1) L’industrialismo – l’ethos che racchiude i valori e le tecnologie della civilizzazione occidentale – sta minacciando seriamente l’esistenza sociale e ambientale di questo pianeta e deve essere contrastato dai valori e dalle tecnologie di un’ethos olistico, che cerchi di preservare l’integrità, la stabilità e l’armonia della comunità biotica e della comunità umana al suo interno.
2) L’ antropocentrismo – e la sua manifestazione nell’umanesimo e nel monoteismo – è la regola principale di tale cultura, cui si deve opporre il principio biocentrista e l’identificazione spirituale dell’uomo con tutte le specie e i sistemi viventi.
3) Il globalismo – con le sue espressioni economiche e militari – è la strategia guida di questa civiltà, cui si deve opporre la strategia del localismo, fondata sul potenziamento della coerente bioregione e della piccola comunità.
4) Il capitalismo industriale – ovvero un’economia costruita sullo sfruttamento e sulla degradazione della terra – è l’impresa produttiva e distributiva di quella civilizzazione, cui va opposta la pratica di un’economia ecologica e sostenibile, basata sull’adattamento e sul dovere verso la terra e rispettosa dei principi di conservazione, di stabilità, di autosufficienza e di cooperazione.
Un movimento di resistenza, che parta con tali principi come punti di forza della sua analisi, avrebbe almeno un fondamento solido e coerente su cui poggiare e una visione chiara e ispirata di come procedere.
Bisogna quindi riprendere certi valori che sono stati lasciati indietro quando ci siamo buttati a capofitto nella scia del progresso industriale: dobbiamo chiederci cosa abbiamo guadagnato da tutto ciò e meditare su quanto abbiamo perso.
E infine, significa asserire che un certo tipo di società ecologica primitiva, che affondi le radici in quelle tradizioni ancestrali, animistiche, autoctone, deve essere ripensata come meta indispensabile e attuabile per la sopravvivenza delle persone e l’armonia sulla terra.
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