(pensando che il mondo sia pronto per un'altra guerra)
Deprecabile stirpe, annientati, scompari.
Produci più in fretta, avanza, usurpa, canta inni,
costruisci più macchine da guerra; continua a blaterare,
per monumenti, denaro, sfilate; ancora una volta
trasforma la sbigottita ammoniaca e la cellulosa perplessa
in esplosivi; e in putridume gradito alle mosche
corpi giovani pieni di speranza; esorta, prega,
sdègnati, scrupolosa, accetta tutto tranne la sconfitta;
fatti fotografare; consultati, raffina le tue formule;
metti in vendita batteri nocivi alla pelle,
metti pure la morte sul mercato;
produci, avanza, usurpa, espanditi, annièntati e muori,
'homo' cosiddetto `sapiens'.
Edna St.Vincent Millay, nata a Rocklnd il 22 febbraio 1892 morta a Austerlitz il 19 ottobre 1950 poetessa americana.
Il 22 agosto 1927 fu arrestata per aver protestato, davanti alla State House di Boston, contro l’esecuzione di Sacco e Vanzetti. “Capii che agiscono clandestinamente mostri dietro la democrazia”, disse. Scrisse, su “Outlook”, nel novembre di quell’anno, un articolo, Fear, di dichiarata potenza, contro il potere “ipocrita e avido”, contro “la bruttezza atavica dell’uomo, la sua crudeltà, la sua canonica faccia bugiarda”.
Al ritmo del foxtrot questa donna minuta, disinibita, indipendente, frivola, audace, piena di vitalità divenne la principessa del Greenwich Village di New York. Ebbe una incredibile lista di amanti, di entrambi i sessi, da Djuna Barnes a Salomón de la Selva, poeta discepolo di Rubén Darío. Anche Edmund Wilson fu uno dei suoi molti amanti, e un suo grande protettore, nonostante Edna avesse rifiutato la sua proposta di matrimonio. Non aveva paura di essere esuberante, ribelle, indifesa e indifferente, come una delle stravaganti eroine di Francis Scott Fitzgerald”.
Come la sua poesia, così la sua morte sarà all’insegna di una tragica, ironica leggerezza: scivolerà dalle scale la notte del 18 ottobre 1950, con un bicchiere di vino rosso in mano.
Nessun commento:
Posta un commento