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giovedì 29 giugno 2023

MA LA PATAFICA COS’È?

«La patafisica è contro ogni convenzione e ideologia; le ideologie passano, la Patafisica resta. Non è un comitato di salute pubblica e non si propone di salvare il mondo; è inclusiva, universale, antidogmatica. E' un invito a riflettere sulle nostre contraddizioni, a non credere alle verità assolute, a tollerare le nostre incoerenze come risultato delle incoerenze del mondo, in nome della immaginazione e della libertà». Patafisica. Un nome curioso per designare una dottrina certamente curiosa: la «scienza delle soluzioni immaginarie». La Patafisica viene definita come «scienza del particolare», studia «le leggi che presiedono le eccezioni» ed il suo campo d'azione va al di là della metafisica, così come la metafisica va al di là della fisica. La scienza di tutte le scienze, o la scienza dell'inesistente, o se volete, una non-scienza. Vi sentite disorientati di fronte a simili affermazioni? Benvenuti nel regno della Patafisica! Il simbolo della Patafisica può essere considerato un'enorme riproduzione fatta di luci al neon colorate che appariva all'ingresso della mostra: un uomo in bicicletta che pedala verso mete sconosciute. Quell'uomo è Alfred Jarry, l'inventore della Patafisica, o meglio, colui che la rivelò al mondo (perché essa è sempre esistita!). La parola «Patafisica» appare scritta per la prima volta nell'atto primo, scena seconda, dell'opera teatrale «Ubu cornuto», scritta da Jarry nel 1897, dove si legge: «La Patafisica è la scienza che noi abbiamo inventato perché ve ne era un gran bisogno». Alfred Jarry, nato in Francia, a Lavai, nel 1873 e morto alcolizzato giovanissimo (34 anni), nel 1907, fu certamente un personaggio bizzarro, amò sempre stupire, dissacrare, provocare: sul suo letto di morte, quando gli chiesero se voleva un «curé» (un prete), rispose che voleva un «curédentes», cioè uno stuzzicadenti. Fu saggista, romanziere, amico di pittori, pittore a sua volta (fu il primo ad esaltare il giallo di van Gogh) e incisore. La sua opera più famosa fu «Ubu re», un'opera teatrale rappresentata per la prima volta nel 1896 che suscitò un grande scandalo. Ubu è una specie di macchina-mostro che dileggia dittatori, re e generali della vita quotidiana. Incarna tutto il lato grottesco del mondo, la stupidità del potere e delle convenzioni sociali: «Gettate i nobili nella botola», «Nella botola i magistrati», «Nella botola i finanzieri». Un tratto che caratterizza tutti i patafisici è quello di spaziare nell'arte, nella letteratura, pittura, cinema, scienza. Da Queneau, pittore, matematico e romanziere a Marcel Duchamp, pittore dada e abile giocatore di scacchi. Nel 1963 viene fondato a Milano l'Istituto Patafisico Milanese (tra i suoi fondatori Enrico Baj e Arturo Schwarz). Il simbolo adottato come segno di riconoscimento è una spirale o giduglia. I seguaci della Patafisica sono generalemente volontari, ma molti vengono insigniti «ad honorem» come patafisici involontari (Leonardo da Vinci è uno di questi). I più noti patafisici sono: Raymond Queneau, Jacques Prévert (chi l'avrebbe mai detto?), Max Ernst, Eugène Jonesco, i fratelli Marx (a proposito: l'unico marxismo riconosciuto dai patafisici è quello dei fratelli Marx!), Boris Vian, Man Ray, C. M. Escher, Juan Mirò. Come già detto una scienza, anzi una non-scienza, curiosa, dissacratoria e anti-dogmatica, all'apparenza molto poco lontana dall'anarchismo. E non obiettate che la Patafisica è una cosa inutile, incomprensibile, una masturbazione cerebrale di pochi intellettuali: fareste il loro gioco. Il risultato sarebbe quello di sentirsi rispondere che dovremmo essere un po' più antidogmatici e un po' più patafisici!



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