Pisa è una città difficile da prendere politicamente, ma Franco comincia ad avvicinarsi ai gruppi extraparlamentari. Il PCI è in difficoltà, tanto che la sezione del centro viene sciolta per una dissidenza “da sinistra“, mentre le motivazioni della Federazione provinciale parlano di esigenze amministrative. Forte è l’attività di Potere Operaio i cui leader sono Luciano Della Mea, Adriano Sofri, Gian Mario Cazzaniga e Romano Luperini. E il 1968 è l’anno proprio di Potere Operaio: gli studenti dell’università sono vicini alle posizioni estreme di Sofri e Cazzaniga, si lanciano in proteste accese che vengono represse anche con processi molto duri. L’accusa che parte verso Potere Operaio, da vari settori di sinistra, è quella di esercitare un estremismo infantile, di avventurismo, velleitarismo, di tecnica della provocazione. Un fervido dibattito interno trasformerà poi questa formazione in un’altra: “Lotta continua per il Comunismo“. Franco, mentre si succedono questi eventi, prende la licenza media, finalmente mostra amore per lo studio, anzi: per la conoscenza. Diviene esuberante: un ragazzo che avrebbe bisogno d’aiuto come lui lo porge invece agli altri. È un ragazzo come tutti, ma certamente più serio della sua età. Su un quaderno dalla copertina nera, come il colore dell’anarchia, incolla articoli di giornali, scrive pensieri propri e quando alla FGCI e alla FGSI (le federazioni giovanili del PCI e del PSI) insiste per parlare di Valpreda e della strage di Stato, si infuria perché lo mettono a tacere. Entra così a far parte del nucleo di militanti di Lotta Continua, in via Palestro. Uno dei primi giovani compagni che conosce è Sauro Ceccanti, fratello di quel Soriano ferito alla “Bussola“. Passa delle buone giornate con Sauro e gli altri: trova un lavoro presso una ditta che ha un appalto di perforazione schede. Con Lotta Continua partecipa all'esperienza del mercato rosso al Cep, lo coinvolge come tutto quello di cui si occupa. Un gruppo di ragazzi compra negli orti frutta e verdura e la vende agli abitanti di quel quartiere popolare a prezzi molto inferiori ai negozi. Un'economia primitiva alla Robinson Crusoe. I commercianti della zona protestano, il clima di tensione si fa caldo, la polizia interviene, picchia i ragazzi, fa degli arresti. Franco se la cava a malapena durante una retata. La mattina va a scuola e al pomeriggio studia. Guadagna cinque lire a scheda perforata. È attento, preciso e non delude il principale. Si compera anche un motorino, un “Ciao” usato di colore blu e la sua passione per i libri aumenta: vorrebbe avere quasi tutti quelli che vede. Legge Salvemini, i testi anarchici del principe russo Kroptkin, di Cafiero e di Malatesta. Il suo passaggio da Lotta Continua agli anarchici è di questo periodo: vede nei militanti di LC una voglia “egemonica” e non la tollera. Anarchia, dunque. L’ultima svolta prima del tragico epilogo della sua vita. L’ambiente anarchico è l’ideale per Franco, si sente a suo agio davvero: forse per la prima volta nella sua esistenza. Poiché non conosce molto del pensiero anarchico sviluppato da Bakunin e da Proudhon, ne legge le opere e studia anche a fondo la Rivoluzione d’Ottobre. La sede della FAI (Federazione Anarchica Italiana) è in via San Martino. Vi sono pochi giovani: Enrico, Rita e Massimo. C’è anche un anziano anarchico di ottantotto anni, si chiama Nilo. La sua presenza offre ai ragazzi anarchici un segno di sicurezza paterna. Il gruppo in cui milita Franco è intitolato al povero Pinelli. Siamo nel 1972. Con i compagni stila molti volantini che, con parole semplici, esprimono però la profonda umanità dell’anarchismo: all’oppressione dello Stato contrappongono l’autogestione sociale, inneggiando alla rivoluzione proletaria, alla lotta di tutti gli sfruttati. Arrivano i mesi di intensa attività per la campagna elettorale che si concluderà nei primi di Maggio: la Democrazia Cristiana inneggia alla difesa dell’ordine pubblico, facendo concorrenza al Movimento Sociale Italiano, mentre il Partito Comunista Italiano non mostra un atteggiamento di frontale contrapposizione alla DC. Il clima politico si incendia il Primo Maggio quando una manifestazione di Lotta Continua viene ostacolata dalle istituzioni e, quindi, proibita. Si scatena una specie di “caccia alle streghe” che porta alla perquisizione di case dove si cercano armi… e la tensione si alimenta e cresce esponenzialmente. Il 7 Maggio si vota e Pisa è coinvolta come non mai in questa tornata elettorale: giovedì 4 Maggio si svolgono comizi elettorali della DC, del PSI, de “il manifesto” con Lucio Magri, del PRI e del PCI. C’è una nenia cattiva che aleggia per la città: si temono scontri per la giornata di chiusura della campagna elettorale: in largo Ciro Menotti sono previsti due comizi. Uno dell’onorevole Meucci alle nove di sera e uno del missino Giuseppe Niccolai alle sei di sera. Lotta Continua vuole impedire che il fascista Niccolai parli a Pisa. Esce un comunicato trasformato anche in manifesto pubblico: “Il ducetto Giuseppe Niccolai, protetto dagli industriali, pagato e imbottigliato dal ‘barone nero’ Ostini, padrone dell’acqua d’Uliveto, si è piccato di parlare a Pisa. Cascasse il mondo su un fico il fascista Niccolai a Pisa non parlerà. Venerdì, ore 16 tutti in piazza Garibaldi“.
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