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giovedì 25 aprile 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XVII

1919

Gyiirgy Lukics, filosofo ungherese comunista che vive in Germania, comincia a scrivere Storia e coscienza di classe, che terminerà nel 1922. L'opera è profondamente impregnata delle concezioni di Rosa Luxemburg, riviste però, criticamente. - Una pietra miliare della lotta sindacale in Italia è data dalla conquista delle 48 ore settimanali di lavoro avvenuta a Milano. L'orario di lavoro per uomini donne e bambini raggiungeva anche le 14 ore al giorno. Le vittorie dei lavoratori italiani si scontrano col nascente squadrismo dei seguaci dell'ex socialista Benito Mussolini, che attuando una «strategia di tensione» cominciano a devastare le sedi delle camere  del  lavoro, delle leghe contadine nelle campagne e delle cooperative, nonché le sedi dei giornali socialisti e anarchici. Dopo ogni violenza squadristica i sindacati controllati dai socialisti riformisti si limitano a proclamare scioperi di protesta, mentre gli anarchici si organizzano per una risposta militante al fascismo. 

Gennaio - «Settimana di sangue» di Buenos Aires. Il 7 gennaio si hanno i primi scontri tra gli operai degli stabilimenti Pedro Vasena, a capitale britannico, e gruppi di crumiri difesi dalla polizia. I 2500 dipendenti chiedono una riduzione dell'orario da 11a 8 ore e il riposo  domenicale. La polizia spara su uomini, donne e bambini: 4 morti e una trentina di feriti; parecchi feriti morranno poco dopo. La risposta è: sciopero generale, con l'appoggio dei sindacati di tutto il paese. Il giorno dei funerali gli scontri cominciano all'alba. Gli operai formano comitati di autodifesa, che decidono il saccheggio dei negozi di armi onde difendersi dalla brutalità poliziesca. Il corteo è imponente. Migliaia di persone seguono le bare verso il cimitero della Chacarita. Qui attendono poliziotti e vigili del fuoco. Cominciano a fioccare le prime pallottole sulla folla sbigottita. I gruppi di autodifesa cercano di proteggere il corteo, ma le armi sono insufficienti e gli operai, allo scoperto, cadono come mosche. I  morti accertati sono più di cinquanta. In preda a un dolore impotente gli operai si rifugiano negli stabilimenti Vasena; le guardie  private cercano di fermarli ma vengono  travolte. Il presidente Hipólito Yrigoyen ordina al generale Luis J. Dellepiane di ristabilire l'ordine con la forza. 30 000 fanti, contingenti di marina e poliziotti prendono d'assalto gli stabilimenti Vasena e ne cacciano gli operai. Nella repressione si distingue il tenente colonnello Héctor    Benigno Varela. Contemporaneamente il governo tratta con il sindacato di maggioranza e più moderato, la FORA del IX congresso, di tendenze socialiste-sindacaliste, che alla presenza dell'ambasciatore inglese firma l'accordo con Vasena. La FORA del V  congresso (anarco-sindacalista) è invece per la continuazione della lotta. Gli anarchici, in minoranza ma assai influenti tra gli operai, si trovano attaccati sia dai dirigenti riformisti sia da gruppi di guardie bianche addestrate sotto la direzione dell'ammiraglio Pedro Domecq Garcia. Nasce l'organizzazione paramilitare e terroristica di destra «I difensori dell'ordine», che si chiamerà successivamente «Lega Patriottica Argentina», guidata dal generale Dellepiane e da Manuel Carlés. Con l'appoggio della polizia questi gruppi terroristici (prima configurazione dell'attuale Associazione Anticomunista Argentina, AAA) assaltano i comitati operai e le sedi dei sindacati, le comunità ebrea, russa, polacca e tedesca, da cui provengono   molti rivoluzionari, tipografie e biblioteche, poi chiuse dalla polizia, che si giustifica dicendo che l'operazione serve a sventare un fantomatico piano mirante alla costituzione dei Soviet. Il giorno 16 lo sciopero è terminato e la situazione normalizzata. La normalizzazione è costata 700 morti e 2000 feriti. L'anarchismo argentino è rimasto ferito a morte. La guida del movimento operaio   passa ai riformisti,  più integrati nello Stato argentino. 

12-14 aprile - A Firenze, congresso costitutivo dell'Unione comunista  anarchica italiana (che si chiamerà successivamente Unione anarchica italiana). 




Gli anarchici in esilio contro il fascismo

Il 1° maggio del ’23 esce a Parigi “La voce del profugo”, ed il 3 giugno il quindicinale “Il profugo”. Cominciarono intanto le provocazioni criminali dei fascisti: il 3 settembre sempre a Parigi il giovane anarchico Mario Castagna viene aggredito da una banda di fascisti e nella colluttazione contro i suoi aggressori ne uccide uno. Pochi mesi dopo, il 20 febbraio 1924, il giovane anarchico Ernesto Bonomini uccide, in un ristorante di Parigi, con alcuni colpi di rivoltella, il gerarca fascista Nicola Bonservizi, segretario dei fasci all’estero, corrispondente del “Popolo d’Italia” e redattore del giornale fascista di Parigi “L’Italie Nouvelle”. Il nostro compagno dichiarerà di aver voluto protestare contro i delitti impuniti dei fascisti e dei loro complici. Verrà condannato ad otto anni di galera. Un altro giornale vedrà la luce il primo maggio, sempre a Parigi, a cura di compagni italiani: “L’Iconoclasta”; inoltre sempre in quell’anno alcuni anarchici danno vita ad un giornale clandestino intitolato “Compagno, ascolta!” dove vengono date indicazioni per una lotta energica e spietata, nell’eventualità di una insurrezione in Italia. Dopo pochi giorni dal delitto Matteotti si costituisce a Parigi un comitato animato dagli anarchici e che darà vita in seguito ad un altro giornale dal titolo “Campane a stormo”, la cui redazione verrà affidata al compagno Alberto Meschi. Per il delitto Matteotti gli anarchici italiani in Francia danno inizio anche ad una campagna nazionale generale che culmina nella distribuzione di migliaia e migliaia di volantini in cui venivano denunciati i crimini dei fasci (luglio 1924). Durante l’anno 1925 gli anarchici italiani continuano la loro attività antifascista, mentre prosegue la pubblicazione di giornali e riviste; basterà qui ricordare “La tempra” e “Il monito”. In questi anni le persecuzioni, le privazioni di ogni genere, le più vili angherie nei confronti degli anarchici continuano da parte di agenti fascisti in Francia.
Comunque essi non piegarono. Proprio in quei giorni (11 ottobre 1927) Luigi Fabbri, insegnante, dopo essersi rifiutato di prestare giuramento al fascismo ed essere riuscito a rifugiarsi in Francia, pubblica a Parigi, con Berneri e Gobbi, il giornale “Lotta umana”. Continuano intanto le persecuzioni e gli arresti e le espulsioni. Nel marzo del 1928 a Parigi viene arrestato il compagno Pietro Bruzzi; altri due compagni, Carlotti e Centrone (che morirà valorosamente in Spagna) vengono prima arrestati e dopo espulsi. La risposta il più delle volte è opera di coraggiosi militanti che agiscono sempre in via individuale. Il 22 agosto a Saint Raphael (Francia) il console, noto fascista, marchese Di Mauro viene fatto segno di un attentato. Pochi mesi dopo novembre, il giovane anarchico Angelo Bartolomei, con un colpo di rivoltella, uccide il prete fascista don Cesare Cavaradossi. Questi, vice console, gli aveva proposto, per evitare l’espulsione dalla Francia, di tradire i compagni e di diventare suo confidente. Il Bartolomei riesce a fuggire da Nancy e a rifugiarsi in Belgio, dove però verrà arrestato nel gennaio del 1929. Anche in altri paesi gli anarchici italiani continuano a subire persecuzioni ed arresti per la loro attività antifascista. Nel luglio del 1928 in Belgio l’anarchico Gasperini ricorre allo sciopero della fame per ribellarsi all’estradizione chiesta dal governo italiano (aveva ferito, assieme ad altri compagni, alcuni fascisti nel 1921). Il governo belga concederà invece l’estradizione del compagno Carlo Locati. L’espulsione è una sorte che colpirà moltissimi compagni. Infatti pochi mesi dopo, il 13 agosto, a Liegi, il compagno Gigi Damiani viene prima arrestato e poi espulso (Tunisia). A questa ondata di persecuzioni che vede gli anarchici italiani colpiti sempre in prima fila, il movimento cerca di rispondere come può. Ormai, però, diventa difficile anche la pura sopravvivenza, per le continue espulsioni che colpiscono chiunque faccia una energica attività antifascista: nel gennaio del ‘29 i compagni Gobbi, Berneri, Fabbri e Fedeli, in seguito alle forti pressioni del governo italiano, vengono arrestati a Parigi e condotti alla frontiera con il Belgio. È questo l’inizio della odissea di Berneri e di tanti altri compagni. Arrestati in una parte ed espulsi, non resta che cambiar nome e attività, attraverso la Francia, il Belgio, il Lussemburgo, la Svizzera, sempre braccati e senza posa. Nel settembre del 1929 a Saarbrücken (Germania) il giovane anarchico Enrico Manzoli (Morano), aggredito da un gruppo di fascisti appartenenti ai “caschi di acciaio”, si difende e ne uccide uno. Altri anarchici, però, cadranno sotto i colpi dei fascisti: nel gennaio del 1930, a Nizza, è ucciso da un ex carabiniere il compagno Vittorio Diana, a causa del suo intransigente atteggiamento in occasione delle manifestazioni fasciste per l’inaugurazione di un gagliardetto. Pochi mesi prima era morto in seguito ai patimenti e privazioni, presso Parigi, il giovane
anarchico Malaspina, braccato senza posa dalle polizie di vari paesi. Era stato imputato di aver lanciato una bomba contro la Casa del fascio di Juan-les-pins. Assolto per insufficienza di prove, era stato in prigione e più volte torturato. Il 1929 vede gli anarchici ancora in prima fila nella lotta al fascismo, anche se tale lotta è affidata, data la scarsità pressoché totale di mezzi, alla sola volontà e al solo coraggio. Nel giugno del 1929 i compagni raccolti attorno alla redazione della rivista “Lotta Anarchica”, fanno arrivare in Italia, clandestinamente, un giornale di piccolo formato e stampato su carta velina. Si tenta anche di passare all’azione: nell’agosto dello stesso anno l’anarchico Paolo Schicchi (compie in quell’anno 65 anni!) si imbarca dalla Francia e poi in Tunisia per la Sicilia, dove vuole suscitare con il proprio esempio un movimento di ribellione contro il fascismo; ma al suo arrivo a Palermo viene immediatamente arrestato assieme al compagno Gramignano. Vennero condannati rispettivamente a 10 e a 6 anni di galera. Il compagno Renda, anch’egli partecipante all’impresa, venne condannato a 8 anni. Nel gennaio del 1931 a Parigi si tiene un convegno di anarchici per intensificare la lotta clandestina in Italia, lotta che porterà molti compagni ad essere arrestati e deportati al confino. Questo non impedì di continuare a spedire materiale in Italia portato da vari compagni. Gli anarchici comunque in quegli anni collaborarono anche con altre formazioni antifasciste, soprattutto con Giustizia e Libertà, senza interrompere la serie di continue azioni individuali.




Gli Anarchici e la resistenza

• 25 aprile 1945. I partigiani delle brigate anarchiche «Bruzzi-Malatesta» occupano la sede della RAI, allora EIAR, in corso Sempione a Milano. La Resistenza si fa Liberazione. O quantomeno così si pensa.

• Gli anarchici e la Resistenza. C’entrano, dunque? C’entrano eccome! C’entrano da molto prima della guerriglia partigiana del ’43-’45. C’entrano fin dal 1920, prima ancora che lo squadrismo si facesse governo e poi regime. Gli anarchici erano, all’epoca, una componente importante del movimento operaio. Il loro quotidiano, «Umanità Nova», tirava cinquantamila copie, non molto meno del socialista «l’Avanti» e del «Corriere della Sera». Influenzavano in modo determinante l’Unione Sindacale Italiana, che aveva centinaia di migliaia di iscritti ed il cui segretario era per l’appunto un anarchico, Armando Borghi. E anarchici erano molti leader sindacali dei marittimi, dei ferrovieri, dei metalmeccanici, dei braccianti.

• Nulla da stupirsi se gli anarchici hanno resistito o, meglio, se si sono attivamente opposti al fascismo fin dalle sue prime manifestazioni. Erano incompatibili. Libertari per definizione gli anarchici. Autoritario il fascismo. Egualitari gli anarchici, disegualitario e gerarchico il fascismo. Rivoluzionari gli anarchici, contro-rivoluzionario il fascismo. Gli anarchici: «Né servi né padroni». Il fascismo strumento di vecchi e nuovi padroni, ideologia di una servitù di massa.

• Gli anarchici resistono anche con le armi in pugno alla resistibile ascesa del fascismo. Gli Arditi del Popolo, ex combattenti organizzati per l’autodifesa popolare, sono essenzialmente appoggiati da anarchici e socialisti «massimalisti» e osteggiati ufficialmente dai partiti socialista e comunista. Gli Arditi si oppongono al terrorismo squadrista, spesso spalleggiato dai carabinieri. E più di una volta mettono in fuga carabinieri e fascisti. Come a Sarzana nel ’21. Come, sempre nel ’21, a Parma. A Parma l’insurrezione popolare contro i fascisti alza le barricate. Su una barricata, tenuta dagli anarchici, c’è anche un giovanotto di Carrara, Ugo Mazzucchelli, che ritroveremo vent’anni dopo a capo di una delle formazioni partigiane anarchiche. Non è l’unico nome che ritorna, in questa storia.

• Durante il ventennio continua senza tregua la lotta antifascista degli anarchici. Sia in Italia sia all’estero, in Francia soprattutto, dove emigrano a migliaia, per sfuggire alla repressione. In Italia testimonia della resistenza anarchica il numero dei loro confinati, ben superiore ai dati ufficiali perchè i tribunali fascisti tendono a etichettare gli anarchici come «comunisti».I libertari sono stati da un quarto ad un terzo di tutti gli antifascisti passati per il confino. Significativamente, gli anarchici non vennero mai ufficialmente liberati dal confino. Neanche dal governo Badoglio. Dal confino vennero dapprima liberati, nel luglio ’43, i «moderati», poi i socialisti e i comunisti. I più cattivi, gli anarchici, per lo più segregati nell’isola di Ventotene, vengono trasferiti nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari, in provincia di Arezzo, dove erano rinchiusi i prigionieri di guerra slavi e albanesi. L’otto settembre, tuttavia, i carcerieri se la squagliano e anche gli anarchici sono liberi. Direttore delle guardie a Ventotene è un certo Marcello Guida. Un’altro nome che ritorna. Nel dicembre 1969 è questore di Milano. È lui che, mentendo, dichiara suicida il defenestrato Giuseppe Pinelli.

• Testimonianza della lotta antifascista degli anarchici in Italia è anche la serie di attentati – purtroppo falliti – al «Duce». Anteo Zamboni, Michele Schirru, Angelo Sbardellotto, Gino Lucetti… Tutti uccisi. Lucetti era un giovane carrarino. Da lui prese nome la prima formazione partigiana libertaria attiva a Carrara.

• Anche nell’esilio i «fuoriusciti» anarchici continuano la lotta contro il fascismo, soprattutto a sostegno finanziario e logistico della resistenza interna. Ma è anche di straordinario rilievo la partecipazione di centinaia di esuli libertari italiani alla Guerra Civile spagnola del 1936. Tra i primi, con la colonna Rosselli, ad accorrere al richiamo della Rivoluzione sociale e della solidarietà internazionale antifascista.


giovedì 18 aprile 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XVI

1918

Trotzki, il fondatore e capo dell'Armata Rossa, è impegnato nella costruzione di un saldo potere rivoluzionario centrale, e dopo avere distrutto in Crimea, con l'aiuto degli anarchici, il nuovo esercito bianco guidato dal generale zarista Wrangel, definisce «banditi» i seguaci di Makhno. Né Trotzki né Lenin possono ammettere l'esistenza di una forza alternativa organizzata. Vengono anche ingannati dal comunista ungherese Béla Kun che dopo avere firmato il trattato di alleanza con l'esercito anarchico ucraino, fa circolare voci tendenziose sulla makhnovcina. Su Makhno, intanto, nel popolo russo fioriscono le leggende. Quando il pericolo bianco è definitivamente scongiurato, Lenin e Trotzki il 26 novembre ordinano all'Armata Rossa di eliminare la makhnovcina e il movimento anarchico. Neppure tra gli anarchici mancano critiche nei confronti dei makhnovisti. Al primo congresso dei Sindacati Rossi che si tiene a Mosca nel luglio 1921 si ha una discussione pubblica sulla liberazione degli anarchici detenuti in gran numero nelle galere sovietiche. (Gli arresti a opera della polizia segreta erano cominciati nell'aprile 1918.) Il leader bolscevico Bukharin difende le misure repressive del governo e accusa tutti gli anarchici di essere dei banditi che hanno lottato armi alla mano contro il governo di Mosca. Il sindacalista francese Sirolle, l'unico che riesce a prendere la parola  prima della chiusura del dibattito, è costretto a «scaricare» i makhnovisti: «Tengo a dichiararvi, perché è una profonda verità, che non tutti gli anarchici russi partecipano al movimento di Makhno, che essi condannano, e che quindi, quando noi facciamo richieste in favore del movimento anarchico, lo facciamo per quelli del movimento filosofico e ideologico, di quegli  anarchici che furono alla testa delle prime lotte rivoluzionarie, che parteciparono a tutte le battaglie, che entrarono nelle organizzazioni sovietiche, che tentarono di portarvi i loro criteri, perché era il loro dovere, perché la rivoluzione è proletaria ed essi appartengono a questa classe proletaria». Sconfitto, ferito, uccisi quasi tutti i suoi seguaci dall'Armata Rossa, Makhno non si arrende. Il 28 agosto 1921 fugge in Romania, viene imprigionato, erra tra Polonia, Danzica  e Berlino. Morirà in esilio a Parigi, nel 1934, stroncato dalla tubercolosi contratta giovanissimo nella prigione dove aveva conosciuto per la prima volta le idee anarchiche parlando con Piotr Arginov, un ex bolscevico convertitosi all'anarchismo e successivamente membro e biografo della makhnovcina. 

Fine 1918 - Gli anarchici della Russia meridionale si riuniscono nella Confederazione delle organizzazioni anarchiche dell'Ucraina - Nabat (Campana d'allarme). Forte soprattutto nelle città di Kharkov e Kursk, il movimento della Nabat raccoglie le figure di maggior rilievo dell'anarchismo russo dell'epoca, da Volin a Piotr Arginov, Olga Taratuta, Senya Flesin, Yarcuk, Aaron e Fanya Baron. La Nabat cerca di riunire seguaci di Kropotkin, individualisti e sindacalisti e sostenitori di  Nestor Makhno, che nell'agosto '17 è stato eletto presidente del Soviet di Gulae-Pole. 

1919 

- Si costituisce la CGT (Confederacao Generaldo do Trabalho) portoghese, molto influenzata dai principi della Charte d'Amiens. Da anni gli anarchici conducono una dura lotta contro le degenerazioni dei repubblicani andati al potere, con la caduta della monarchia, nel 1910, e in difesa del pane e del lavoro. Nel 1922 la CGT entra nell'Associazione Internazionale dei Lavoratori al pari della spagnola CNT. La Confederazione anarco-sindacalista conta nel 1925, al suo secondo congresso, 135 sindacati, 11 federazioni d'industria e cinque camere del lavoro, con un totale di circa 200 000 aderenti. E la più grande centrale operaia operante in tutto il Portogallo. Nel 1926, col colpo di stato militare, la CGT viene dichiarata fuorilegge e cosi il suo organo quotidiano "A Batalha" (La Battaglia, fondato il 23 febbraio 1919) che quanto a tiratura, 25 000 copie, è il secondo giornale del paese. Nel 1934 la CGT organizza lo sciopero generale, l'ultima grande manifestazione contro la dittatura di Antonio Salazar. Mentre la CGT poco dopo si scioglie, i militanti anarchici, al pari degli altri antifascisti piü combattivi, vengono imprigionati, torturati, uccisi dalla polizia segreta, la ferocissima PIDE. Il 25 aprile 1974, abbattuto Caetano, il successore  di Salazar, da un colpo di stato dell'esercito, le bandiere nere e rosse dell'anarco-sindacalismo riappaiono in Portogallo. Quando, per iniziativa del leader stalinista del p.c. portoghese Alvaro Cunhal viene formato il sindacato unico per legare la classe operaia all'apparato statale, gli anarchici chiedono la costituzione di «commissioni di ricostruzione sindacale» in tutte le aziende. "A Batalha" il 21settembre 1974 riprende le pubblicazioni (prima quindicinale, poi settimanale) polemizzando con l'impostazione verticistica di Cunhal e dei militari e sostenendo il progetto di una società autogestita e  federalista. 




FIRE AND RAIN – James Taylor

Solo ieri mattina mi hanno fatto sapere che eri sparita

Suzanne, i piani che hanno fatto ti hanno messo fine

Sono uscito stamattina e ho scritto questa canzone

Non riesco proprio a ricordare a chi mandarla

Ho visto il fuoco e ho visto la pioggia

Ho visto giornate soleggiate che pensavo non sarebbero mai finite

Ho visto momenti di solitudine in cui non riuscivo a trovare un amico

Ma ho sempre pensato che ti avrei rivisto

Gesù, guarda in basso verso di me

Devi aiutarmi ad essere forte

Devi solo sostenermi un altro giorno

Il mio corpo è dolorante e il mio tempo sta finendo

E non ce la farò in nessun altro modo

Ho visto il fuoco e ho visto la pioggia

Ho visto giornate soleggiate che pensavo non sarebbero mai finite

Ho visto momenti di solitudine in cui non riuscivo a trovare un amico

Ma ho sempre pensato che ti avrei rivisto

Ho portato la mia mente a tempi felici, con la schiena rivolta al sole

Dio sa che quando il vento freddo soffierà ti farà girare la testa

Beh, ci sono ore passate al telefono a parlare del futuro

Sogni d’oro e macchine volanti a pezzi per terra

Ho visto il fuoco e ho visto la pioggia

Ho visto giornate soleggiate che pensavo non sarebbero mai finite

Ho visto momenti di solitudine in cui non riuscivo a trovare un amico

Ma ho sempre pensato che ti avrei rivisto

Ho pensato che ti avrei rivisto ancora una volta

ci sono solo un po’ di cose che mi accadono adesso

Pensavo che ti avrei visto, pensavo che ti avrei visto, fuoco e pioggia, ora




Viviamo oggi un tempo di transizione

La pura e semplice consapevolezza di poter cambiare il mondo è più importante di qualsiasi altra risorsa: è la più difficile da acquisire e condividere, ma anche la più essenziale. Appoggiare un rappresentante politico, un programma sociale o un'ideologia radicale vi servirà a poco se non conoscete la vostra stessa forza. L'autodeterminazione comincia e finisce con le vostre iniziative e con le vostre azioni, sia che viviate sotto un regime totalitario sia sotto la volta di una foresta pluviale. Va costruita giorno per giorno, reagendo al mondo che agisce su di voi, e non importa se questo significa darvi malati ai lavoro quando c'è una bella giornata, creare un giardino di quartiere con gli amici o far cadere un governo. Non potete fare una rivoluzione che ripartisca equamente il potere se non imparate in prima persona a esercitarlo e condividerlo. E l'atto stesso di esercitare e condividere, a qualsiasi livello, costituisce di per sé il continuo e mai concluso progetto di rivoluzione.


giovedì 11 aprile 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XV

1918 

6 novembre - Si fermano i cantieri navali e le fabbriche di Kiel e di Amburgo. Soldati e marinai iniziano la rivolta. Sulle navi da guerra viene issata la bandiera rossa. Liberati i detenuti, destituiti gli ufficiali, i poteri passano ai Consigli degli operai e dei soldati. L'ammutinamento dei marinai di Kiel è come un segnale: tre giorni dopo insorge Berlino, poi tutta la Germania. La carica di cancelliere passa al socialista di destra Ebert, che col ministro della difesa Noske (anche lui socialdemocratico) reprimerà la rivolta nel gennaio 1919, sterminando gli spartachisti guidati da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. 

7 novembre - Scoppia la rivoluzione in Baviera al primo anniversario della Rivoluzione bolscevica. L'anarchico Gustav Landauer viene chiamato a Monaco dal suo amico Kurt Eisner, socialista, presidente della  neonata repubblica. Con Erich Miihsam  e Ernst Toller, Landauer si batte per dar vita ai consigli dei lavoratori, alle cooperative autogestite e autonome. 

11- novembre - Fine della prima  guerra mondiale. La casta militare germanica preferisce affrontare il «fronte interno». - Si rafforza e diffonde il movimento dei contadini rivoluzionari iniziato a Gulae-Pole da Nestor Makhno e che da lui prende il nome di makhnovéina  (gennaio 1918 - agosto 1921). Gulae-Pole (dove Makhno è nato nel 1889 da poverissima famiglia) è una cittadina di circa 30 000 abitanti, con diverse fabbriche. La produzione e il commercio dei cereali hanno favorito l'uso di manodopera salariata e di macchine al posto dei servi (nel corso dell'Ottocento questi contadini hanno resistito, facendo anche ricorso alla violenza, alla diffusione della servitù). La

zona differisce sia dall'Ucraina orientale, più industrializzata e già penetrata dalla propaganda bolscevica assai influente tra i lavoratori urbani, sia dall'Ucraina occidentale, più agricola, ove più della metà della popolazione era in servitù fino al 1861. - Per 7 mesi, dal novembre 1918 al giugno 1919 la regione controllata da Makhno all'est del Dnieper non viene raggiunta né dai Bianchi né dai Rossi. L'associazione dei contadini di Gulae-Pole s'impadronisce delle terre dei latifondisti e le distribuisce tra i contadini poveri. Vengono fondate comuni a partecipazione volontaria con 100-300 membri. Gli operai gestiscono le piccole fabbriche e i cereali sono scambiati con i manufatti delle città. Per difendere questa piccola società anarchica Makhno organizza unità guerrigliere a cavallo capaci di grande mobilità e dotate di mitragliatrici montate su piccoli carri trainati da cavalli (tacanki). I guerriglieri possono riunirsi e disperdersi con grande rapidità tra i contadini che li avvertono in caso di attacchi controrivoluzionari. I comandanti sono in maggioranza contadini, ma non mancano gli operai e qualche rarissimo intellettuale. Alla fine del 1919, momento di maggiore diffusione del movimento makhnovista, gli effettivi dell'armata anarchica superano le 50 000 unità, che dispongono di armi strappate al nemico, compresi cannoni, treni e autoblinde. Dal 1917 al 1921 la bandiera nera dell'anarchia lotta contro le truppe di occupazione austriaco-tedesche e le armate bianche di Denikin, Skoropadskij, Petliura e Wrangel, al fianco dei bolscevichi, e sventola libera al vento proteggendo i contadini liberati dal lavoro  salariato. Sorgono le Comuni agricole e i Soviet dell'Ucraina. La makhnovéina,  forza di combattimento autonoma, funziona come una «repubblica di tacanki». Essa si rifiuta di accettare la cessione dell'Ucraina all'Austria-Ungheria (che i bolscevichi avevano dovuto subire col trattato-capestro di Brest-Litovsk). In diverse occasioni Makhno collabora con i bolscevichi per respingere l'invasione dei russi bianchi, e nell'autunno del 1919 darà un contributo fondamentale alla sconfitta del generale Denikin che avanzava al nord. Dopo averlo dichiarato fuorilegge in gennaio, ai primi di ottobre del 1920 il governo bolscevico conclude un accordo con Makhno stabilendo di liberare gli anarchici arrestati in Ucraina e di riconoscere loro la libertà d'azione. Ma profonde restano le differenze di metodo, di ideologia, di pratica politica e sociale.




MATTINA DI PRIMAVERA – Eldar Akhadov

Quando le foreste si stagliano nell’aria,

Colpi e crepe trafiggono il cielo

Nella pallida nebbia, appaiono i contorni

E le voci della foresta si risvegliano

E sono previsti miracoli continui:

Delizia di rondini e lamento di torrenti!

In quel grigio, grigio, in quel fumo lilla

L’inizio della vita, una spiegazione per tutto.

Brilla un mondo intero, splendente e sveglio!

E verrà la notte  e la attraverseremo ora per ora

Di nuovo vola nell’oscurità ingannevole

Dove i suoni sono spettrali, ma ogni odore squilla.


ECOLOGIA SOCIALE LIBERTARIA

Bookchin parte da una concezione ecologica più ampia, che riveste il sociale come il biologico: vede nella situazione del mondo oggi una crisi del rapporto uomo-natura di vasta portata, crisi dovuta soprattutto all'atteggiamento culturale che la nostra società ha rispetto alla natura che viene vista come puro oggetto, esteriorizzata, considerata un nemico da dominare e sfruttare. Questo atteggiamento non è altro che la trasposizione analogica del concetto di dominio dell'uomo sull'uomo che permea la nostra società. Quindi l'unica ecologia realmente possibile è quella che cambia radicalmente i rapporti sociali, che si pone da un punto di vista sociale in modo rivoluzionario poiché l'unica società ecologica è quella libertaria. La situazione odierna con i suoi disastri planetari (Bookchin ha citato solo alcuni casi particolarmente significativi: il disboscamento della foresta amazzonica e l'inquinamento oceanico che diminuiscono l'ossigeno; l'aumento dell'anidride carbonica, le migliaia di casi di abitazioni costruite su residui tossici che provocano malattie mortali e mutazioni genetiche) non può essere risolto solo dalla tecnologia, dalle macchine o da nuovi prodotti chimici; non si andrebbe certo alla radice del problema, anzi queste tecniche, senza dei principi libertari sono pericolose. Il problema non è creare satelliti artificiali per l'energia solare o nuovi strumenti sempre più complicati per risolvere i problemi dell'inquinamento, il punto è rivoltare la situazione, creare comunità a misura d'uomo dove tutti siano in grado di capire e quindi di decidere sui loro problemi, riprendersi in mano la vita, ricostruire uno spirito umano che non deleghi continuamente, ma partecipi attivamente. Oggi la nostra società sta riportando indietro l'evoluzione di milioni di anni, attraverso il cemento, i metalli. Coprendo il suolo e irradiandolo, stiamo creando un mondo sempre più inorganico; con un'agricoltura sempre più semplificata stiamo sostituendo ad habitat variati ecosistemi semplici, inadatti a forme di vita superiori: stiamo insomma creando un mondo per i microrganismi. Per Bookchin la soluzione non è tecnica, ma sociale: è solo attraverso cambiamenti molecolari della struttura sociale, con l'instaurarsi di una società diversa, che potremo operare un'inversione di tendenza. Questi sono i punti in cui Bookchin è più vicino a Kropotkin, sia per l'idea dell'industria decentralizzata, legata a comunità piccole in stretta relazione con la campagna, dove agricoltura e artigianato convivano, sia per l'idea di interazione tra lavoro manuale e intellettuale. In effetti gli esempi citati da Bookchin (orti sui terrazzi di alcuni ghetti, proposte di ristrutturazioni agricole) sono molto simili alle idee espresse da Kropotkin in Campi, fabbriche e officine. Inoltre Bookchin rivaluta, attraverso le ultime scoperte scientifiche, il mutuo appoggio di Kropotkin: l'importanza della simbiosi della natura oggi è considerata molto più valida rispetto alla lotta per la sopravvivenza cara alla scienza del XIX secolo. Per quanto riguarda il rapporto tra cultura e natura, Bookchin ritiene che l'uomo e la società fanno parte della natura. Noi siamo natura pensante, non possiamo estrarre l'umanità dalla natura: tra natura e cultura ci sarebbe un interscambio continuo che va scoperto, perché anche se il rapporto che l'uomo ha con l'ambiente è un rapporto culturale, questo rapporto poi produce un più alto grado di animalità. La difficoltà principale di questo dibattito è stabilire i significati dei due termini natura e cultura, ambedue così legati ai nostri schemi culturali. Per Bookchin la chiave di questo problema, come quello di una scienza diversa con nuovi fondamenti, sta proprio nell'approccio ecologico. È da qui che può nascere una nuova tecnologia. Se la tecnica è stata storicamente il dominio dell'uomo sull'uomo e dell'uomo sulla natura, questo non vuol dire che non possa esistere una tecnologia profondamente diversa. Anche perché accanto alla tecnica dominante è sempre esistita una tecnica fatta di piccole macchine e di piccoli strumenti, una tecnica con ritmi biologici e immaginazione artistica: una tecnica libertaria che si è sempre contrapposta alla tecnica dominante. Per capire meglio questo concetto, bisogna precisare che la tecnologia è definita in questo contesto nel modo più ampio comprendendo, oltre alle macchine e al loro uso, l'energia e i suoi mezzi di sfruttamento, la comunicazione, le interazioni tra le persone, l'organizzazione del lavoro e il rapporto uomo-natura. L'ecologia deve recuperare le tecniche libertarie, riportarle nella società: una tecnologia che non deve più essere strumento di pochi eletti, quasi fosse un rito misterioso, ma capacità di tutti. A dimostrare che questa è la strada giusta c'è proprio la scoperta e la critica che la borghesia fa oggi alla sua tecnica, non più funzionale. Tentativo di recupero da parte del potere che tende alla semplificazione e alla centralizzazione. Ma giunto alla scala mondiale deve reintrodurre la varietà e la diversificazione se vuole sopravvivere. Uno dei compiti principali dell'ecologia è quindi di non farsi strumentalizzare; bisogna essere coscienti e vigili perché senza una coscienza libertaria l'ecologia decade a puro ambientalismo. La via ecologica è la via degli orti al posto delle monoculture, dell'agricoltura organica, ma è anche la lotta contro l'espropriazione e lo sfruttamento; la lotta per la varietà e diversità in tutti i campi, la lotta per un'educazione diversa, perché gente controllata e mistificata può solo creare omogeneità, può solo autodistruggersi; un problema quindi sociale ed etico


giovedì 4 aprile 2024

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XIV

1917 

Giugno - Il programma di rivendicazioni del Comité Obrero (comitato operaio) della CNT, pubblicato da "Solidaridad Obrera" anticipa le realizzazioni dei Soviet russi. Mentre la febbre rivoluzionaria suscitata dagli eventi russi percorre la Francia e la Spagna, il Comité Obrero inizia la preparazione di uno sciopero generale insurrezionale, negozia con la borghesia liberale catalana un'alleanza politica e si prospetta il rovesciamento della monarchia. Il boom industriale e commerciale del tempo di guerra rinforza la borghesia soprattutto in Catalogna, ostile alla vecchia aristocrazia terriera e all'amministrazione regia, arcaica e non più funzionale allo sviluppo del capitale spagnolo. Si rafforza anche un proletariato vivace e combattivo, che non ha ancora avuto il tempo di formare un'aristocrazia operaia, di imborghesirsi. I bassi salari (un operaio guadagna in media 4 pesetas al giorno, equivalenti a tre quarti di  dollaro) provocano lotte per rivendicazioni economiche immediate, che si aprono però sempre più al problema della rivoluzione. La combattività aumenta, soprattutto a Barcellona; la CNT vede un afflusso di forze nuove nella sue file. L'animatore della Barcellona proletaria è Salvador Ségui, soprannominato affettuosamente Noy de Sucre: un coraggioso uomo politico che non ha nulla del politicante; un operaio forte e astuto, grande, attraente sotto la scorza dura, una sorta di Durruti. Ma il Comité Obrero non si pone i problemi nella loro dinamicità: la lotta comincia senza che i dirigenti prevedano fin dove sarebbe arrivata, senza un calcolo realistico delle conseguenze. In una certa misura tutto ciò è inevitabile, perché il Comité Obrero rappresenta una forza in ascesa, che non può restare inattiva. Inoltre, se Barcellona è matura per la rivoluzione libertaria, i legami col resto della Spagna sono ancora tenui. I repubblicani della Catalogna, guidati da Marcelino Domingo, contano sulla forza operaia per strappare alla monarchia una certa autonomia, pronti a ripiegare una volta soddisfatti i bisogni della borghesia. Ségui si rende conto del calcolo della borghesia catalana progressista, ma ha bisogno dei mezzi che essa possiede per iniziare la rivoluzione, della stampa per sostenerla, della rispondenza dell'opinione pubblica. Ségui un libertario di tipo nuovo, che si fa beffe della vecchia tradizione anarchica, ingenua e naturista, e che pone invece con forza e competenza i problemi  immediati  del salario, dell'organizzazione, degli affitti, del potere rivoluzionario. Alla metà di luglio squadre di militanti armati pattugliano la città. Ma all'ultimo momento i parlamentari catalani si spaventano e si ritirano dalla lotta; la folla attacca ugualmente, la Guardia civil carica, il Comité Obrero ordina la ritirata. 

9 luglio - la rivoluzione è vinta quasi senza combattimento. Una nuova insurrezione scoppia in agosto, questa volta con violenti scontri stradali. I morti sono oltre un centinaio da una parte e dall'altra. La lotta si spegne, ma l'avanzata rivoluzionaria della Catalogna non si ferma: riprenderà, vittoriosa, il 19 luglio 1936, con Durruti, con Ascaso, con Germinal Vidal e tutti i mille e mille eroici, oscuri militanti della CNT, della FAI, del POUM. 

12 luglio - Nel tentativo di spezzare uno sciopero nelle miniere metallifere dell'Arizona, le autorità deportano da Bisbee nel deserto del Nuovo Messico oltre 1200 Wobblies (lavoratori aderenti all'IWW). 


Agosto
- A Torino scoppia una rivolta contro la guerra. Per cinque giorni si hanno scontri tra gli operai e la popolazione da una parte e la polizia e l'esercito dall'altra. L'origine della rivolta è negli scioperi contro il carovita e per la pace che vengono proclamati nelle fabbriche torinesi. Nella repressione cadono centinaia di operai. Non si tratta di un fenomeno isolato: anche la Francia attraversa una crisi rivoluzionaria soffocata senza eccesso di repressione. In Champagne un'armata in aprile sta per marciare su Parigi; si hanno casi di ammutinamento di numerosi reggimenti, e cosi pure in tutti i paesi belligeranti: Il grande massacro, i gravi problemi economici e politici provocano fermenti violentissimi, ma l'entrata in guerra degli Stati Uniti (6 aprile) risolleva i militari alleati. In Francia (nel novembre) il potere è assunto dal risoluto bellicista Georges Clemenceau e l'esercito è affidato al generale Pétain. Nelle democrazie si formano governi di coalizione nazionale che imbrigliano i socialisti e catturano le masse con l'oppio dello spirito patrio; in  Germania invece si risponde al fermento con la dittatura militare e la militarizzazione delle industrie. Dappertutto, viene sospesa l'attività parlamentare, inasprita la censura e la lotta contro il «disfattismo». 

25 ottobre (7 novembre) - Occupazione del Palazzo d'inverno (sede del Governo Provvisorio di Aleksandr*Kerenskij) e di altri punti strategici di Pietrogrado da parte dei marinai e soldati rivoluzionari. Proclamazione del governo rivoluzionario (consiglio dei commissari del popolo) da parte del secondo congresso panrusso dei soviet. Lenin alla testa dello «stato operaio» e Trotzki commissario alla guerra cercano di riorganizzare su basi nuove la produzione, l'esercito, la vita sociale. La guerra civile scatenata dai reazionari russi e dalle democrazie occidentali contro il primo paese socialista finirà per costringere i due grandi rivoluzionari a gravi misure di carattere autoritario. La critica degli anarchici e di Rosa Luxemburg molto dura, pur riconoscendo che il merito di Lenin e di Trotzki è stato quello di comprendere che nessuna soluzione intermedia (del tipo «compromesso democratico» con Kerenskij), è possibile tra la dittatura reazionaria di un generale Kornilov e la dittatura rivoluzionaria dei soviet. 



UN GIORNO DA LEONI - Nanni Loy

La rivincita dell'ordinarietà: è questo il tema attorno a cui ruota Un giorno da leoni di Nanni Loy, che dà voce a un pugno di individui male in arnese ritrovatisi in una situazione più grande di loro

A Roma, dopo l’otto settembre del ’43, due amici, Danilo, studente universitario, e Michele, mite ragioniere, sono travolti dagli avvenimenti. Danilo cerca di sfuggire all’arruolamento, mentre il suo amico Michele, si avvia verso il nord col personale del ministero per lavorare con la Repubblica di Salò. Michele, per paura di essere trasferito in Germania, riesce però a tornare a Roma dove ha lasciato Ida, la ragazza che ama. Ma in città è sopraffatto dal timore e si unisce a Danilo in un improbabile tentativo di superare la linea gotica. Sul tram dei Castelli essi conoscono un giovane popolano, Gino, che si unisce a loro nella fuga quando il tram è fermato dai tedeschi. I tre riescono a porsi in salvo in una cantina che serve come rifugio ad un gruppo di militari datisi alla macchia, guidati da Orlando. Più tardi i militari (che hanno ormai accolto i tre fuggiaschi) sono raggiunti da Edoardo, un vecchio fuoriuscito comunista ora capo partigiano, e apprendono che il loro compito consiste nel far saltare un ponte sul quale passa la linea ferroviaria che fornisce le truppe tedesche. Il gruppo, che è riuscito a procurarsi l’esplosivo, si disperde quando Edoardo è arrestato dai tedeschi. Tornati a Roma, Michele, Danilo e Gino apprendono che Edoardo è morto raccomandando agli ex compagni il compimento dell’opera di sabotaggio. I tre, dopo aver subito una trasformazione che li ha maturati, si riuniscono ad Orlando e preparano il sabotaggio del ponte. L’azione riesce malgrado le difficoltà; ma nell’impresa Michele perde la vita, riscattando la propria inettitudine fisica con un atto eroico. Il sabotaggio è riuscito così bene che i repubblichini lo attribuiscono a paracadutisti americani. Nessuno saprà mai che un gruppo di uomini comuni ha saputo vivere il suo “giorno da leoni”. Film

del 1961 e prima pellicola "seria" di Nanni Loy dopo una serie di prove con tematica sentimental-brillante, "Un giorno da leoni" si inserisce nel filone di "revisionismo" della seconda guerra mondiale ed in particolare del periodo della resistenza che caratterizzò i primi anni Sessanta. A quindici anni dalla fine del conflitto e con una situazione economica più solida, l'Italia guarda di nuovo a quegli anni in maniera meno dolente; l'obiettivo principale però, nato soprattutto con l'apertura a sinistra da parte del governo, è il voler dimostrare alla popolazione che la guerra non è stata persa, che la partecipazione a fianco dei tedeschi è stata imposta da un regime male accettato e che comunque gli italiani hanno voluto e saputo ribellarsi soprattutto dopo l'armistizio dell'otto settembre e lo sfaldamento di ogni sicurezza. Il Film prodotto dalla Lux Film di Franco Cristaldi, racconta di quell'Italia che aveva difficoltà durante la guerra e lo fa con un soggetto scritto da Alfredo Giannetti e dal regista Nanni Loy, di 4 uomini che di per sé non sono eroi, ma il loro senso del dovere e della patria le faranno cambiare e fare quello che bisogna fare. Il loro obbiettivo e di raccontare una storia di uomini e descrivere l'Italiano di allora, e questi sono soprattutto Danilo e Michele, gli unici personaggi che capitano lì per caso, che sono uomini semplici e umili, e anche fifoni in alcune cose,ma dopo pronti al sabotaggio al ponte, con loro anche un disertore Gino Migliacci, che sposa la loro causa dopo essere scappato dall'arruolamento.



Islam e anarchismo

Anarchismo e Islam sono stati tradizionalmente considerati universi opposti e separati. Eppure, nella storia del pensiero islamico sono esistite, ed esistono tuttora, visioni sociali antiautoritarie e dichiaratamente anarchiche. La loro storia occupa un posto non solo minore, ma addirittura microscopico e sconosciuto nell’intero ventaglio dottrinale islamico. Cionondimeno si tratta di vere e proprie elaborazioni a livello esegetico, teologico ed esistenziale per le quali il messaggio islamico originario si fa portatore di istanze liberatrici in senso anarchico, ribaltando l’idea semplicistica e dominante che considera l’Islam una religione intrinsecamente rigida e dispotica. Visioni di cui lo stesso pensiero anarchico potrebbe beneficiare, tanto più se si tiene presente che uno degli impulsi maggiori dell’Islam è il tentativo di creare una religione non gerarchica. Un principio che da solo dovrebbe rendere gli anarchici più aperti a esplorare l’universo islamico. Al di là della frammentarietà cronologica e della eterogeneità contestuale nel quale il pensiero anarchico-islamico è stato formulato nel corso della storia, sono distinguibili due linee generali di unitarietà discorsiva. Da una parte l’incontro tra le due tradizioni di pensiero si concretizza attraverso una visione religiosa ascetica e mistica, portatrice di una pratica antinomista e individualista; dall’altra, una tendenza più comunitarista e pragmatica fornisce, attraverso un’esegesi delle fonti primarie (Corano e Hadith), gli elementi regolatori di una convivenza tra esseri umani fondata sulla cooperazione e sull’uguaglianza. Due visioni che, partendo dal totale diniego di qualsiasi tipo di autorità umana, presentano fondamentali visioni di libertà. Le pratiche ascetiche e antinomiste propongono la rottura di qualsiasi gerarchia sociale e di genere, in favore di un rapporto diretto con se stessi, con Dio e con la sua rivelazione. La loro utopia consiste nella liberazione da qualsiasi vincolo interiore ed esteriore, una lotta contro il dogmatismo religioso, morale e politico come via per la salvezza, portata avanti quotidianamente sia a livello sociale, negli atti di ribellione rispetto all’ordine costituito e nella rinuncia attiva a qualsiasi partecipazione con l’istituzione, sia a livello esistenziale. Si tratta di una sorta di antropocentrismo mistico, una liberazione materiale e spirituale, presente, seppure con le dovute differenze, nelle esperienze ascetiche dei dervisci e in quelle degli ismailiti di Alam?t, ma rintracciabile anche nella testimonianza di due anarchici musulmani contemporanei: Leda Rafanelli e Hakim Bey. Una visione naturale della società, in cui allo Stato viene sostituita la comunità, è ciò che invece accomuna intimamente alcuni pensatori musulmani anarchicheggianti vissuti nel nono secolo a Bassora (quattro esponenti della scuola mu’tazilita, e i membri della setta dei kharigiti najditi) alle esegesi anarchiche contemporanee di Abdennur Prado e Mohamed Jean Veneuse. Nella loro formulazione di anarchismo islamico si contempla l’idea che l’uomo possa vivere in completa uguaglianza e autonomia conducendo una vita libera da costrizioni sia a livello intellettuale sia a livello sociale. La comunità è pensata come un’unione acefala di individui, e l’immagine di una società giusta è accompagnata dallo sviluppo di un’atmosfera di armonia sociale in cui ognuno può soddisfare appieno le proprie necessità. Gli elementi islamici della shūra (consultazione), dello ijmā (consenso della comunità), della maslaha (interesse comune), del Ramadàn (il mese di digiuno) e della zakāt (quota che il musulmano deve versare alla comunità, volta a redistribuire la ricchezza tra le classi meno abbienti) acquistano un valore centrale nel regolare la vita in comune; e la ragione e l’ijtihād (lo sforzo interpretativo personale) fanno da arbitro all’interno di una società in cui l’elemento pluralista viene salvaguardato dal principio islamico dell’usul-alikhtilāf  (la legittimità del disaccordo tra i membri della comunità). Benché, dunque, in Occidente sia diffusa l’idea che nella religione islamica non vi sia niente di antiautoritario e libertario, le esperienze e le esegesi socio-religiose dei musulmani, e quindi ciò che essi trovano nelle fonti e nel messaggio della propria religione, sono una dimostrazione del contrario. Ragione per la quale l’anarchismo islamico cessa di essere un paradosso. E non solo costituisce una sintesi possibile, verificatasi storicamente, tra pensiero libertario e religione islamica, ma consegna all’ideale anarchico un’autorappresentazione rivoluzionaria da parte degli stessi musulmani. (Parissa Oskorouchi)