I Cannibali è la terza opera di Liliana Cavani, realizzata nel '70 che attualizzò, interpretandola, la tragedia "Antigone" di Sofocle. Essa mostrò infatti di voler oltrepassare la semplice enunciazione filosofica del problema del rapporto tra l'uomo e la Trascendenza, per giungere a calarlo in una dimensione persino psicologica dell'uomo-individuo e della società. Tema di fondo fu l'origine spiritualista della rivolta contro il disumano apparato del potere, ma l'opera continuò poi con l'infierire sull'alleanza tra chiesa, polizia e capitale, emblema e strumento delle forze detenenti il potere nel mondo occidentale cristiano. Lontano da una collocazione spazio-temporale immediatamente riconoscibile, sebbene la rivolta e la conseguente repressione siano ovviamente avvicinabili agli avvenimenti del ’68, la regista esaspera il contrasto tra l’Individuo e lo Stato e ne assolutizza i termini. L’architettura stessa della città, con le sue vie tentacolari costantemente sorvegliate, i quartier generali, le prigioni, i manicomi, è filmata come una proiezione della morsa dello Stato di polizia che si chiude fatalmente sui due ribelli e sul loro tentativo di ripristinare uno stato di Natura non normalizzato o politicamente plasmabile. I cannibali che aspirano a una purezza primitiva finiscono fagocitati da un sistema che si nutre del sangue dei ribelli perché, come asseriscono gli ambigui plutocrati che tentano di suggestionare Antigone, ogni potere ha un senso solo se c’è qualcuno che vuole rovesciarlo, e qualora non disponesse di un nemico reale, ne creerebbe uno immaginario contro cui combattere per riaffermare se stesso.
La diversità di Antigone sta nel suo rendersi estranea, sia al Potere sia alla contestazione, con Tiresia inizieranno un nuovo linguaggio ma anche un differente modo di resistenza. Antigone si farà spazio, seguendo l’esempio di Tiresia, tra le sovrastrutture della società, approdando ad uno stato naturale e ancestrale di esistenza; cercherà in se stessa «la propria natura animale, a lungo repressa da una educazione assurda e infausta» Pian piano si sbarazzerà delle leggi dello Stato, dell’educazione repressiva, della codificazione linguistica, e quindi della parola, della famiglia, ecc. Non approda però alla contestazione perché si tiene distante dalla ribellione politica codificata e collettiva. La sua ribellione, carica di una violenza arcaica, benché sia una disobbedienza civile, è un gesto etico e politico, che passa però attraverso un atto personale: spetta al singolo farsi carico del fardello dei morti. Antigone combatte come singola per la propria coscienza.
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