Durante l’ultimo decennio del secolo diviene l’oratore più passionale e rivoluzionario tra i lavoratori del parmense. Sono gli anni in cui mantiene rapporti epistolari con Gori e Molinari e costituisce a Parma il Circolo di studi sociali. Collabora con numerosi giornali anarchici e democratici editi a Parma: “Il Miserabile”, “Il Presente”, La Difesa” e in particolare “Il Nuovo Verbo”, il primo giornale anarchico di Parma. Collabora inoltre con i giornali di Reggio Emilia “Lo Scamiciato”, “Rinascita”, “L’Intransigente” e con “L’Avvenire anarchico” di Pisa. In quegli anni subisce numerose condanne per la sua attività politica. In seguito all’introduzione delle leggi speciali, il 10 settembre del 1894 viene denunciato per l’assegnazione al domicilio coatto. L’apposita commissione provinciale propone una condanna di tre anni e lo destina a Poto Ercole. Ma prima della sentenza definitiva abbandona la famiglia e si rifugia a Fiume in territorio austriaco. Nuovamente arrestato nel 1897 con altri 14 anarchici esuli viene estradato in Italia e dopo aver girato varie località finisce di scontare la sua pena a Ventotene nel 1900. Nel 1899 collabora al numero unico “I Morti”, uscito ad Ancona redatto collettivamente dagli anarchici italiani che in quell’anno si trovavano al domicilio coatto. Criticato dai moralisti perché ama due donne e giudicato “mattoide” dai riformisti Alfieri vive sempre con dignità e orgoglio la propria idealità libertaria. Nel 1906 si trasferisce nella vicina Reggio Emilia dove gestisce un chiosco di bibite. Nell’ottobre del 1910 presiede a Reggio un pubblico comizio in memoria di Francisco Ferrer. Prende parte alla manifestazione unitaria che si tiene il 14 giugno 1914 contro gli eccidi della Settimana Rossa. Contrario all’intervento in guerra nel 1915 (suo figlio morirà al fronte), partecipa alle manifestazioni che accompagnano la mobilitazione contro l’entrata in guerra dell’Italia. Con l’avvento del fascismo, nonostante l’età, continua a essere considerato “pericoloso” e sorvegliato dalla Questura. Muore di vaiolo il 29 marzo del 1928 nel lazzaretto di Villa Ospizio a Reggio Emilia.
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giovedì 28 marzo 2019
ALFIERI Odoardo anarchico
ALFIERI Odoardo detto “Mignola” (piccolo di statura) nasce a Parma il 23 dicembre 1854. Dapprima repubblicano con un profondo sentimento di classe anticlericale, svolge la propria attività in campo sindacale nelle organizzazioni mazziniane. Nei primi anni ottanta diviene presidente della Società di mutuo soccorso fra i lavoratori fornai e pastai di Parma e promuove tra l’altro alcune delle prime agitazioni in Italia contro il lavoro notturno. Nel 1883 guida con successo le lotte per il riconoscimento del cottimo, e nel giugno del 1885 ottiene l’istituzione del lavoro diurno, inizialmente condivisa anche dal Comitato dei negozianti fornai. Poco dopo però si verifica la rottura fra negozianti e operai per il tentativo di Alfieri di far adottare un sistema di turni per dare lavoro ai disoccupati in alcuni giorni della settimana. Lo sciopero che ne consegue assume un carattere particolarmente aspro, e la mattina del 5 settembre Alfieri ed altri operai vengono tratti in arresto come istigatori dello sciopero stesso e per “minacce a vie di fatto contro altri loro compagni che volevano recarsi al lavoro”. Per questo verrà condannato a sei mesi di carcere. In quegli anni è anche presidente della Società operaia “Fratellanza e Umanità” e dirigente politico della Federazione repubblicana - socialista di Parma. A partire dal 1891 abbraccia definitivamente il pensiero libertario diventando uno tra i più apprezzati e stimati rappresentanti del movimento anarchico in città particolarmente radicato nella zona dell’Oltretorrente.
Durante l’ultimo decennio del secolo diviene l’oratore più passionale e rivoluzionario tra i lavoratori del parmense. Sono gli anni in cui mantiene rapporti epistolari con Gori e Molinari e costituisce a Parma il Circolo di studi sociali. Collabora con numerosi giornali anarchici e democratici editi a Parma: “Il Miserabile”, “Il Presente”, La Difesa” e in particolare “Il Nuovo Verbo”, il primo giornale anarchico di Parma. Collabora inoltre con i giornali di Reggio Emilia “Lo Scamiciato”, “Rinascita”, “L’Intransigente” e con “L’Avvenire anarchico” di Pisa. In quegli anni subisce numerose condanne per la sua attività politica. In seguito all’introduzione delle leggi speciali, il 10 settembre del 1894 viene denunciato per l’assegnazione al domicilio coatto. L’apposita commissione provinciale propone una condanna di tre anni e lo destina a Poto Ercole. Ma prima della sentenza definitiva abbandona la famiglia e si rifugia a Fiume in territorio austriaco. Nuovamente arrestato nel 1897 con altri 14 anarchici esuli viene estradato in Italia e dopo aver girato varie località finisce di scontare la sua pena a Ventotene nel 1900. Nel 1899 collabora al numero unico “I Morti”, uscito ad Ancona redatto collettivamente dagli anarchici italiani che in quell’anno si trovavano al domicilio coatto. Criticato dai moralisti perché ama due donne e giudicato “mattoide” dai riformisti Alfieri vive sempre con dignità e orgoglio la propria idealità libertaria. Nel 1906 si trasferisce nella vicina Reggio Emilia dove gestisce un chiosco di bibite. Nell’ottobre del 1910 presiede a Reggio un pubblico comizio in memoria di Francisco Ferrer. Prende parte alla manifestazione unitaria che si tiene il 14 giugno 1914 contro gli eccidi della Settimana Rossa. Contrario all’intervento in guerra nel 1915 (suo figlio morirà al fronte), partecipa alle manifestazioni che accompagnano la mobilitazione contro l’entrata in guerra dell’Italia. Con l’avvento del fascismo, nonostante l’età, continua a essere considerato “pericoloso” e sorvegliato dalla Questura. Muore di vaiolo il 29 marzo del 1928 nel lazzaretto di Villa Ospizio a Reggio Emilia.
Durante l’ultimo decennio del secolo diviene l’oratore più passionale e rivoluzionario tra i lavoratori del parmense. Sono gli anni in cui mantiene rapporti epistolari con Gori e Molinari e costituisce a Parma il Circolo di studi sociali. Collabora con numerosi giornali anarchici e democratici editi a Parma: “Il Miserabile”, “Il Presente”, La Difesa” e in particolare “Il Nuovo Verbo”, il primo giornale anarchico di Parma. Collabora inoltre con i giornali di Reggio Emilia “Lo Scamiciato”, “Rinascita”, “L’Intransigente” e con “L’Avvenire anarchico” di Pisa. In quegli anni subisce numerose condanne per la sua attività politica. In seguito all’introduzione delle leggi speciali, il 10 settembre del 1894 viene denunciato per l’assegnazione al domicilio coatto. L’apposita commissione provinciale propone una condanna di tre anni e lo destina a Poto Ercole. Ma prima della sentenza definitiva abbandona la famiglia e si rifugia a Fiume in territorio austriaco. Nuovamente arrestato nel 1897 con altri 14 anarchici esuli viene estradato in Italia e dopo aver girato varie località finisce di scontare la sua pena a Ventotene nel 1900. Nel 1899 collabora al numero unico “I Morti”, uscito ad Ancona redatto collettivamente dagli anarchici italiani che in quell’anno si trovavano al domicilio coatto. Criticato dai moralisti perché ama due donne e giudicato “mattoide” dai riformisti Alfieri vive sempre con dignità e orgoglio la propria idealità libertaria. Nel 1906 si trasferisce nella vicina Reggio Emilia dove gestisce un chiosco di bibite. Nell’ottobre del 1910 presiede a Reggio un pubblico comizio in memoria di Francisco Ferrer. Prende parte alla manifestazione unitaria che si tiene il 14 giugno 1914 contro gli eccidi della Settimana Rossa. Contrario all’intervento in guerra nel 1915 (suo figlio morirà al fronte), partecipa alle manifestazioni che accompagnano la mobilitazione contro l’entrata in guerra dell’Italia. Con l’avvento del fascismo, nonostante l’età, continua a essere considerato “pericoloso” e sorvegliato dalla Questura. Muore di vaiolo il 29 marzo del 1928 nel lazzaretto di Villa Ospizio a Reggio Emilia.
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