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giovedì 20 aprile 2023

Gli anarchici contro il fascismo


Nel '20 gli anarchici in Italia erano una forza rivoluzionaria con cui si dovevano fare i conti, una forza con cui dovevano fare i conti padroni, governo e fascisti. Essi avevano un quotidiano, Umanità Nova, che tirava cinquantamila copie e numerosi periodici. L'U.S.I., il sindacato rivoluzionario influenzato dagli anarchici (segretario ne era l'anarchico Armando Borghi), contava centinaia di migliaia di iscritti. Dopo il fallimento dell'occupazione delle fabbriche, gli anarchici riconoscendo nel fascismo la "contro-rivoluzione preventiva" (come la definì bene Luigi Fabbri) con cui i padroni avrebbero cercato di impedire il ripetersi di una situazione pre-rivoluzionaria, gettarono tutte le loro energie nella mischia contro il giovane ma già robusto figlio bastardo del capitalismo. La volontà ed il coraggio degli anarchici non potevano però bastare di fronte allo squadrismo, potentemente dotato di mezzi e di armi e spalleggiato dagli organi repressivi dello stato. Tanto più che anarchici ed anarcosindacalisti erano presenti in modo determinante solo in alcune località ed in alcuni settori produttivi. Soltanto una analoga scelta di scontro frontale da parte del Partito Socialista e della Confederazione Generale del Lavoro avrebbe potuto fermare il fascismo. Purtroppo la politica disfattista, capitolarda del Partito e del sindacato riformisti, che già aveva ostacolato lo sviluppo rivoluzionario e dunque contribuito al fallimento dell'occupazione delle fabbriche, seminò confusione ed incertezza nel movimento operaio in un momento che già era per molti aspetti di riflusso delle lotte. E questo proprio di fronte al moltiplicarsi ed aggravarsi delle violenze fasciste, soprattutto dopo il '21. Ovunque in Italia le squadracce di Mussolini assaltavano le sedi politiche, le redazioni, i militanti più attivi, tutto quanto "puzzasse" di "sovversivo". Lo stato liberale fu diretto complice sia delle attività criminali sia dell'intera strategia politica del fascismo nella comune lotta contro la combattività dei lavoratori. Pur essendo essi stessi vittime delle violenze squadriste, i socialisti si limitarono a denunciare le "illegalità" fasciste, senza dedicare tutte le loro energie alla lotta popolare rivoluzionaria contro il terrorismo padronale. Non solo, ma il PSI giunse al punto di stipulare con i fascisti un Patto di Pacificazione (agosto 1921) che contribuì a disarmare il movimento operaio sia psicologicamente sia materialmente, nel momento stesso in cui si intensificavano le violenze squadriste (che continuarono a crescere... in barba al patto!). Quello che ci interessa sottolineare è che, mentre i vertici politici sindacali invitavano alla "calma" e alla non violenza, furono gli stessi lavoratori, organizzatisi autonomamente, a dare alcune storiche lezioni ai fascisti. Le insurrezioni di Sarzana (luglio '21) e di Parma (agosto '22) sono due esempi della validità della linea politica sostenuta dagli anarchici, allora, sulla stampa e nelle lotte: contro il disfattismo delle burocrazie riformiste, gli anarchici sostenevano infatti l'urgente necessità di battere con la lotta il movimento fascista, stimolando la combattività dei lavoratori. Coerentemente con questo programma gli anarchici si batterono sino in fondo senza quei tentennamenti e quella ricerca di compromessi che caratterizzarono l'attività dei socialisti. Significativa al riguardo la differente posizione assunta da socialisti e comunisti da una parte ed anarchici dall'altra, di fronte al movimento degli Arditi del Popolo.


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