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giovedì 14 marzo 2019

Le rivolte e le lotte nelle carceri italiane nel biennio 1971-72 (Capitolo VI)

9 giugno: NICOSIA (Enna). I detenuti scendono in lotta: chiedono tra l’altro il rientro nelle carceri di Napoli di venti detenuti minorenni trasferiti dopo la rivolta di Poggioreale.
9 giugno: CATANIA. Tutti i detenuti della sezione minori si barricano nelle loro celle impedendo agli agenti di avvicinarsi. Si temevano trasferimenti punitivi. La parola d’ordine è: “No ai trasferimenti, sì all’amnistia e alla libertà”. La polizia circonda il carcere e carica i numerosi proletari e parenti raccolti attorno alle mura.
9 giugno: SULMONA. Molti detenuti fanno lo sciopero della fame in solidarietà coi compagni di Poggioreale, per l’amnistia e la riforma dei codici.
11-14 giugno: TORINO. Un centinaio di detenuti dopo l’ora d’aria non rientrano in cella e si riuniscono in un cortile (malgrado piova), rientrano solo con l’assicurazione che una delegazione sarà ricevuta dalla direzione. Obiettivi: amnistia generale, riforma dei codici, più libertà all’interno (più ore d’aria, colloqui, abolizione della censura, dei letti di contenzione, delle celle d’isolamento, paga sindacale per i lavoranti). Qualche giorno dopo alcuni compagni sono pestati a sangue dalle guardie e trasferiti. Dopo la denuncia, venti secondini riceveranno un avviso di reato per “abuso di potere”!
13 giugno: SALERNO. Sciopero della fame in solidarietà coi compagni di Poggioreale.
8 luglio: FIRENZE, LE MURATE. Verso le ventitré e trenta le guardie con a capo il direttore ed alcuni sottufficiali trascinano fuori dalle celle alcuni detenuti e li pestano a sangue nelle celle di punizione, senza alcuna ragione. Dopo cinque giorni di isolamento, i compagni vengono trasferiti e denunciati per “rivolta”.
8 luglio: LUCERA (Foggia). I detenuti organizzano una protesta per il caldo e la segregazione in cui sono tenuti.
10 luglio: ROMA-REBIBBIA. Nuova protesta di centocinquanta detenuti del carcere “modello” di Rebibbia. Il giorno dopo quarantacinque detenuti sono massacrati di botte nei sotterranei alla presenza dei due vicedirettori del carcere. I detenuti da pestare sono scelti in base alla lista nera dello stesso direttore del carcere, che verrà incriminato, il 28 luglio, insieme ai due vicedirettori e a diverse guardie per violenza privata, lesioni, abuso di potere..
19 luglio: PIACENZA. I detenuti protestano contro l’attuale sistema carcerario. Vengono domati a raffiche di mitra.
5 agosto: SULMONA. Protesta dei detenuti contro la censura sui programmi radio, T.V., giornali, eccetera.
5 agosto: VOLTERRA. I detenuti per sette ore si rifiutano di entrare nelle celle e chiedono di parlare con un magistrato.
6 agosto: VICENZA, CARCERE DI SAN BIAGIO. Protesta contro le condizioni igieniche disastrose di questo carcere, costruito nel 1300, umido, sporco, senza luce.
8 agosto: VOLTERRA. Per la seconda volta in pochi giorni i detenuti del Mastio di Volterra si rifiutano di rientrare in cella e chiedono di parlare con il magistrato. Richieste: maggior tempo di “aria”, fine della censura, cibo mangiabile, che nessuno venga punito per la protesta.
15 agosto: SASSARI. I detenuti si rifiutano di rientrare in cella e impongono la presenza di un magistrato, al quale motivano le parole d’ordine collettive della lotta: amnistia, riforma dei codici, migliori condizioni di vita. Nei giorni seguenti dura repressione, con trasferimenti all’Asinara e cinquanta denunce contro i detenuti.
15 agosto: CITTANOVA (Reggio Calabria). Protesta contro le “bocche di lupo” ed i vetri opachi alle finestre.
21 agosto: TRIESTE. Due detenuti di diciassette anni muoiono bruciati vivi durante la rivolta del carcere. La rivolta è scoppiata per protestare contro l’uso continuo del letto di contenzione. I detenuti si barricano, danno fuoco a qualche suppellettile. La direzione risponde con centinaia di poliziotti e carabinieri armati. La zona della rivolta viene (come dicono loro) “circoscritta”, cioè posta in stato d’assedio, mentre le fiamme fanno il loro lavoro, gli assedianti si guardano bene dall’aprire vie di scampo. Due detenuti così bruciano vivi: ragazzi di diciassette anni, Giorgio Brosolo e Ivano Gelaini, quest’ultimo trasferito qui per rappresaglia dalle Nuove di
Torino. Il giorno dopo la rivolta, il dottor Alessandro Brenci, sostituto procuratore della repubblica di Trieste, annuncia che emetterà ordine di cattura per “concorso in omicidio” contro i detenuti scampati al rogo umano. Così giustizia verrà fatta, e si dimostrerà che nelle carceri italiane se non si viene assassinati si ha comunque buone probabilità di restare dentro per sempre.
26 agosto: MASSA. I detenuti si mobilitano e danno una severa lezione ai due fascisti appena arrestati, dopo il tentato omicidio nei confronti di un compagno di Massa di Lotta Continua. Questa è una ennesima dimostrazione di come cresce l’organizzazione e la coscienza antifascista dei detenuti.

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