Translate

giovedì 6 novembre 2014

Appunti per una teoria sovversiva

Lo sviluppo della teoria-pratica sovversiva necessita di una responsabilità mutuale di ogni singolo soggetto e non dell’appartenenza ad una Organizzazione partitica anche extra-istituzionale.
La liquidazione dell’oggetto Organizzazione è un momento irrinunciabile per la creazione dell’organizzazione reale: l’autogestione completa della lotta.
I metodi della lotta devono essere valutati in base alle caratteristiche del nemico.
L’amministrazione capitalista non può che concepire che un antagonista a sé speculare: gerarchizzando l’eversività insorgente, cerca di recuperarla e riportarla a parametri per lei comprensibili e gestibili.
I funzionari del Capitale sono incapaci di reprimere un movimento reale che non prende ordini da nessun altro che da se stesso, che si sviluppa in modo rizomatico, senza alcuna direzione suprema, che sfugge al controllo in quanto rompe con la ritualità dell’agire ideologico.
Uscire dalle prigioni ideologiche significa lottare per la comunicazione reale, non mediata in cui riconoscersi e riconoscere i propri desideri, le proprie capacità creative (distruttive della ricreazione e della ripetitività), rompere il muro di parole-immagini che incatena il corpo nella gabbia mistificatoria del linguaggio stereotipato.
I sensi risvegliati, l’intuizione, l’imprevedibilità uniti alla lucidità dell’analisi e alla puntualità della critica sono gli ingredienti del cocktail esplosivo che abbatte i muri che ci separano dalla libertà.
Ognuno faccia la sua scelta: o auto-blindarsi nello spettacolo della propria sopravvivenza o espandersi, riscoprendo la comunicazione, l’erotismo, il piacere (l’autogestione complessiva e generalizzata).
Ad ognuno ritrovarsi sul terreno dell’insofferenza e della progettualità comune, ad ognuno praticare ciò che è irriducibile al dominio della società dello spettacolo neomoderno: l’avventura appassionante della vita contro la follia inanimata del Capitale. 

Nessun commento:

Posta un commento