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giovedì 4 aprile 2024

Islam e anarchismo

Anarchismo e Islam sono stati tradizionalmente considerati universi opposti e separati. Eppure, nella storia del pensiero islamico sono esistite, ed esistono tuttora, visioni sociali antiautoritarie e dichiaratamente anarchiche. La loro storia occupa un posto non solo minore, ma addirittura microscopico e sconosciuto nell’intero ventaglio dottrinale islamico. Cionondimeno si tratta di vere e proprie elaborazioni a livello esegetico, teologico ed esistenziale per le quali il messaggio islamico originario si fa portatore di istanze liberatrici in senso anarchico, ribaltando l’idea semplicistica e dominante che considera l’Islam una religione intrinsecamente rigida e dispotica. Visioni di cui lo stesso pensiero anarchico potrebbe beneficiare, tanto più se si tiene presente che uno degli impulsi maggiori dell’Islam è il tentativo di creare una religione non gerarchica. Un principio che da solo dovrebbe rendere gli anarchici più aperti a esplorare l’universo islamico. Al di là della frammentarietà cronologica e della eterogeneità contestuale nel quale il pensiero anarchico-islamico è stato formulato nel corso della storia, sono distinguibili due linee generali di unitarietà discorsiva. Da una parte l’incontro tra le due tradizioni di pensiero si concretizza attraverso una visione religiosa ascetica e mistica, portatrice di una pratica antinomista e individualista; dall’altra, una tendenza più comunitarista e pragmatica fornisce, attraverso un’esegesi delle fonti primarie (Corano e Hadith), gli elementi regolatori di una convivenza tra esseri umani fondata sulla cooperazione e sull’uguaglianza. Due visioni che, partendo dal totale diniego di qualsiasi tipo di autorità umana, presentano fondamentali visioni di libertà. Le pratiche ascetiche e antinomiste propongono la rottura di qualsiasi gerarchia sociale e di genere, in favore di un rapporto diretto con se stessi, con Dio e con la sua rivelazione. La loro utopia consiste nella liberazione da qualsiasi vincolo interiore ed esteriore, una lotta contro il dogmatismo religioso, morale e politico come via per la salvezza, portata avanti quotidianamente sia a livello sociale, negli atti di ribellione rispetto all’ordine costituito e nella rinuncia attiva a qualsiasi partecipazione con l’istituzione, sia a livello esistenziale. Si tratta di una sorta di antropocentrismo mistico, una liberazione materiale e spirituale, presente, seppure con le dovute differenze, nelle esperienze ascetiche dei dervisci e in quelle degli ismailiti di Alam?t, ma rintracciabile anche nella testimonianza di due anarchici musulmani contemporanei: Leda Rafanelli e Hakim Bey. Una visione naturale della società, in cui allo Stato viene sostituita la comunità, è ciò che invece accomuna intimamente alcuni pensatori musulmani anarchicheggianti vissuti nel nono secolo a Bassora (quattro esponenti della scuola mu’tazilita, e i membri della setta dei kharigiti najditi) alle esegesi anarchiche contemporanee di Abdennur Prado e Mohamed Jean Veneuse. Nella loro formulazione di anarchismo islamico si contempla l’idea che l’uomo possa vivere in completa uguaglianza e autonomia conducendo una vita libera da costrizioni sia a livello intellettuale sia a livello sociale. La comunità è pensata come un’unione acefala di individui, e l’immagine di una società giusta è accompagnata dallo sviluppo di un’atmosfera di armonia sociale in cui ognuno può soddisfare appieno le proprie necessità. Gli elementi islamici della shūra (consultazione), dello ijmā (consenso della comunità), della maslaha (interesse comune), del Ramadàn (il mese di digiuno) e della zakāt (quota che il musulmano deve versare alla comunità, volta a redistribuire la ricchezza tra le classi meno abbienti) acquistano un valore centrale nel regolare la vita in comune; e la ragione e l’ijtihād (lo sforzo interpretativo personale) fanno da arbitro all’interno di una società in cui l’elemento pluralista viene salvaguardato dal principio islamico dell’usul-alikhtilāf  (la legittimità del disaccordo tra i membri della comunità). Benché, dunque, in Occidente sia diffusa l’idea che nella religione islamica non vi sia niente di antiautoritario e libertario, le esperienze e le esegesi socio-religiose dei musulmani, e quindi ciò che essi trovano nelle fonti e nel messaggio della propria religione, sono una dimostrazione del contrario. Ragione per la quale l’anarchismo islamico cessa di essere un paradosso. E non solo costituisce una sintesi possibile, verificatasi storicamente, tra pensiero libertario e religione islamica, ma consegna all’ideale anarchico un’autorappresentazione rivoluzionaria da parte degli stessi musulmani. (Parissa Oskorouchi)


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