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giovedì 25 aprile 2024

Gli Anarchici e la resistenza

• 25 aprile 1945. I partigiani delle brigate anarchiche «Bruzzi-Malatesta» occupano la sede della RAI, allora EIAR, in corso Sempione a Milano. La Resistenza si fa Liberazione. O quantomeno così si pensa.

• Gli anarchici e la Resistenza. C’entrano, dunque? C’entrano eccome! C’entrano da molto prima della guerriglia partigiana del ’43-’45. C’entrano fin dal 1920, prima ancora che lo squadrismo si facesse governo e poi regime. Gli anarchici erano, all’epoca, una componente importante del movimento operaio. Il loro quotidiano, «Umanità Nova», tirava cinquantamila copie, non molto meno del socialista «l’Avanti» e del «Corriere della Sera». Influenzavano in modo determinante l’Unione Sindacale Italiana, che aveva centinaia di migliaia di iscritti ed il cui segretario era per l’appunto un anarchico, Armando Borghi. E anarchici erano molti leader sindacali dei marittimi, dei ferrovieri, dei metalmeccanici, dei braccianti.

• Nulla da stupirsi se gli anarchici hanno resistito o, meglio, se si sono attivamente opposti al fascismo fin dalle sue prime manifestazioni. Erano incompatibili. Libertari per definizione gli anarchici. Autoritario il fascismo. Egualitari gli anarchici, disegualitario e gerarchico il fascismo. Rivoluzionari gli anarchici, contro-rivoluzionario il fascismo. Gli anarchici: «Né servi né padroni». Il fascismo strumento di vecchi e nuovi padroni, ideologia di una servitù di massa.

• Gli anarchici resistono anche con le armi in pugno alla resistibile ascesa del fascismo. Gli Arditi del Popolo, ex combattenti organizzati per l’autodifesa popolare, sono essenzialmente appoggiati da anarchici e socialisti «massimalisti» e osteggiati ufficialmente dai partiti socialista e comunista. Gli Arditi si oppongono al terrorismo squadrista, spesso spalleggiato dai carabinieri. E più di una volta mettono in fuga carabinieri e fascisti. Come a Sarzana nel ’21. Come, sempre nel ’21, a Parma. A Parma l’insurrezione popolare contro i fascisti alza le barricate. Su una barricata, tenuta dagli anarchici, c’è anche un giovanotto di Carrara, Ugo Mazzucchelli, che ritroveremo vent’anni dopo a capo di una delle formazioni partigiane anarchiche. Non è l’unico nome che ritorna, in questa storia.

• Durante il ventennio continua senza tregua la lotta antifascista degli anarchici. Sia in Italia sia all’estero, in Francia soprattutto, dove emigrano a migliaia, per sfuggire alla repressione. In Italia testimonia della resistenza anarchica il numero dei loro confinati, ben superiore ai dati ufficiali perchè i tribunali fascisti tendono a etichettare gli anarchici come «comunisti».I libertari sono stati da un quarto ad un terzo di tutti gli antifascisti passati per il confino. Significativamente, gli anarchici non vennero mai ufficialmente liberati dal confino. Neanche dal governo Badoglio. Dal confino vennero dapprima liberati, nel luglio ’43, i «moderati», poi i socialisti e i comunisti. I più cattivi, gli anarchici, per lo più segregati nell’isola di Ventotene, vengono trasferiti nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari, in provincia di Arezzo, dove erano rinchiusi i prigionieri di guerra slavi e albanesi. L’otto settembre, tuttavia, i carcerieri se la squagliano e anche gli anarchici sono liberi. Direttore delle guardie a Ventotene è un certo Marcello Guida. Un’altro nome che ritorna. Nel dicembre 1969 è questore di Milano. È lui che, mentendo, dichiara suicida il defenestrato Giuseppe Pinelli.

• Testimonianza della lotta antifascista degli anarchici in Italia è anche la serie di attentati – purtroppo falliti – al «Duce». Anteo Zamboni, Michele Schirru, Angelo Sbardellotto, Gino Lucetti… Tutti uccisi. Lucetti era un giovane carrarino. Da lui prese nome la prima formazione partigiana libertaria attiva a Carrara.

• Anche nell’esilio i «fuoriusciti» anarchici continuano la lotta contro il fascismo, soprattutto a sostegno finanziario e logistico della resistenza interna. Ma è anche di straordinario rilievo la partecipazione di centinaia di esuli libertari italiani alla Guerra Civile spagnola del 1936. Tra i primi, con la colonna Rosselli, ad accorrere al richiamo della Rivoluzione sociale e della solidarietà internazionale antifascista.


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