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giovedì 21 febbraio 2019

Le rivolte e le lotte nelle carceri italiane nel biennio 1971-72 (Capitolo III)

4 agosto: LA SPEZIA. Protesta di centosessantaquattro detenuti. Motivi: disagio derivante da sovraffollamento, caldo, riforma dei codici, migliore trattamento. Metodo di lotta: asserragliati per tre ore nel salone T.V., battono con forza sulle sbarre delle finestre per richiamare l’attenzione dei passanti. Il sostituto procuratore della repubblica, dottor B., ha preso atto delle richieste; i detenuti annunciano uno sciopero della fame in massa in caso non si manterranno gli accordi.
8 agosto: TRAPANI, CARCERE GIUDIZIARIO. Nella notte trenta detenuti si impadroniscono del carcere e incendiano tutto, fuorché i muri e le sbarre! Dopo una durissima repressione, durata tutto il giorno, sono trasferiti in altre carceri siciliane.
12 agosto: PISA, CARCERE GIUDIZIARIO. Cinquanta detenuti in “transito” si rivoltano, danno fuoco ai pagliericci per protesta, demoliscono alcune tramezze divisorie. Motivo: i continui trasferimenti lontano dai luoghi di provenienza, e quindi dalle famiglie, avvocati, eccetera.
18 agosto: PAVIA, CARCERE GIUDIZIARIO. Quattro giovani, accusati di furto, si barricano in cella per molte ore, per protesta contro la carcerazione preventiva. Anche tre giorni prima altri tre si sono barricati in cella per gli stessi motivi.
14 settembre: FIRENZE, LE MURATE. Proteste, scontri tra guardie e detenuti.
17 settembre: BRESCIA, CARCERE DI CANTON MOMBELLO. Tra le venti e trenta e le otto, duecento detenuti “riformano” in modo concreto il carcere, sfasciando tutto quello che puzza di repressione e di fascismo: uffici, infissi, biblioteca, cappella, eccetera. In venti riescono a salire sui tetti, da dove gridano slogan contro la P.S., i secondini, la magistratura, e cercano di spiegare ai passanti le ragioni della rivolta. Dalle centinaia di C.C. e di P.S. che circondano l’edificio, all’ordine del questore M., partono grappoli di lacrimogeni e numerose raffiche di mitra. Due detenuti sono colpiti, di cui uno, M. P., trentacinque anni, di Broni, che la stampa dice ferito “misteriosamente” da un proiettile vagante, è ricoverato a Milano in gravissime condizioni. Nel pomeriggio sessanta detenuti sono trasferiti in altre carceri, un gruppo nelle famigerate galere della Sardegna, dove normalmente, dopo ogni rivolta, i presunti “capi” vengono inviati per essere massacrati nel fisico e nel morale.
7 ottobre: BARI, CARCERE PER MINORI. Rivolta e fuga di dieci reclusi.
8-13 dicembre: MILANO, SAN VITTORE. Mille detenuti su milleduecento proclamano lo stato di agitazione alle “lavorazioni”, si rifiutano di obbedire agli orari del carcere, prolungando a piacere la “passeggiata”, si riuniscono in assemblee di raggio, attuano uno sciopero della fame di un giorno, presentano e ottengono diverse richieste, riguardanti sia le condizioni materiali sia la normativa interna (colloqui, abolizione della censura sulla stampa).
15 dicembre: REGGIO CALABRIA, CARCERE DI CINQUEFRONDI. Protesta di cinque ore di ventun detenuti contro i continui trasferimenti. L’occasione è data dal trasferimento di tre detenuti in carceri lontane, dove verrebbe a mancare l’assistenza legale e dei familiari. I detenuti ammassano letti, coperte e tutte le suppellettili contro il cancello all’atrio del carcere. I trasferimenti rientrano, con l’impegno che non ce ne saranno altri preso dalla procura della repubblica di Palmi.
15 dicembre: CALTANISSETTA, CARCERE MINORILE DI SAN CATALDO. Otto ragazzi ingoiano per protesta chiodi, pezzi di vetro, viti e piastrine. Si tratta di un gruppo di “rivoltosi” trasferiti dal minorile di Catania, dopo le ripetute rivolte avvenute in quel carcere. Tra l’altro a Catania era già stata attuata una protesta analoga: settanta ragazzi avevano ingoiato chiodi e pezzi di ferro per richiamare l’attenzione sulle condizioni bestiali in cui erano costretti a vivere. Le carceri per minori sono tremende, e quello che è gravissimo, ma che pochi conoscono, è che l’85 per cento dei reclusi sono figli di disoccupati, o orfani, che non trovano posto presso enti assistenziali (buoni questi!), oppure minorati fisici, “subnormali”, come Fortunato Patti, ragazzo assassinato l’11 dicembre in una cella di rigore dell’istituto di Pedara (Catania) e occultato in un bosco vicino. 

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