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giovedì 15 settembre 2022

Cafiero e Malatesta in giro per Roma

Nel corso degli anni Settanta dell’Ottocento, Carlo Cafiero ed Errico Malatesta furono più volte a Roma al fine di allargare alla neo capitale del regno la rete organizzativa dell’Associazione internazionale dei lavoratori (AIL), svolgendovi un ruolo di educazione e organizzazione tale da caratterizzare in senso libertario gli sviluppi futuri del socialismo romano. Un primo passaggio di Cafiero in città è segnalato nel novembre 1871 durante i lavori del XII congresso nazionale delle Società operaie affratellate. In questa occasione, egli non entrò in contatto diretto con il nascente movimento sindacale capitolino ma, attraverso i rapporti stabiliti durante l’assise con alcuni esponenti della sinistra repubblicana (Cesare Sterbini e Salvatore Battaglia), contribuì alla rottura tra le associazioni economiche cittadine e gli ambienti moderati fino ad allora prevalenti. Il cambio di orientamento fu segnato dalla nascita, avvenuta il mese successivo, di un primo raggruppamento d’area internazionalista, la Società della democrazia sociale, che contò fin da subito un centinaio di aderenti “tutti appartenenti alle infime classi”. Nella capitale, Cafiero tornò a metà giugno dell’anno seguente, in preparazione del congresso fondativo dell’AIL in Italia, che si sarebbe svolto a Rimini in agosto. Qui partecipò ad alcuni incontri con i garibaldini reduci della battaglia dei Vosgi tra cui Osvaldo Gnocchi Viani, il quale si fece promotore della prima sezione internazionalista cittadina,
la Lega operaia d’arti e mestieri industriali, sorta il mese successivo. In questo periodo, Cafiero sembrava intenzionato a trasferirsi in città per seguire più da vicino lo sviluppo dell’AIL nella capitale, ma il suo proposito fu vanificato dall’azione repressiva del prefetto che decretò lo scioglimento della Lega operaia e l’arresto di pressoché tutta la direzione, Viani compreso. Nuovi incontri si svolsero tra la primavera e l’inizio dell’estate del 1874 in vista dei moti di agosto cui, insieme a Cafiero, parteciparono anche Andrea Costa ed Errico Malatesta. Dopo alcune riunioni, fu quest’ultimo a seguire gli internazionalisti capitolini, con i quali organizzò un colpo di mano che, nell’ambito della preannunciata sollevazione, prevedeva di impossessarsi di 3.000 fucili della guardia nazionale custoditi all’Aracoeli e altri 400 custoditi in un deposito ai Castelli. L’esproprio delle armi fu tuttavia impedito dall’azione preventiva della pubblica sicurezza; ciò nonostante, le attività di Malatesta contribuirono a una maggiore definizione in chiave anarchica e insurrezionale del socialismo romano, con una prima presa di distanza all’impostazione evoluzionista caldeggiata da Viani. Insieme a Emilio Covelli, Cafiero e Malatesta tornarono nell’Urbe all’inizio
del 1876 con lo scopo di trasferirvisi in maniera definitiva avendo in animo di organizzare in città un convegno nazionale dell’AIL e costituirvi il centro del Comitato italiano per la rivoluzione sociale. Ospitati dapprima nell’abitazione dell’antiautoritario Emilio Borghetti, in via dei Pontefici, Malatesta si trasferì poi in via dell’Impresa, tra Montecitorio e Palazzo Chigi, mentre Cafiero si spostò all’inizio della Cassia, per stabilirsi infine nella centrale via del Pellegrino, trovando lavoro come bibliotecario alla Biblioteca “Vittorio Emanuele” per una paga di 3 lire al giorno (grossomodo quella di un muratore). Durante il loro soggiorno, entrambi – ma soprattutto Malatesta – si mossero per la possibile unificazione con i garibaldini e la parte più radicale del movimento repubblicano, ipotesi tuttavia vanificata dalla netta opposizione della massoneria, contraria alla fusione dei democratici con i socialisti. Rotta la possibilità di una collaborazione tra gli ambienti sovversivi, Malatesta partecipò alla costituzione del Circolo operaio, un raggruppamento distinto dalla proposta di Viani fino a quel momento prevalente, che giocò un certo ruolo nelle lotte dei disoccupati scoppiate in quei mesi. Le attività dei due esponenti sollevarono le apprensioni della pubblica sicurezza, oltremodo preoccupata per il possibile radicamento dell’anarchismo nella capitale politica del regno. La loro permanenza durò infatti assai poco: in seguito a una serie di arresti, Cafiero fu costretto a partire il 30 maggio, mentre Malatesta lasciò la città in fretta e furia il 18 giugno, mantenendo comunque i rapporti con gli ambienti romani che lo delegarono al congresso internazionale di Berna di fine ottobre. Cafiero e Malatesta tornarono a Roma all’inizio dell’anno successivo in vista dell’iniziativa insurrezionale del Matese prevista per la primavera seguente. Malatesta partecipò a una serie di riunioni riservate che si svolsero nelle campagne e nelle osterie fuori Porta Maggiore, all’epoca estrema periferia della città. Le discussioni non furono affatto facili; egli dové infatti affrontare le perplessità che
serpeggiavano tra gli ambienti romani che, in seguito al fallimento dei moti del 1874, pur confermando la loro adesione alla linea antiautoritaria simostrarono in un primo momento poco disponibili a nuove sortite sediziose. Superati gli indugi, sotto la supervisione di Cafiero e Malatesta venne infine organizzato un gruppo armato che avrebbedovuto raggiungere gli insorti del Matese, ma le cose andarono male: la spedizione fu intercettata dalla polizia all’uscita dalla città con l’arresto dei suoi componenti. Fu un duro colpo per i socialisti capitolini che, solo in novembre, poterono riorganizzarsi dando vita al Circolo internazionalista di Roma, un organismo dal carattere esplicitamente anarchico. Quello del 1877 fu un passaggio delicato, che si risolse in una più piena e convinta adesione dell’insieme dell’internazionalismo romano alla proposta libertaria. Negli anni seguenti, le altre correnti sorte in seno all’AIL, come quella socialista rivoluzionaria di Costa o quella operaista di Gnocchi Viani, trovarono infatti serie difficoltà a radicarsi nel tessuto sociale cittadino non riuscendo mai ad aprire una propria sezione locale. Grazie al lungo lavorìo di Cafiero e Malatesta, l’anarchismo continuò invece ad allignare tra il proletariato capitolino rappresentandone una tensione culturale, ancor prima che politica, che negli anni successivi si sarebbe rivelata lungamente egemone e chiaramente riconoscibile. 



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