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giovedì 27 aprile 2023

L’astuzia delle macchine

I progressi tecnici sono tutto tranne che neutrali, in ogni sviluppo delle forze produttive dovuto all’innovazione tecnica ci sono sempre vincitori e perdenti. La tecnica è strumento e arma, poiché favorisce quelli che meglio sanno servirsi di essa e che la servono in modo migliore. Uno spirito critico erede di Defoe e Swift, Samuel Butler, denunciava questo fatto in un’utopia satirica: «in questo consiste l’astuzia delle macchine: servono per poter dominare; oggi stesso le macchine servono solo a condizione che le si serva, imponendo esse le loro condizioni. Non è manifesto che le macchine stanno guadagnando terreno, quando consideriamo il numero crescente di quelli che sono soggetti ad esse come schiavi e di quelli che si dedicano con tutta l’anima al progresso del regno meccanico?» (Erewhon ovvero Dall’altra parte della montagna, 1870). La borghesia ha utilizzato le macchine e l’organizzazione “scientifica” del lavoro contro il proletariato. Le contraddizioni di un sistema basato sullo sfruttamento del lavoro, che da un lato ha espulso i lavoratori dal processo produttivo e dall’altro ha allontanato dalla direzione di questo stesso processo i proprietari dei mezzi di produzione, sono state superate con la trasformazione delle classi su cui si basava, borghesia e proletariato. La tecnica ha reso possibile una nuova cornice storica, nuove condizioni sociali – quelle di un capitalismo senza capitalisti né classe operaia – che si presentano come condizioni di un’organizzazione sociale tecnicamente necessaria. Come ha detto Mumford, «Niente di quanto viene prodotto dalla tecnica è più definitivo delle necessità e degli interessi stessi che la tecnica ha creato» (Tecnica e cultura. Storia della macchina e dei suoi effetti sull’uomo). La società, una volta accettata la dinamica tecnologica, vi si ritrova imprigionata. La tecnica si è impadronita del mondo e l’ha messo al suo servizio. In essa si rivelano i nuovi interessi dominanti.


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