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giovedì 8 giugno 2023

Parliamo di ecologia sociale

L'ecologia sociale è il prodotto della solida tradizione organicista presente nella filosofia occidentale, da Eraclito alla dialettica quasi evoluzionistica di Aristotele e di Hegel, fino allo straordinario approccio critico della famosa Scuola di Francoforte - con particolare riguardo alla spietata critica del positivismo logico (che affiora ripetutamente in Naess) e del misticismo primitivista di Heidegger (che emerge a ogni passo negli scritti sull'"ecologia profonda"). Da un punto di vista sociale, l'ecologia sociale è rivoluzionaria, non semplicemente "radicale". Descrive minuziosamente e critica lo sviluppo delle gerarchie in tutte le sue forme, dall'elitarismo neo-malthusiano alla brutalità ecologica di un David Foreman, dall'anti-umanismo di un David Ehrenfeld al razzismo latente, all'arroganza da Primo Mondo, al nichilismo yuppie dello spiritualismo post-modernistico. L'ecologia sociale si rifà alle profonde analisi eco-anarchiche di Piotr Kropotkin, alle teorie economiche radicali di Karl Marx, alle promesse emancipatorie dell'illuminismo rivoluzionario formulate dal grande enciclopedista Denis Diderot, agli Enragés della Rivoluzione Francese, agli ideali femministi rivoluzionari di Louise Michel e di Emma Goldman, agli ideali comunitari di Paul Goodman e di E. A. Gutkind e ai vari manifesti eco-rivoluzionari dei primi anni '60. Politicamente parlando, l'ecologia sociale è Verde - radicalmente Verde. È vicina all'ala sinistra dei Verdi tedeschi; ai movimenti extra-parlamentari europei; all'emergente movimento eco-femminista radicale americano; alle richieste di una nuova politica fondata sulle iniziative dei cittadini, sulle assemblee di quartiere e sulle assemblee municipali secondo la tradizione della Nuova Inghilterra; ai movimenti non-allineati e anti-imperialisti in patria e all'estero; alle lotte dei popoli di colore contro la dominazione dei bianchi privilegiati e contro le superpotenze da una parte e dall'altra della cortina di ferro. Sotto il profilo morale, l'ecologia sociale è dichiaratamente umanistica, nel senso più alto che questo termine aveva nel rinascimento. L'umanesimo ha significato, da sempre, uno spostamento della visione dal cielo alla terra, un passaggio dalla superstizione alla ragione, dalle divinità agli esseri umani - che sono il prodotto dell'evoluzione naturale non meno di quanto lo siano gli orsi grizzly e le balene. L'ecologia sociale rifiuta il "biocentrismo", che fondamentalmente nega o degrada l'unicità degli esseri umani, la loro soggettività, la razionalità, la sensibilità estetica e le potenzialità etiche di questa specie straordinaria. Ma alla stessa stregua, l'ecologia sociale rifiuta l'"antropocentrismo", che conferisce a una minoranza privilegiata il diritto di sfruttare il mondo della vita, ivi compresi i giovani, le donne, i poveri e i non privilegiati. Di fatto, l'ecologia sociale rifiuta qualsiasi forma di "centralità", nuovo sinonimo di gerarchia e di dominazione - sia dominazione della natura da parte di un "Uomo" mistico, sia dominazione degli uomini da parte di una "Natura" altrettanto mistica. Per l'ecologia sociale, natura è sinonimo di evoluzione naturale. L'evoluzione naturale è la natura, nel senso - quanto mai reale - che consiste di atomi e molecole evolutisi in aminoacidi, proteine, organismi intercellulari, codici genetici, invertebrati e vertebrati, anfibi, rettili, mammiferi, primati ed esseri umani - e tutto ciò in una spinta cumulativa verso una sempre maggiore complessità, una sempre maggiore soggettività e infine una mente sempre più grande, capace di pensiero concettuale, dalla più sofisticata comunicazione simbolica e dell'auto-coscienza, nella quale l'evoluzione naturale conosce risolutamente e deliberatamente se stessa. Di fatto, la specie umana è il prodotto dell'evoluzione naturale, non meno di quanto lo siano le alghe azzurre. Svilire questa specie in nome dell'"antiumanesimo", negare ai suoi membri il carattere unico di esseri pensanti, dotati di una facoltà senza precedenti come quella del pensiero concettuale, significa negare la ricca fecondità della stessa evoluzione naturale. Separare gli esseri umani e la società dalla natura significa dualizzare e mozzare la natura stessa, diminuire il significato e la portata dell'evoluzione naturale in nome di un "biocentrismo" che passa più tempo trastullandosi con mantra, divinità e cose sovrannaturali, invece che occuparsi delle realtà della biosfera e del ruolo della società nei problemi ecologici. Così l'ecologia sociale non cela dietro metafora il proprio impegno critico e ricostruttivo. Dà alla società "tecnologico-industriale" il nome di capitalismo - un termine che attribuisce la responsabilità dei nostri problemi ecologici alle fonti vive e ai rapporti sociali che danno loro origine, e non all'allestimento di una "Terza Ondata" che confonde queste fonti con la tecnica, con una "mentalità" tecnica o addirittura con i tecnici che lavorano alle macchine. Infine, l'ecologia sociale non ignora le classi sociali, le differenze etniche, l'imperialismo e l'oppressione, creando semplicemente un contenitore universale detto "Umanità", contrapposto a una "Natura" mistificata, privata di ogni sviluppo.


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