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giovedì 29 novembre 2018

La Strage del Diana

Il 23 marzo 1921 un gruppo di anarchici milanesi, convinto sulla base di informazioni volutamente false, di poter colpire Gasti, il questore di Milano, fa esplodere un potentissimo ordigno all’esterno del teatro Diana. L’esplosione causa ventuno morti e più di centocinquanta feriti, ma ad essa scampa l’obiettivo principale. Gli autori del gesto, da tempo esasperati per la ingiusta detenzione dei redattori del quotidiano Umanità Nova, Borghi, Malatesta e Quaglino, vogliono richiamare l’attenzione sulle condizioni di salute dei tre detenuti. Costoro, infatti, nonostante l’avanzata età di Errico Malatesta, hanno appena iniziato uno sciopero della fame ad oltranza, per protestare contro le pretestuose lungaggini dei tempi processuali. Naturalmente, invece di far nascere un qualsiasi moto di solidarietà nei confronti del vecchio anarchico e dei suoi compagni di galera, il sanguinoso attentato genera un profondo moto di orrore, che si riverbera in nuove accuse e rinnovati, durissimi, attacchi a tutto il movimento anarchico. 
Nessuno degli scopi che gli attentatori si sono prefissi viene raggiunto: la borghesia non si fa intimidire, ma diventa ancora più determinata nel combattere «la canaglia rossa»; i fascisti ne approfittano per compiere nuove e più selvagge azioni, quali la distruzione delle sedi di Umanità Nova e L’Avanti!; Malatesta e compagni restano in prigione, oppressi oltretutto da quanto avvenuto in loro nome; centinaia di persone assolutamente innocenti ci rimettono la pelle o l’integrità fisica; Gasti si fa ancora più infame e potente; il movimento anarchico viene isolato e sottoposto a feroci repressioni. Degli esecutori materiali, Giuseppe Mariani e Giuseppe Boldrini sono condannati all’ergastolo, mentre Ettore Aguggini si busca 30 anni di galera. Numerosi altri anarchici, pur estranei all’attentato, subiscono pesanti condanne che vanno dai 5 ai 18 anni. 
Di quanti furono coinvolti nella «faccenda del Diana», l’unico che ne ha scritto è Giuseppe Mariani. Nel 1953 ha infatti pubblicato un primo libro, Memorie di un ex-terrorista, seguito, l’anno successivo, da Nel mondo degli ergastoli. Colpisce leggendo quelle pagine, così cariche della tragedia che ne ha distrutto l’esistenza, non ci sia una sua parola, una sua sola parola a giustificazione di quanto commesso. Evidentemente i 27 anni trascorsi in galera, spesi nello studio e nella riflessione, avevano profondamente cambiato l’uomo, e il suo anarchismo, rimasto integro come negli anni della giovinezza, si era maturato nel rifiuto di ogni forma di gratuita violenza. 
Peppino Mariani fu graziato nel 1948, dietro l’interessamento del suo ex compagno di detenzione, e futuro presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Trasferitosi a Sestri Levante, vi aprì una libreria, che gli permise di vivere, poveramente ma con grande dignità, fino al 1974, anno in cui si spense. 
“Prima però di scendere nei particolari di quel tragico fatto ritengo necessario dire subito, anche se nelle spiegazioni successive risulterà maggiormente evidente, che senza l’arbitraria e prolungata detenzione in carcere di Errico Malatesta, l’attentato non solo non sarebbe mai stato fatto, ma neppur pensato. 
Se le nostre precedenti attività terroristiche lasciano supporre in noi una formazione mentale predisposta ad azioni del genere, abbiamo anche esplicato altre attività che dimostrano tutto il contrario: la nostra partecipazione a tutte le lotte sindacali, alle agitazioni e manifestazioni collettive e alla preparazione della rivoluzione. Nel marzo del 1921 la nostra volontà era galvanizzata non solo dal fatto particolare di Malatesta detenuto e in stato di rivolta con lo sciopero della fame, ma da tutto il fermento politico e sociale del momento di cui, si può dire, noi eravamo il prodotto e l’espressione.  Se poi le circostanze, trascendendo volontà e propositi, fanno seminare la morte dove si vorrebbe la pace, non diremo la solita frase con la quale gli storici da strapazzo hanno sempre creduto di giustificare i delitti di tutti i tiranni: “ Fate il processo alla storia ”. Ma diremo invece, come nel suo interrogatorio ebbe a dire il mio povero compagno Aggugini : “ Noi piangiamo sulle vittime del Diana, mentre voi non piangete mai su tutte le vittime che il vostro sistema sociale semina tutti i giorni a migliaia”. 
(Tratto da: Giuseppe Mariani, Memorie di un ex-terrorista, Torino, 1953.)

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