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giovedì 22 novembre 2018

Il ’68… Hotel commercio 28 novembre 1968 (Capitolo XLVII)

28 novembre 1968. Alla fine di una grande manifestazione di migliaia di studenti, viene occupato l’ex hotel Commercio, stabile abbandonato e in degrado, da due anni di proprietà del Comune, di fronte alla Banca nazionale dell’agricoltura; poco oltre piazza Santo Stefano e l’Università statale di via Festa del Perdono. L’occupazione viene decisa e gestita dagli studenti fuori sede, ospiti della Casa dello studente di Viale Romagna. Con cognizione di causa si sceglie l’albergo Commercio; e non, come voleva l’ala “capannea” del movimento, Palazzo Reale. Molto concrete le motivazioni. Emarginazione e carenza di case dello studente, alte rette. Si supera la fase in cui gli studenti chiedevano un alloggio a prezzi accessibili. Con l’occupazione di piazza Fontana si prende e non si chiede più quello che spetta di diritto. I promotori dell’occupazione sono consapevoli che la sede scelta è congruente con i bisogni e le rivendicazioni degli studenti immigrati e di quelli più disagiati. Stabile di proprietà pubblica, in posizione centrale e strategica, vuoto ed abbandonato, è diventato luogo abituale di incontri e riunioni di gruppi di lavoratori studenti. Possiede tutte le caratteristiche per consentire a larghi strati di proletariato studentesco e giovanile di: uscire dalla marginalità e dall’isolamento; denunciare all’opinione pubblica le loro condizioni di disagio materiale ed ambientale, sfruttamento e povertà; praticare l’obiettivo di “costruire una nuova casa dello studente”; trattare direttamente col potere amministrativo locale; intervenire “nel vivo di una politica urbanistica classista della città”.
L’iniziativa, se da un lato si colloca all’interno del movimento antiautoritario degli studenti, dall’altro ne prende le distanze spesso in polemica con quegli orientamenti segnati da un rivoluzionarismo generico, incarnato in particolare nella figura dello studente a tempo pieno. I protagonisti dell’occupazione sono in maggioranza studenti immigrati e pendolari. D’estrazione proletaria, molti si mantengono agli studi con lavori e lavoretti. Nei loro documenti, cercano di dare un senso strategico alla loro specifica battaglia; di fondare sui due pilastri portanti - lo studio e il lavoro - la lotta generale contro il sistema capitalistico e l’autoritarismo delle istituzioni; di costruire ponti di collegamento tra i due mondi tenuti separati e isolati. Se studiare significa esercitarsi a risolvere problemi, finora lo studente lo ha fatto per “risolvere i problemi di chi ha comando, proprietà, ricchezza”. Occorre invece ribaltare la situazione: imparare a esercitarsi a risolvere i problemi delle classi subalterne. I mondi del lavoro e dello studio, la società e la cultura devono essere messi in
collegamento. E tra le figure sociali che meglio di altre può contribuire a questo, emerge quella dello studente lavoratore e del lavoratore studente: “E’ questa la figura nuova che di fatto sta eliminando le distanze e l’estraneità tra il mondo del lavoro e il mondo dello studio”. Occorre individuare le modalità concrete di messa in discussione dell’apparato organizzativo degli studi - rigido gerarchico autoritario - e dei meccanismi politici che ostacolano e limitano l’esercizio del diritto allo studio. L’isolamento dello studente dalla realtà sociale e la selezione classista sono, tra i tanti, i due strumenti principali della politica scolastica ed universitaria. E per quanto riguarda il settore dell’edilizia universitaria si denunciano la “gravissima carenza di alloggi per gli studenti provenienti da fuori Milano e di disagiate condizioni economiche”, e la “situazione di ghetto culturale di questi alloggi, che sorgono ai margini della città”. E “contro questo stato di cose” nasce la Nuova Casa dello studente di piazza Fontana, che presto supera il ristretto ambito studentesco e si trasforma in Casa dello studente e del lavoratore (C.S.L.).
 Nella prima fase dell’occupazione, si lavora a rendere abitabile l’intero stabile e a porre all’attenzione dell’opinione pubblica la questione sociale degli studenti immigrati e disagiati. Si crea attorno alla Casa un clima favorevole e solidale. Arrivano da singoli cittadini aiuti di ogni genere (suppellettili, coperte, viveri, sottoscrizioni ecc.). Una mano materiale e politica la danno cooperative di lavoratori, organizzazioni sindacali di base come alcune commissioni interne dei tranvieri, l’UDI (la storica Unione Donne Italiane). Anche il sindaco Aniasi riconosce il problema e, mentre si dichiara pronto al dialogo, “promette di venire incontro alle più impellenti necessità”. E - annotano ironicamente gli studenti nei loro dazebao - fa arrivare mediante l’Ufficio d’igiene “materiale disinfettante con la raccomandazione di non berlo perché velenoso!
La C.S.L. fa breccia sulla macchina politico-amministrativa della città: sul Consiglio di zona 1 e sul governo cittadino di centro-sinistra. Nel febbraio del 1969 il Consiglio comunale approva un ordine del giorno che riconosce legittimità all’occupazione.
Un tale livello di lotta sociale sindacale politica e culturale entra in crisi nella primavera del ’69, quando i rappresentanti del potere decidono di passare al contrattacco, mentre si intensificano campagne di stampa di attacco denigratorio contro la C.S.L., ormai stigmatizzata “covo” di anarchici ed estremisti, drogati e fannulloni. 
Il 19 agosto 1969, con inaudita violenza nel colmo dell’estate e delle vacanze feriali, la Casa dello studente e del lavoratore quasi del tutto vuota, viene sgomberata da plotoni di carabinieri e poliziotti in assetto di guerra, e l’edificio subito demolito. Si inaugura così la stagione degli sgomberi.

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