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giovedì 27 giugno 2013

Non siamo più cittadini

Come diceva Jean Jacques Rousseau: “Una città non sono edifici, la città è fatta di cittadini”, e quello che abbiamo perduto oggi non sono solo le città: abbiamo perso il nostro senso di cittadinanza. Oggi siamo contribuenti, consumatori, siamo sudditi obbedienti di tremende ed enormi burocrazie. Ci dicono tutto, ci dicono come vestirci, che cosa mangiare, come ascoltare, come camminare, tutto quanto, non siamo più cittadini, cioè, non possiamo partecipare se non il giorno delle elezioni. Possiamo prendere l’auto e guidare, possiamo andare in vacanza, ma dobbiamo stare fuori dalla gestione delle nostre città. Abbiamo perduto le nostre città, perché abbiamo perso la nostra cittadinanza.
Oggi abbiamo tecnici dell’ambiente e politici che pensano come fare gli edifici e come la gente dovrebbe vivere, si calcola e si progetta una bellissima città, ma il 99% delle volte questa è spazzatura, perché i pianificatori urbani di oggi sono persone coinvolte nel mercato immobiliare, nello sviluppo, sono grandi società, sono persone che si fanno dei soldi, che vogliono dare il proprio nome a tutta la città. Questa è la progettazione urbanistica oggi. Tutti questi personaggi hanno una soluzione, vogliono mettere una grossa cupola intorno alle città, così si può continuare a distruggere il mondo, a produrre e ad inquinare, mentre la gente vive sotto una grossa cupola di aria condizionata. Vivremo in un ambiente sanitario e completamente controllato dai pianificatori e dai tecnici importati in tutto il mondo. Avremo tutto salvo la libertà. Aveva ragione Rousseau quando diceva che una città è fatta in primo luogo e solo da cittadini, per cui se viene tolta la cittadinanza alla gente, questa non è più tale. Diventa una serie di elementi statistici per un’analista di marketing, per i raccoglitori di tasse, diventa meno umana. Le persone non riescono a realizzare il loro potenziale, non riescono sentirsi comunità e quindi diventano passive, accettano, imparano a sopravvivere prima in una cupola e poi in una gabbia. Ci stanno mettendo in una gabbia tutti i giorni e, nella misura in cui le persone non sono nel processo di progettazione delle proprie città, nella stessa misura vi sono lo Stato e le immobiliari.
L’unica soluzione è lottare per l’autogestione generalizzata cioè l’organizzazione sociale del potere riconosciuto ad ognuno sulla propria vita quotidiana e esercitato direttamente, sia dagli individui stessi, sia dalle assemblee di autogestione di quartiere, di strada e di casa.

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