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giovedì 26 maggio 2022

Schierarsi a difesa del limite

Pensiamo davvero che le scienze sociali, frutto del positivismo e marmellata di cibernetica, possano avere in sé e di per sé “una valenza anti-egemonica”? Non portano al contrario con sé, per loro natura, un vizio originario di fondo, quello di guardare il mondo attraverso le lenti di un Occidente ottocentesco fondato su scienza e industria, intriso di capitalismo, razionalismo e colonialismo? E di volerlo governare attraverso il controllo, questo mondo che hanno contribuito anch’esse a rendere immondo, continuando a separare il soggetto dall’oggetto, l’io da se stesso, dall’altro, dalla natura? Se gli stessi scienziati sociali non sanno riconoscere queste pesanti eredità, invece di liberarsene sono condannati a ripeterle.

E se il “conflitto tra pro-scienza e anti-scienza” non fosse “immaginario”? Se scienza e scientismo non fossero due realtà poi così distinte? Non ha sostituito gradualmente in Occidente la religione cristiana nel monopolio della fede, del miracolo? La scienza moderna nata nel ’600 (col suo celebrato metodo sperimentale baconiano che per esistere separa inesorabilmente io e natura, soggetto e oggetto di studio e che per poter studiare il vivente ha come passaggio obbligato la sua tortura e/o uccisione) a ben guardare non porta in sé il germe di quella nefanda alleanza con il potere e di quell’atteggiamento predatorio nei confronti del mondo oggi sempre più evidenti?

A cosa ci hanno portato gli incessanti progressi della tecnica? Non sarebbe tempo di prendere una posizione netta per fermare immediatamente tutte le sperimentazioni sul vivente, tutti i progetti di ingegneria genetica e di nano-biotecnologie? Di prendere una posizione netta contro la biodigitalizzazione, contro l’ibrido umano-macchina e l’avvento del cyborg (ormai realtà e non più fantascienza)? Di schierarsi a difesa del limite? La Ricerca non può essere illimitata soltanto perché proclama di voler “salvare delle vite”; e peraltro sarebbe ipocrita non tener conto che quelle stesse vite sono già state condannate dai molti (ma a quanto pare trascurabili) effetti collaterali dello Sviluppo a cui sempre si accompagna.

Credete realmente, dopo ciò che è accaduto nell’ultimo anno, che l’Università possa avere una qualche indipendenza, come  istituzione, dalle scelte governative? Come può un’istituzione essere indipendente dallo stato di cui è espressione e da cui riceve i finanziamenti? È difficile da dire, ma esiste un confine oltre il quale non si può più pensare di essere dentro e contro. Con ciò che è accaduto nelle università italiane nell’ultimo anno, quel confine è stato ampiamente superato; e bisognerebbe trarne tutte le conseguenze, come ha fatto a suo tempo Alexandre Grothendieck. (Tratto da “Sempre la stessa storia?” La Nave dei Folli 2022)


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