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giovedì 26 settembre 2019

“L’ANTISTATO”, quaderni clandestini

Durante il periodo fascista, gli oppositori del regime studiarono molti sistemi per far propaganda fra la gente, preoccupandosi sempre di non incappare nelle maglie della polizia. Un modo abbastanza inusuale è stato quello adottato da Vincenzo Toccafondo che per quindici anni riuscì a compilare a cadenza mensile un bollettino scritto a mano da lui stesso e intitolato «L’Antistato - Rivista Mensile 
Libertaria», in unica copia su normali quaderni di scuola e passato di mano in mano fra persone fidate.Questo tipo di propaganda è risultato di assoluta sicurezza, infatti, pur costantemente vigilato, come risulta dai rapporti periodici della polizia, ora conservati nel Casellario Politico Centrale presso l’ Archivio Centrale dello Stato, riesce così bene a non destare sospetti che in una nota dell’ aprile 1931 (cioè sei anni dopo l’uscita del primo numero dell’«Antistato») la polizia può scrivere che: «Non risulta faccia propaganda sovversiva». L’uscita di questa rivista, dicevamo, è regolare fino al giugno 1940 mese in cui, come si legge sempre in una nota di polizia a lui dedicata : «Dato l’attuale stato di emergenza, essendo ritenuto capace di turbare l’ordine pubblico, viene fermato ed il 24 giugno 1940 tradotto nel campo di concentramento di Manfredonia».
Dopo una permanenza nella colonia di Pisticci, verrà liberato nel 1943 ed il 31 agosto di quell’anno farà ritorno a Genova ove continuerà a svolgere propaganda anarchica fino alla sua morte avvenuta nel 1980.
Nei bollettini è sempre presente una parte dedicata all’esame della situazione italiana, ma non mancano riferimenti agli anarchici del passato e alla loro attività. In alcuni numeri appaiono anche, in appendice, i Bozzetti sociali una specie di brevi racconti che se rapportati alla vita di sessant’anni addietro, possono senz’altro essere ritenuti efficaci nel propagandare l’idea anarchica fra la gente.

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