Translate

giovedì 6 aprile 2023

LASCIAMI ENTRARE – Tomas Alfredson

Oskar, un dodicenne timido e ansioso, è regolarmente vessato dai compagni di classe, senza che riesca mai a ribellarsi. Una notte, mentre fantastica su come vendicarsi, gli appare Eli, anche lei dodicenne, appena trasferita col padre nella casa accanto. La ragazza è pallida, ha uno strano odore ed esce solo quando è buio. In coincidenza con il suo arrivo, si verificano sparizioni inspiegabili e omicidi. Per un ragazzo come Oskar, affascinato dalle storie macabre, non ci vuole molto a capire che tra Eli e questi sanguinosi eventi esiste un legame. Un amore immaginario, un fantasma solitario e amico che vampirizza per sopravvivere. Racconta della scoperta, adolescenziale, del « lato oscuro », ove amore e odio, passione e violenza si autoalimentano ed autoalimentandosi garantiscono la sopravvivenza, Lasciami entrare riqualifica le regole del sottogenere vampiresco/sonnambolico intercettando le paure che nascono sulla soglia: fisica, vedi la proliferazione di porte e finestre e permessi per entrare; ed esistenziale, il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Se nell’infanzia si ama che la luce filtri da una porta lasciata semiaperta, nell’adolescenza si ha paura della luce e possiamo scegliere di aprire o meno la porta a colui che lo
richiede. Il titolo rende esplicita questa linea di confine, che segnala, contestualmente, una richiesta di accesso all’età adulta, retta dalla legge del più forte e dell’amore per il più debole, da parte del protagonista Oskar e, un atteggiamento di apertura nei confronti dell’altro la giovane “diversa” che chiede di entrare, o, meglio ancora, un ingresso nell’età adulta sancito dalla scoperta dell’amore e della morte. Nella Svezia invernale, Oskar troverà così il modo di rispondere, di reagire alla violenza degli altri. Il regista procede decentrando i momenti orririfici o ritualizzandoli, lasciando che il sangue scorra fuori campo, come nello splendido prefinale in piscina. In un certo senso, raggela la componente horror e scalda quella melodrammatica, non temendo di accarezzare la sessualità degli adolescenti. L’ambientazione è uno dei punti di forza del film, una città immensa nella neve dove una pallida luce è il ricordo di un sole che si vede per pochi mesi l’anno, dove ogni cosa è illuminata dalla luce gialla dei lampioni. Il silenzio regna e condiziona la vita di chi vi abita,
riflettendosi nell’introverso protagonista. Il cinema di Alfredson è senza pietà e senza veli, rivela tutto il visibile con estrema perizia e un enorme uso di particolari – spesso fatti risaltare dall’assenza di profondità di campo – per evitare il terrore o la suspense e arrivare a mostrare l’orrore puro: orrore per una società in cui gli adulti non hanno nessun ruolo di guida; in cui i ragazzi sono così spietati e incontrollati da non esitare a voler cavare un occhio a un proprio coetaneo – e lo stesso protagonista è spesso mostrato con un coltello in mano mentre immagina di vendicarsi dei suoi compagni – ; una società in decadenza formata da piccoli gruppi isolati volutamente ignari e non consci di ciò che succede loro attorno, neppure degli omicidi che si svolgono con evidenza all’aria aperta. La violenza però non è mai fine a se stessa, né del resto condannata: ogni assassinio o ferimento è causato o sarà la causa di un preciso avvenimento che serve – direttamente o indirettamente – ad Oskar per maturare; ed è in fondo questa la natura del film, una sorta di bildungroman, un percorso di formazione che porta il ragazzo a conoscere la solitudine e la vendetta, l’amore e la paura.



Nessun commento:

Posta un commento