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giovedì 26 marzo 2020

GLI HIPSTER

Nei primi anni Cinquanta, in America, il dissenso politico venne proibito e in tutto il decennio ogni tipo di anticonformismo fu considerato sospetto. Ma la stravaganza si rigenera in eterno ai margini della civiltà occidentale. Il vuoto creatosi tra le file dei ribelli venne riempito da un gruppo di giovani scontrosi che già negli anni Quaranta avevano iniziato a costituire una sottocultura, quella degli hipster. Ispirati dalle note inebrianti e spontanee del bebop, in particolare da Charlie Parker, e sviluppatisi più o meno parallelamente all'esistenzialismo francese e alla sua visione della vita umana come una tabula rasa circondata da un abisso privo di significato, gli hipster erano personaggi furtivi: ribelli perfetti per un'epoca di paranoia. Poiché non scorgeva speranze di cambiamenti positivi, (l'hipster non aveva alcun desiderio di battersi contro il repressivo apparato politico e non era nemmeno granché interessato a offendere i conformisti "benpensanti". Come si lamentò Caroline Bird, in un articolo del 1957 su Harper} Bazar "Non si può intervistare un hipster visto che il suo obiettivo principale è stare lontano dalla società...". 
Gli hipster erano identificabili solo da qualche caratteristica. Erano interrazziali, cosa rara nell'America degli anni Cinquanta, bohémien neri e bianchi che vivevano ai margini dell'economia e passavano il loro  tempo insieme, soprattutto nei jazz club. Erano un po' trasandati. Potevano essere, citando la Bird, "un delinquente da strada, un vagabondo, uno scaricatore di luna park o un uomo dei traslochi che lavora in proprio nel Greenwich Village". E disponevano del loro linguaggio, espresso al  meglio nelle giocose, divertenti, fluide canzoni `rap" di Lord Buckley, figura eternamente all'avanguardia. Nel privato, agli hipster piaceva la  marijuana e, in alcuni casi, l'eroina, strumenti per rilassare la mente razionale e abbandonarsi  al bebop. 
L’hipsterismo traeva linfa vitale proprio da quelle ansie nucleari che i benpensanti cercavano di dimenticare. La possibilità di un'immediata  apocalisse costituiva una scusa perfetta per declinare responsabilità ed evitare le ricompense a lungo termine della normale vita adulta. Perché costruirsi prudentemente una carriera, una famiglia e una reputazione se non c'era futuro? L’hipster era libero di vivere alla giornata. Nel suo famoso peana dedicato a questa sottocultura, Il negro bianco, Norman Mailer scrisse che gli hipster si dedicavano semplicemente alla “ricerca di un orgasmo più apocalittico di quello che lo aveva preceduto”, un'affermazione intesa sia letteralmente che come metafora per ogni tipo di esperienza intensa ed estatica dell'essere nel momento. 

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