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giovedì 22 giugno 2023

Anarchia e governamentalità

Affermando l’esistenza di una problematica chiamata “anarchia e governamentalità” – che consiste nel comprendere la singolarità dell’anarchismo a partire da una prospettiva critica nei confronti del potere, prospettiva da cui si analizza il governo non tanto attraverso le forme e l’origine del potere, quanto piuttosto a partire dalle pratiche di governo e dall’esercizio del potere governamentale – utilizzando un approccio di tipo anarchico e non quelli che sono attualmente noti come “studi sulla governamentalità” e vedere in che misura sia possibile parlare dell’anarchismo proudhoniano come anticipazione degli studi sulla governamentalità. Per un accostamento positivo tra anarchia e studi sulla governamentalità ricorriamo a un’analisi in termini di relazioni di forza nella sfera politica. Nell’analizzare il governo Foucault si è sbarazzato delle teorie sociologiche che davano dello Stato un’immagine di realtà unificata e ha sostituito i problemi del fondamento della sovranità e dell’obbedienza con una analisi delle operazioni multiple sottostanti ai meccanismi di potere e di dominio. Ha adottato inizialmente il linguaggio della guerra e del dominio per provocare una riconcettualizzazione delle relazioni di potere. Tuttavia, a partire dai corsi del 1978-1979, Foucault ha voluto ridiscutere i problemi del potere fuori dal discorso della sovranità e della guerra, partendo piuttosto dalle pratiche di governo. Il problema era quello di ripensare la legge e il dominio disciplinare all’interno delle forme governamentali contemporanee. Per fare ciò c’è bisogno di un’analisi che metta in evidenza la logica strategica del potere: un’analisi di questo tipo si può trovare tanto in Proudhon quanto in Malatesta. Proudhon si rifiutò di analizzare il governo sia attraverso l’origine del potere, sia attraverso la forma del regime di potere, sia attraverso l’organizzazione del potere; propose un’analisi che metteva in discussione l’idea stessa di governo, a partire dal sue esercizio effettivo e di come viene esercitato il potere governamentale. La critica di Proudhon non è diretta alle forme possibili che può assumere un governo, bensì al principio di autorità che qualunque governo implica. La sua analisi sistematica consiste nel non prendere come oggetto le nozioni di Stato, legge, democrazia, popolo, monarchia, repubblica etc., bensì nel considerare le pratiche di governo e vedere come queste stesse nozioni di Stato, legge, democrazia etc. furono costituite ed emersero in un determinato contesto. Nelle pratiche di governo è in gioco la stessa razionalità del potere, ovvero ciò che Proudhon chiamò principio d’autorità, che, iscrivendosi in queste pratiche, svolge in esse un ruolo cruciale, per quanto ignorato e tenuto sotto silenzio dalle tradizioni politico-giuridiche. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, il problema posto da Malatesta fu quello del principio di organizzazione e le sue connessioni con il dominio. Tale problematica, quella dell’organizzazione quale strategia di dominio, attraversa l’intero ventesimo secolo, passa dal socialismo al fascismo e costituì uno dei crucci maggiori per Malatesta. A partire da questa problematica è stato possibile cogliere la portata della sua riflessione. Individuando l’esercizio del potere nel punto d’incrocio tra stati del dominio tecnologie di governo e resistenze, Malatesta non solo interpretò il governo come un organo di dominio, ma notò anche che il governo “deve pur fare o fingere di fare qualche cosa in favore dei dominati per giustificare la sua esistenza e farsi sopportare” [Scritti, v. 1, p. 123]. Affermava che “mai o quasi ha potuto esistere (...) un governo che oltre le funzioni oppressive e spogliatrici, non se ne attribuisse altre utili o indispensabili alla vita sociale. Ma ciò non infirma il fatto che il governo è per sua natura oppressivo e spogliatore, e che è, per l’origine e la posizione sua, fatalmente portato a difendere e rinforzare la classe dominante; anzi lo conferma ed aggrava” (L’anarchia, corsivo mio). Il governo è un peggioramento delle relazioni di dominio, opera come meccanismo che perfeziona, corregge e perpetua gli stati di dominio. Malatesta considerò il governo come modo di organizzazione, come meccanica delle forze sociali che altera una composizione data, come tecnica. Notando l’aggravarsi dell’attività di governo che si esplica attraverso strategie sempre più complesse, Malatesta pensa il governo come rapporti di forza che attraversano la società e l’organizzano. Egli pensa al governo non già come attributo o sostanza, ma come a una qualsiasi cosa che si combatte, si affronta, qualsiasi cosa contro la quale si deve lottare o verso cui mantenere una posizione di lotta. C’è un limite all’intensità del conflitto politico che è compito del governo sorvegliare. Così, il compito elementare dell’anarchico è di  oltrepassare questo limite. Questo è l’ethos dell’anarchismo malatestiano: egli ha dato alla lotta contro il governo una “importanza pratica superiore” e un ruolo originario, ha espresso il valore positivo della lotta contro il governo, ha colto in questa lotta un elemento etico e un divenire rivoluzionario dei soggetti.

 

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