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giovedì 5 settembre 2019

L'industria alimentare è un controsenso - di Luigi Veronelli

"Se vogliamo andare molto, molto avanti, dobbiamo tornare un passo indietro.
Ho scritto e scrivo dei prodotti della terra non solo perché necessari alla sopravvivenza, soprattutto perché esemplari di come un uomo capace possa vivere, e far vivere i propri familiari, in condizioni di benessere. I prodotti - sostengo anche quelli dei luoghi più ostili,  per la durezza delle condizioni ambientali - se portati a compimento della loro terra, se assumono in sé e per sé a causa dell'inimitabilità, valori alti che trovano collocazione ed acquisto alla sola condizione che siano proposti. Proprio da ciò scende l'affermazione: le aziende agricole industriali, quelle che hanno puntato anziché sui contadini,  sui mezzi,  non hanno nei fatti ragione di esistere. Il mezzo, qualsiasi mezzo, che non abbia l'assistenza fisica e intellettuale del singolo uomo, contadino esperto porta a un degrado,  se non ad un  degrado è un'omologazione in qualche modo dannosa. 
Lo stesso identico, per ciò che riguarda la trasformazione dei prodotti della terra. L'industria alimentare è un controsenso da che porta alla pressoché immediata decadenza delle valenze naturali. A parte il fatto che un'industria, per definizione, non può non tendere al profitto senza il purché minimo cedimento da ciò che è "sentimentale". Il contadino e l'artigiano mettono un certo incontro profitto senza il quale non avrebbero la possibilità di vivere e far vivere,  ma ci aggiungono sempre,  per ragioni storiche e culturali, inalienabili contro ogni tentativo,  la volontà del bene eseguito e del coinvolgimento appunto sentimentale."

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