La storia da sempre si identifica col potere. L’anarchismo che propone la negazione di qualsiasi autoritarismo attraverso un rifiuto profondo della forza sia a livello sincronico che diacronico, presuppone la libertà come valore, come disposizione mentale, prima ancora che come possibilità comportamentale; in tal senso esso si colloca automaticamente fuori dalla storia per sfumare spesso nella dimensione utopica. Nonostante ciò una simile dinamica non relega il pensiero anarchico nella sfera dell’impossibile, in un altrove sociale che sfugga il tempo e lo spazio reali (come invece accade nei racconti fantastici dei viaggi immaginari tipici del diciottesimo secolo e caratterizzati per questo motivo da una narrazione-finzione), ma anzi lo rende desiderabile a tutti coloro che vorrebbero sperimentare una storia alternativa credendo intensamente alla possibilità concreta della trasposizione del sogno della Libertà nella pratica della Libertà.
L’Uomo crea la Storia a sua misura ed elabora lentamente e a fatica la sua stessa felicità, il suo adattamento ad una dimensione sociale più vivibile che esula dall’attuale eccessivo ricorso alla simbologia. Quest’ultima, unita al superamento o meglio al cambiamento di prospettiva relativo alle contraddizioni che il progresso tecnologico ha prodotto, segna secondo Crespi la crisi definitiva dell’utopia. A queste tematiche unirei anche una modificata concezione del potere stesso. Con ciò non intendo dire che l’essenza del potere sia cambiata; sono cambiate le relazioni, i rapporti autoritari molto meno diretti e più difficilmente individuabili, perché spesso invisibili. Oggi è più difficile colpire o contrastare o anche semplicemente criticare il potere perché esso sfugge al nostro controllo in quanto è divenuto funzione dell’ampiezza della zona d’incertezza che l’imprevedibilità del comportamento permette di regolare di fronte agli altri partner della relazione di forza. Non si tratta tuttavia di qualsiasi zona d’incertezza ma di quella pertinente rispetto al problema che si affronta e agli interessi in causa. Il potere oggi dipende essenzialmente dal gioco strategico degli attori, dalla loro capacità di manipolazione della prevedibilità del proprio e dell’altrui comportamento. Potere significa conoscenza anticipata delle azioni dell’avversario e mantenimento di un’ampia zona d’indecifrabilità relativa alla propria condotta. Viene a mancare l’identificazione immediata del centro di potere e dunque il processo di critica dello stesso diviene più lungo, difficile e dispendioso.
e.
Nessun commento:
Posta un commento