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giovedì 20 novembre 2014

L’obiettivo della rivoluzione

Diversi milioni di uomini vivevano in un immenso fabbricato senza porte né finestre. Innumerevoli lampade ad olio con la loro debole luce rivaleggiavano con le tenebre che dominavano in permanenza. Com’era usanza, fin dalla più saggia Antichità, la loro manutenzione incombeva ai poveri, cosicché il corso dell’olio combaciava fedelmente con il corso sinuoso della rivolta e della bonaccia. Un giorno scoppiò un’insurrezione generale, la più violenta mai conosciuta da questo popolo. I capipopolo esigevano una giusta ripartizione delle spese di illuminazione; un gran numero di rivoluzionari rivendicavano la gratuità di quello che chiamavano un servizio di utilità pubblica; alcuni estremisti giungevano fino a reclamare la distruzione di una dimora che si sosteneva essere insalubre e inadatta alla vita comune. Come di consueto, i più ragionevoli si trovarono disarmati di fronte alla brutalità della lotta. Nel corso di uno scontro particolarmente vivo con le forze dell’ordine, un obice mal diretto sventrò il muro di cinta, aprendovi una breccia attraverso la quale si riversò la luce del giorno. Passato il primo momento di stupore, questo afflusso di luce fu salutato con grida di vittoria.
La soluzione fu immediata, bastava ormai spianare altre brecce. Le lampade furono gettate fra i rifiuti o relegate nei musei, e il potere toccò agli apritori di finestre. I sostenitori di una distruzione radicale furono dimenticati e la loro stessa liquidazione discreta passò, sembra, quasi inosservata. (Ci si disputava sul numero e la disposizione delle finestre). Poi i loro nomi tornarono alla memoria, uno o due secoli più tardi, quando, assuefatto a vedere grandi pareti vetrate, il popolo, questo eterno scontento, si mise a sollevare stravaganti questioni. “Trascinare l’esistenza in una serra climatizzata, è vita questa?” domandava.
Nel rispetto comune della funzione dirigente, le forze antagoniste hanno continuato ad alimentare i germi della loro coesistenza futura. Quando il capogioco prende il potere di un capo, la rivoluzione muore con i rivoluzionari. La terza forza quella non catalogata radicalizza le contraddizioni e le porta al superamento, in nome della libertà individuale e contro tutte le forme di costrizione. Il potere non ha altra risorsa che quella di soffocare o di recuperare la terza forza senza riconoscerne l’esistenza.  

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