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giovedì 13 aprile 2023

La pratica delle rivolte - San Vittore 1969

 

Cronaca della rivolta di San Vittore. 

Milano, sabato 12 aprile 1969. Incontro tra il procuratore della repubblica e i rappresentanti dei detenuti. Nei giorni precedenti, per due volte i detenuti non entrano in cella dopo l’aria: si protesta contro i buglioli, le bocche di lupo e il letto di contenzione; contro il codice penale fascista; contro la carcerazione preventiva. Il procuratore promette i servizi igienici e più colloqui coi parenti. Dice no all’abolizione della censura sulla posta, alle licenze extra, alla riduzione delle pene (non dipendono da lui, si sa). Le notizie da Torino e da Marassi (Genova) fanno esplodere il quinto raggio (ore sedici di lunedì 14). La parola d’ordine: riforma dei codici, rispetto dell’uomo. Alle sedici e trenta tutto il carcere è in rivolta, in mano ai detenuti. La Tv si affretta a mostrare lo spettacolo a tutti gli italiani: attorno alle mura i Ps con elmi e fucili; in alto, aggrappati alle sbarre, i rivoltosi gridano slogan alla gente sulla strada. Alle ventidue, duemila tra Ps e Cc circondano San Vittore: la battaglia è iniziata; la forza pubblica entra in carcere, tegole, inferriate e sassi lanciano i detenuti; raffiche di mitra, colpi di pistola, centinaia di bombe-gas la polizia. Fiamme dappertutto, la battaglia dura quindici ore. In piazza Filangieri, davanti a San Vittore, dalle finestre del Beccaria (minorile) piovono bicchieri, piatti, panini e cartelli: «siamo tutti uniti con voi!», «sciopero della fame», «giù le mani dai minorenni», «la morte viene data troppo spesso». Decine e decine di feriti, cento persone gravemente ferite tra cui una trentina di agenti. Le guardie prese in ostaggio sono liberate sane e salve. Alle sette del mattino di martedì 15 aprile la resa definitiva: su San Vittore è issata una bandiera bianca. I detenuti con le mani in alto contro il muro sotto il tiro dei mitra, detenuti incatenati subito trasferiti in altre carceri, poliziotti in barella: il carcere quasi completamente distrutto, il folto pubblico benpensante del «Corriere» e della Tv abbandona lieto ed eccitato il campo di battaglia: lo spettacolo è finito, i «nostri» sono arrivati (da Padova, Gorizia, Bolzano, Bologna) «celeri», la virtù ha trionfato, i sonni possono essere di nuovo tranquilli. [Documento detenuti carcere di Milano]


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