale. L’ecologia sociale non è né ecologia umana né ecologia profonda, termini e concezioni che tendono a deviare la nostra attenzione dagli aspetti sociali dell’attuale crisi ecologica. E’ necessario affrontare onestamente il fatto che, se non trasformiamo la società in senso libertario, gli atteggiamenti e le istituzioni che ci spingono follemente verso il disastro ecologico continueranno a operare, nonostante tutti gli sforzi messi in campo per riformare il sistema sociale dominante.


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