La ribellione degli studenti contro la gerarchia universitaria e suoi strumenti (ruoli, gradi accademici, strutture didattiche-disciplinari e amministrative, ecc.) si fonda su una “formulazione nuova sul concetto di uomo” in quanto convivente come singolo con gli altri, in spirito e in realtà di eguaglianza senza privilegio, per nessuno, di sfruttamento di potere, di giudizio. Quindi può è deve affermarsi come “rivolta contro tutto il sistema sociale basato sulla gerarchia e sulla dittatura imperialistica dell’economia o degli Stati”.
Tale ribellione può avere valore solo se si esprime come “rivoluzione contro la colonizzazione dell’uomo” attualmente programmata a livello totale e planetario dell’imperialismo produttivistico-militare (così nella versione del neocapitalismo occidentale come in quella del neocapitalismo statalsocialista) per mezzo, non delle volontà, e delle intenzioni popolari ma di quelle molto meno umanistiche e interessate, delle gerarchie economico-militari, delle burocrazie politiche e statali, dei privilegi psicopedagogici ecclesiastici, mediante l’uso di strumenti tradizionali riformati, cioè adattati alle nuove dimensioni del potere, quali sono le polizie, il sistema elettorale, il sistema fiscale, le associazioni gregarie e sindacali, gli apparati educativi e istituzionali, il sistema generale di produzione e di consumo.
Tale ribellione può avere “valore rivoluzionario” tanto a livello tattico, come azione autonoma e provvisoriamente settoriale (aperta esclusivamente agli studenti) quanto a livello strategico, se e nella misura in cui gli studenti si rendono conto che i loro interessi coincidono con quelli di tutti i colonizzati non solo e non prevalentemente dei colonizzati dei paesi del Terzo Mondo, ma di quelli che soggiacciono, all’est e all’ovest, alla gerarchia del lavoro alienato e alle strutture istituzionalizzate del capitale, privatistico o statale.
Tale ribellione perciò e politicamente e programmaticamente concepita come lotta non solo contro le strutture sia tradizionali che moderne, dall’imperialismo produttivistico occidentale e orientale, ma anche contro qualsiasi mistificazione di parte socialista, del sindacalismo e del partitismo operaistico e classista, e contro qualsiasi mistificazione di parte religiosa, della carità interclassista pro e previdenziale di marca ecumenica e curiale.
Il rifiuto sistematico e metodologico di qualsiasi riconoscimento del potere dei suoi organi non solo come controparte, ma anche come strumento di forza da conquistare per produrre il crollo della vecchia società e l’organizzazione della nuova, conferisce alla ribellione studentesca il carattere rivoluzionario di “avanguardia anarchica” e di “guerriglia anarchica di liberazione” sia pure concepita se l’intelligenza degli avversare lo consente, come “guerriglia disarmata”; nello stesso tempo rende ancora utilizzabile e ripropone come modello grezzo di struttura sociale alternativa la “Comune di Parigi”. (…)
(La Federazione Anarchica Giovanile Italiana(Fagi),
“Umanità Nova” del 16/3/1968)
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