Translate

giovedì 5 marzo 2020

IL COLTELLO IN TESTA di Reinhard Hauff

L'uomo si chiama Hoffmann, fa il biochimico a Monaco. non si occupa di politica. Il suo dramma comincia il giorni, in cui, durante uno scontro fra giovani e polizia, andando in cerca di sua moglie  Ann da cui vive diviso viene ferito alla testa da un poliziotto. Ricoverato in clinica con una pallottola nel cervello, l'uomo deve riacquistare la memoria e ritrovare l'uso della parola. Aiutandosi da solo, nonostante le cure, perché la polizia lo sospetta d'essere un terrorista simulatore e gli estremisti (fra i quali c'è Volker, l'amante  di sua moglie) cercano di utilizzarlo per la loro politica. A poco a poco Hoffmann torna quasi normale, ma ha soprattutto bisogno di verità: di sapere che cosa davvero accadde al momento del ferimento — la polizia sostiene che lui a sua volta ferì un agente dell'ordine —  e di vincere la paura di saperlo. Non gli basta che durante un confronto in ospedale il poliziotto ferito lo abbia riconosciuto: l'interrogatorio è stato condotto in tal modo che forse anche il suo accusatore è rimasto vittima della paura. Nè vuole seguire i consigli, tutt'altro che disinteressati, di Volker o farsi prendere al laccio della vanità quando, in ospedale, c'è qualcuno che, credendolo un nemico della polizia, se ne rallegra e gli chiede l'autografo. Quanto a sua moglie, ora ne diffida e ora torna a sentirla vicina. Finisce che, camuffato da medico, Hoffmann scappa dall'ospedale col proposito di riprendere il lavoro nel suo laboratorio. Invece Ann lo porta in campagna e avverte l'ambulanza. Sia pazzo o no, l'uomo ha nell'ultima scena la  pistola  puntata sul poliziotto che sparò contro di lui. La scoperta della verità si paga con la violenza. 
Il Coltello in Testa è un film duro e amaro, ma intelligente e ben fatto. Ispirandosi in parte al caso di RudiDutsche, il regista Reinhard Hauff, sviluppa un discorso sulla paura, il coltello che tutti abbiamo in testa, con uno stile narrativo di matrice realista ben confacente ai tempi sinistri in cui viviamo, dove il potere e il contropotere,  simbolizzati dal mito dell'Ordine e della Sovversione, minacciano di azzerare la  personalità dell'individuo.
In primo luogo c’è la Germania Ovest disorientata dal crepuscolo degli anni Settanta. Un Paese che annaspa nel pieno vortice dei propri anni di piombo, da una parte le azioni firmate con la stella rossa sormontata da un mitra della RAF, i sequestri e il sangue, dall’altra la polizia politica, le repressioni, l’ipocrisia delle “ragioni di stato”, le ingiuste persecuzioni e qualche morte misteriosa: quando la cura supera il “male”. Il clima pesante di una fase storica di stallo, incertezza e ambiguità, dagli attentati alla profusione di abusi e soprusi da parte del potere. Nella Bavaria immediatamente successiva al caso Schleyer e al dirottamento Lufthansa, con la successiva liberazione di tutti i passeggeri e i suicidi (presunti) dei militanti RAF in carcere a Stoccarda, Hauff ambienta un noir politico a tinte fortemente neorealiste che fa della straordinaria fisicità di Bruno Ganz il grimaldello per esplorare una società e una fase storica. Ed è incredibile rendersi conto di come, quarantadue anni dopo, lo schermo permetta ancora di respirare lo stesso clima di inquietudine, sospetto ed incertezza.
Quello di Hauff è un film profondamente umano, nella sua potenza politica, perché la ricostruzione di una vita passa anche attraverso le debolezze, i rapporti con gli altri, l’affetto di una moglie nonostante tutto, i seni delle infermiere come strada verso la normalità. Il personaggio di Hoffman è un bambino impaurito che ritrova solo gradualmente il proprio corpo, la propria mente e la propria dignità, ma non perde mai la sagace ironia né la fisicità delle emozioni. Ganz riesce a esprimere una sofferenza fisica e psicologica capace di donare vita e dignità dai primi giorni di terapia intensiva fino alla guarigione. Semplicemente, a un certo punto in una strada buia di Monaco di Baviera Hoffman vede di nuovo la libertà, salvo rimetterla in discussione per ribaltare i ruoli iniziali e presentarsi a casa del poliziotto che gli aveva sparato: la ricerca di una verità impossibile, la sete di giustizia. 


Nessun commento:

Posta un commento