È ormai urgente che un’attenta cartografia della libertà sia utilizzata, sotto il controllo del principio di precauzione al servizio della volontà di vivere, per spingere la coscienza pratica a riappropriarsi materialmente, qui e ora, della semplice complessità delle sensazioni e della sensibilità legata a un’intelligenza non separata dai sentimenti, non inquinata dalla confusione né terrorizzata dall’irrazionale.
Poco vale riferirsi ora alla lucidità e alla creatività del passato se non si riconoscono queste qualità per riappropriarsene. Facciamo, dunque, del passato un’esperienza preziosa, evitando di ricadere nelle stesse trappole, nelle stesse manipolazioni.
Non c’è un solo settore dell’esplorazione in cui il parossismo dell’investigazione, spinto dalla carenza della coscienza di sé e dalla nevrosi narcisista, non si sia tradotto in un recupero consumistico e, a fortiori, nichilista.
Troppi individui alienati si sono dimostrati incapaci di un dosaggio soggettivo delle pratiche d’esplorazione e del ruolo attivo strategico dell’eccesso, della forza e del rifiuto.
Non si tratta, infatti, di riappropriarsi semplicemente di un territorio e di una società attraverso delle azioni di guerra o di guerriglia come lo prevedeva, per tutto il ventesimo secolo, l’ideologia putschista della rivoluzione sociale.
È invece imperativo inventare, costruire e organizzare diversamente il territorio psicogeografico che gli schiavi salariati condividono, in un clima di manifesta diseguaglianza, con qualche padrone ben assistito da orde di burocrati mercenari.
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