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giovedì 1 novembre 2018

Il '68 ... Marcuse e la Scuola di Francoforte (Capitolo XLIV)

I moti sessantottini, come ogni movimento, ebbero una base ideologica. Tale base fu fornita dalla "Scuola di Francoforte" e soprattutto dai testi di H. Marcuse (Eros e Civiltà, edito nel 1955 e L'uomo a una dimensione, edito nel 1964). 
La scuola di Francoforte, formatasi a partire dal 1922 presso il celebre "Istituto per la ricerca sociale", sul piano filosofico è sostanzialmente una teoria critica della società presente alla luce dell'ideale rivoluzionario di un'umanità futura, libera e disalienata. Essa intende porsi come pensiero critico e negativo nei confronti dell'esistente, teso a smascherarne le contraddizioni profonde e nascoste mediante un modello utopico in grado di fornire un'incitazione rivoluzionaria per un suo mutamento radicale. Marcuse, uno dei maggiori esponenti della scuola di Francoforte, polemizza, appunto, contro la società repressiva in difesa dell'individuo e della sua felicità, e con le sue opere fomenta quindi e dà una base razionale, filosofica al movimento del '68. Già in Eros e Civiltà Marcuse ritiene che la società di classe si sia sviluppata reprimendo gli istinti e la ricerca del piacere dell’uomo, impedendo la libera soddisfazione dei suoi bisogni, delle sue passioni. L'istintività, il piacere sono stati asserviti da ciò che lui chiama "principio della prestazione", cioè la direttiva di impiegare tutte le energie psico-fisiche dell'individuo per scopi produttivi e lavorativi. Ma la civiltà della prestazione non può far tacere del tutto gli impulsi primordiali verso il piacere, la cui memoria è conservata dall'inconscio e dalle sue fantasie. 
Inoltre Marcuse ritiene che tale principio di prestazione abbia creato "le precondizioni storiche per la sua stessa abolizione" poiché lo sviluppo tecnologico e l'automatismo hanno posto le premesse per una diminuzione radicale della quantità di energia investita nel lavoro, a tutto vantaggio dell'eros e di un lavoro quale attività libera e creatrice. 
L'Utopia di Marcuse è, in sostanza, il desiderio di un paradiso ricreato in base alla conquista della civiltà. Nell'Uomo a una dimensione Marcuse riprende e radicalizza i vari motivi di critica della società tecnologica avanzata. 
Il sistema tecnologico ha, infatti, la capacità di far apparire razionale ciò che è irrazionale e di stordire l'individuo in un frenetico universo cosmico in cui possa mimetizzarsi. Il sistema si ammanta di forme pluralistiche e democratiche che però sono puramente illusorie perché le decisioni in realtà sono sempre nelle mani di pochi. Tale situazione fa sì che il soggetto rivoluzionario non sia più quello individuato dal marxismo classico, cioè la classe operaia, in quanto questa si è completamente integrata nel sistema, bensì quello rappresentato dai gruppi esclusi dalla società benpensante. Essi permangono al di fuori del processo democratico, la loro presenza prova quanto sia immediato e reale il bisogno di porre fine a condizioni e istituzioni intollerabili. Perciò la loro opposizione è rivoluzionaria, anche se non lo è la loro coscienza; colpisce il sistema dal di fuori e quindi non è sviata dal sistema: è una forza elementare che viola la regola del gioco e così facendo mostra che è un gioco “truccato". 
Ad Herbert Marcuse venne poi dato l’appellativo di “cattivo maestro”in quanto accusato di essere stato un cattivo esempio per i giovani.

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