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giovedì 4 dicembre 2014

NEL REGNO DEL CONSUMO

Nel regno del consumo, il cittadino è re. Una regalità democratica: uguaglianza davanti al consumo, fratellanza nel consumo, libertà secondo il consumo. La dittatura del consumabile ha completato la liquidazione delle barriere di sangue, di lignaggio o di razza; converrebbe rallegrarsene senza riserve se con la logica delle cose essa non avesse bandito ogni differenziazione qualitativa, per non tollerare fra i valori e le persone che delle differenze di quantità.
Tra chi possiede molto e chi possiede poco, ma sempre di più, la distanza non è cambiata, ma i gradi intermedi si sono moltiplicati, in qualche modo avvicinando gli estremi, dirigenti e diretti, a uno stesso centro di mediocrità. Essere ricchi si riduce oggi a possedere un gran numero di oggetti poveri.
I beni di consumo tendono a non avere più valore d’uso. La loro natura è di essere consumabili ad ogni prezzo. E come spiegava molto sinceramente il generale Dwight Eisenhower, l’economia attuale non può salvarsi che trasformando l’uomo in consumatore, identificandolo alla più grande quantità possibile di valori consumabili, vale a dire di non-valori o di valori vuoti fittizi, astratti. Dopo essere stato il capitale più prezioso, secondo la felice espressione di Stalin, l’uomo deve divenire il bene di consumo più apprezzato.
L’immagine, lo stereotipo della vedette, del povero, del comunista, dell’omicida per amore, dell’onesto cittadino, del ribelle, del borghese, si appresta a sostituire all’uomo un sistema di categorie meccano-graficamente ordinate secondo la logica irrefutabile della robotizzazione. Già la nozione di teen-ager tende a confondere l’acquirente al prodotto acquistato, a ridurre la sua varietà a una gamma variata ma limitata di oggetti da vendere. Non si ha più l’età del cuore o della pelle, ma l’età di ciò che si acquista. Il tempo di produzione che, si diceva, è denaro, si avvia a diventare, misurandosi al ritmo di successione dei prodotti acquistati, usurati, buttati, un tempo di consumo e di consunzione, un tempo di invecchiamento precoce, che è l’eterna giovinezza degli alberi e delle pietre.
Lavorare per sopravvivere, sopravvivere consumando e per consumare, il ciclo infernale si è chiuso. Sopravvivere è nel regno dell’economismo, insieme necessario e sufficiente. È la verità prima che fonda l’era borghese. Ed è vero che una tappa storica fondata su una verità così antiumana non può che costituire una tappa di transizione, un passaggio dalla vita oscuramente vissuta dei signori feudali alla vita razionalmente e passionalmente costruita dei signori senza schiavi. Restano non molti anni per impedire che l’era transitoria degli schiavi senza padroni duri due secoli.

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