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giovedì 1 giugno 2023

L’UNIONE SINDACALE ITALIANA – parte prima

L’Unione sindacale italiana compie 90 anni. La sua storia attraversa quella dell’Italia e del movimento di emancipazione dei lavoratori, sviluppandosi nella sua coerenza libertaria e autogestionaria. I temi organizzativi e strategici dell’USI rimangono nella sua lunga storia, in certa misura, immutati in tutta la loro importanza. Tra di essi ricordiamo: la critica a un’unità sindacale fittizia, nel 1912, nel 1950, ma anche nei più recenti anni di disgregazione del sindacalismo di Stato; lo spirito antimilitarista, che porterà l’USI a espellere gli interventisti nella prima guerra mondiale, ma che porterà anche a proclamare lo sciopero contro la partecipazione dell’Italia alla Guerra del Golfo e a tutte le altre aberranti “missioni di pace”; l’antifascismo, che determinò lo scioglimento dell’USI da parte del regime mussoliniano, ma che si conservò nei suoi militanti in esilio in Francia, nella Spagna del 1936 e di nuovo in Italia durante la Resistenza; la lotta al capitale e allo Stato, dalle occupazioni delle fabbriche nel biennio rosso all’opposizione all’economia globale; lo spirito egualitario e autogestionario che, attraverso la lotta sindacale, vuole essere diffuso in tutta la società. L’Unione sindacale italiana nasce a Modena al Congresso nazionale dell’Azione Diretta dove il 23, 24 e 25 novembre 1912 si ritrovano riuniti i rappresentanti degli oltre 77.000 aderenti al Comitato di resistenza interno alla CGL, nata sei anni prima. Il dibattito si incentra sulla questione dei rapporti interni alla CGL e i congressisti discutono se entrare in massa nella confederazione per conquistarla dall’interno o se provocare una scissione e creare un secondo sindacato che raccolga tutte le organizzazioni di tendenza sindacalista rivoluzionaria. Prevale la mozione di Alceste De Ambris, favorevole alla scissione e alla creazione di un nuovo sindacato che costituisca una concreta alternativa di classe, organizzata in modo federalista e libertario. Viene approvato lo statuto dell’Unione sindacale italiana, si fissa a Parma la prima sede nazionale e si decide che il periodico l’organo ufficiale del sindacato. Nella relazione di accompagnamento allo statuto si legge come l’USI propugni il sindacalismo rivoluzionario concepito come forza di trasformazione radicale della società; sia un sindacato autenticamente federalista e libertario; favorisca l’autonomia dei sindacati che vi aderiscono e non l’accentramento organizzativo; non voglia essere mai esecutore di volontà politiche e si batta attraverso l’azione diretta contro il sindacalismo riformista e la burocrazia sindacale; abbia infine come scopo l’emancipazione di tutti i lavoratori attraverso la lotta e la solidarietà di classe contro il corporativismo, il potere statale e quello padronale. L’importanza che assume immediatamente l’USI viene dimostrata dalle lotte organizzate dai suoi attivisti nelle campagne e nelle città. Nel 1913 vengono sostenuti scioperi agricoli nel ferrarese e in Puglia, scioperi generali dei metallurgici e dei gasisti a Milano, nonché a Carrara tra i lavoratori del marmo. Quando l’Italia entra in guerra nel 1915, segretario dell’USI è l’anarchico antimilitarista Armando Borghi. La sede nazionale passa a Bologna e il nuovo organo dell’USI è “Guerra di Classe”, indicando così quale è l’unica risposta rivoluzionaria alla chiamata alle armi del proletariato di tutte le nazioni. Alla fine della guerra l’USI si ritrova al suo III Congresso nel 1919 a Parma, che accoglie i delegati di oltre 300.000 iscritti. La Rivoluzione di ottobre pone quindi quali temi all’ordine del giorno i consigli di fabbrica e i soviet. A livello sindacale l’USI promuove il movimento dei consigli, partecipa alla loro costituzione sul modello dei soviet russi e garantisce con la sua presenza questa prima forma di autorganizzazione proletaria in cui tutti i lavoratori delle città e delle campagne possono riconoscersi perché fondata sull’azione diretta, sull’assemblearismo e sull’autogestione. In questo periodo l’USI aderisce all’AIT (Associazione Internazionale dei Lavoratori), cui è affiliata la maggior parte delle organizzazioni anarcosindacaliste.



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