1921
8 febbraio - Muore a Mosca Petr Kropotkin, figura ormai storica (era nato nel 1842) dell'anarchismo russo e internazionale. Di famiglia nobiliare, aveva aderito giovanissimo al movimento rivoluzionario e scelto l'esilio e scritto numerose opere per diffondere gli ideali libertari, ma nel 1914, per il suo appoggio alla causa degli alleati, era stato abbandonato dalla maggioranza degli anarchici. Tornato dall'Inghilterra in Russia nel marzo 1917 dopo 40 anni d'esilio non si riconobbe nel mutato clima politico. Per seguire i suoi funerali gli anarchici vennero rilasciati e subito dopo rinchiusi in galera.
23 marzo - Scoppia una bomba al teatro Diana di Milano, ritrovo della borghesia spensierata; numerosi i morti e i feriti. Agenti provocatori (forse inseriti dal questore Gasti in un gruppo di anarchici individualisti) hanno indotto gli attentatori a rispondere in tal modo alle continue violenze fasciste contro le organizzazioni socialiste; pare che al primo piano sopra il teatro si riunisca un gruppo di picchiatori fascisti. Forse la bomba è diretta proprio al questore che però quella sera è assente. I fascisti ne approfittano per scatenarsi; vengono assalite e distrutte sedi sindacali e di sinistra, tra cui la redazione del giornale "Umanità Nova". La polizia intanto procede ad arresti in massa tra gli anarchici.
Marzo - Sanguinosa repressione della rivolta dei marinai di Kronstadt contro la dittatura bolscevica, nel quadro dello sviluppo e del rafforzamento dello stato sovietico voluto da Lenin e Trotzki. Cibo e combustibili insufficienti, sospensione delle licenze, amministrazione burocratica della flotta, avevano fatto si che nel gennaio del 1921 non meno di 5000 marinai del Baltico dessero le dimissioni dal partito comunista. Nel febbraio Kronstadt, base navale del golfo di Finlandia, è matura per la rivolta, che scoppia alla fine del mese non tanto per le macchinazioni di cospiratori emigrati e di agenti occidentali (come sostengono i bolscevichi) quanto per l'eco suscitata in Kronstadt dalle sollevazioni contadine in tutto il paese e dalle azioni degli operai affamati nella vicina Pietrogrado. Le parole d'ordine dei rivoltosi («onore e gloria della rivoluzione», come li aveva definiti Trotzki nel 1917) sono «liberi soviet» e «abbasso il potere dei commissari ». Si mescolano nella rivolta istanze libertarie e richieste di migliori condizioni di vita. Mentre non vengono presentate prove convincenti di contatti con i controrivoluzionari, Lenin ammette al X congresso del partito (15 marzo) che a Kronstadt «non vogliono né guardie bianche né il nostro potere». Egli considera la rivolta (che in pubblico insiste nel dichiarare «organizzata dai russi bianchi in esilio») come un segno del profondo fossato che divide ormai il suo partito dal popolo russo. E Trotzki stesso, comandante dell'Armata rossa, ammetterà nel 1940 poco prima di morire: «È sufficiente dire che tutto ciò che il governo russo fu obbligato a fare contro Kronstadt fu un'atroce necessità; è evidente che il governo rivoluzionario non poteva permettersi di regalare Kronstadt ai marinai insorti della fortezza che protegge Leningrado, per il solo fatto che tra loro esistevano alcuni anarchici e socialisti rivoluzionari di dubbie intenzioni, alla testa di un pugno di contadini reazionari e di soldati in rivolta. Analoghe considerazioni valgono anche per Makhno e per altri elementi potenzialmente rivoluzionari e che, probabilmente, avevano le migliori intenzioni, ma che agivano in modo nettamente negativo». L'assalto finale contro Kronstadt è sferrato dal maresciallo Tukacevski il 17 marzo e termina con un'audace vittoria sul ghiaccio. Una parte dei ribelli fugge in Finlandia, altri si lasciano fucilare gridando «Viva la rivoluzione mondiale»; alcuni gridano «Viva l'internazionale comunista!». Centinaia di prigionieri sono condotti a Pietrogrado e consegnati alla Ceka, «che alcuni mesi più tardi li fucilava ancora a piccoli gruppi, stupidamente e criminalmente » (Victor Serge, Memorie di un rivoluzionario) Per evitare altre rivolte il potere bolscevico decide di eliminare gli anarchici di Pietrogrado, Mosca, Kharkov e Odessa. In settembre saranno fucilati nella prigione della Ceka di Mosca Fanya Baron e altri otto anarchici. Per togliere la base materiale del malcontento Lenin adotterà la Nuova Politica Economica (NEP).
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