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giovedì 5 gennaio 2023

ANGELI ARMATI – John Sayles

Ambientato in un immaginario paese del terzo mondo (Guatemala), l’anziano e malato medico Dottor Fuentes, ricco dottore di una metropoli sudamericana, che da anni partecipa con un movimento per la formazione di personale medico a favore dei poveri, viene a sapere che molti dei suoi allievi inviati nelle zone più depresse del paese sono scomparsi. Quasi per caso, scopre però che uno di loro, Bravo, fa il ricettatore e lo spacciatore di droga in un quartiere malfamato. Incredulo, Fuentes sente scattare una molla che lo spinge ad andare alla ricerca degli altri per conoscerne le situazioni. Intraprende allora un viaggio nelle zone rurali e arretrate del Paese. Non conoscendo la stradasi fa accompagnare da Conejo, un ragazzino testimone degli orrori causati dall'esercito. Insieme incontrano Domingo, un disertore colpevole di molte atrocità, Padre Portillo, un sacerdote che per vigliaccheria si è dato alla fuga al momento della rappresaglia dell'esercito, e Graciela, una ragazza diventata muta in seguito allo stupro subito dai soldati. Attraversando un paese  devastato  da persecuzioni e soprusi degli "uomini con fucili” ben presto apprenderà con sgomento e dolore un mondo di violenza e orrore contro le popolazioni indigene perpetrato dall’esercito. Costoro arrivano armati e numerosi nei villaggi, e li mettono a ferro e fuoco uccidendone e torturandone gli abitanti. Nel villaggio di Rio Seco una  vecchia  cieca gli rivela che il dottor Cienfuegos è stato ucciso da "uomini con fucili". Lo stesso è capitato al dottor Arenas  a Tierra Quemada.  A Caras Sucias invece  sono morti tutti, dottor Echevarria  compreso. Il dottor De Soto è scomparso e nel suo ambulatorio  ora c'è un negozio  di barbiere. Introvabile infine la dottoressa Montoya,   persa  nel  remoto paesino Cerca del cielo. Il gruppo si arrampica fino a Cerca del Cielo. Qui Fuentes, molto provato, si accascia e muore. Domingo, che aveva prestato assistenza nell'esercito, ne raccoglie l'eredità sul campo.

Contrariamente a tutte le aspettative non è il medico ad essere il predestinato, ma bensì il personaggio apparentemente più sordido (anche se non si capisce perché sia tornato a portare le ruote ai due pellegrini da lui derubati senza pietà). Egli era un militare e gradualmente, come tutti coloro che appaiono nel film, si redime, rivivendo il proprio passato in modo da prendere coscienza della condizione di vita delle popolazioni maya oppresse dal potere. Tanto da accettare il ruolo di medico nella leggenda del pueblo, chiamato Cerca del Cielo. Come lui anche il vecchio professore compie una sorta di viaggio iniziatico, che lo porterà ad una morte in pace, sebbene non serena perché convinto di non avere lasciato nulla dietro di sè (mentre in realtà il suo compito era forse di salvare il nuovo medico ex soldato stupratore): il suo cammino prende le mosse da una realtà razzista, quella in cui vive, fino a giungere a vedere con i propri occhi i cimiteri di cadaveri, insepolti per dare un esempio. Come dice il suo unico allievo vivo, egli ha l´intelligenza, ma vive nell´ignoranza, teneva lezioni (nei ricordi in bianco e nero) dove Cortez si intrecciava ai batteri, per stigmatizzare l´ignoranza; ed ora si trova a dover superare la propria: ¨Non sabe lo que pasa¨.

Girato in esterni in Messico, il film, ha il tono di una sincera, convinta denuncia civile contro lo sfruttamento di popolazioni inermi. Una denuncia proposta con modi quasi sommessi, attenta più al dramma umano delle persone che non a quello scopertamente politico. Rinunciando   al colore locale,  ma non   per questo  senza   connotare l'ambiente, Sayles  rinuncia  anche alla suggestione dei paesaggi e degli spazi aperti, adottando un tono semidocumentario   e uno stile sobrio, "classico", con  sequenze fini a se stesse e separate dallo spazio neutro della dissolvenza o  del brusco stacco. Il resto è puro e  semplice racconto. L’umanità trasmessa dalle immagini di John Sayles è cosa più unica che rara. Questo autentico cineasta indipendente che gira un film americano nel quale verranno pronunciate tre o quattro battute in inglese (il resto, anzi, “il più” è un misto di spagnolo e dialetti indios), è tra i pochissimi a riuscire nell’impresa di realizzare un cinema di denuncia - nel senso più alto e profondo del termine -, eludendo questioni banalmente fattuali, e componendo spaccati umani e sociali di realistica intensità.



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