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giovedì 7 febbraio 2019

MILANO CALIBRO 9 di Fernando Di Leo

Milano, anni ’70. Un uomo, Ugo Piazza, esce dal carcere con il pretesto di ricostruirsi una vita e stare alla larga dalla vita criminale. Dopo una condanna di tre anni di carcere a causa di una rapina può finalmente tornare in libertà. Tuttavia all’uscita del carcere lo aspetta Rocco Musco, un altro criminale con cui aveva dei conti aperti da prima di entrare in carcere. Piazza, infatti, è l’unico corriere sopravvissuto a un passaggio di denaro finito male e Musco lo accusa di essersi appropriato di questi soldi. Piazza dovrà riuscire nel duplice intento di dimostrare la sua innocenza ai suoi ex compagni di banda e di convincere uno spietato commissario di polizia  delle sue buone intenzioni, nonostante quest’ultimo sia fermamente convinto che Piazza continuerà a commettere reati. Inoltre c’è Nelly Bordon, la fidanzata di Ugo Piazza e ballerina in un night club: Piazza vorrebbe coinvolgerla nel suo nuovo progetto di vita, fuori dalla vita criminale. La scena in cui Piazza vede Nelly ballare nel locale è una delle più famose del film e dell’intero filone: l’inquadratura segue i movimenti del corpo della ballerina, mettendo in risalto la bellezza della ragazza e ricreando un mondo criminale in cui violenza, potere e sesso sono strettamente collegati tra loro. (la lap dance di Barbara Bouchet è omaggiata da Quentin Tarantino in Grindhouse – A prova di morte).
Milano Calibro 9 è un film del 1972, diretto da Fernando Di Leo e ispirato al romanzo Stazione Centrale ammazzare subito di Giorgio Scerbanenco.
Questo film è una pietra miliare del genere poliziesco all’italiana, uno dei generi meglio sfruttati dai registi italiani. Come in ogni film riconducibile a questo filone, i protagonisti non rispecchiano i tipici archetipi del poliziesco più comune, ma sono presentati con profili psicologici propri e tra criminali e forze dell’ordine non vi è una netta contrapposizione. Ricopre un grande ruolo anche Milano, vera grande protagonista della pellicola. La città è dipinta come un luogo dove il crimine trova un terreno fertile. L’ascesa criminale di molti personaggi è strettamente collegata con l’ideologia sociale preponderante, quella della scalata sociale e dell’arrivismo. Criminali, gente comune, importanti industriali e grandi boss della malavita sono accomunati dal loro desiderio di cavalcare l’onda del boom economico e raggiungere un livello di benessere economico e sociale superiore a quello di partenza.
In Milano Calibro 9 si segnalano spunti di critica sociale come in questura, dove ad un commissario capo pragmatico ed attento si contrappone un vicecommissario, fresco di nomina, particolarmente istruito e progressista. In quel luogo,
e tra loro due, ci saranno discussioni che per i tempi sorprendono.Il commissario capo si distingue con affermazioni tipo: “I ricchi non danno fastidi!” “Ci sono ricchi e ricchi!” “La proprietà non è un furto!”, “Siamo sempre stati al servizio dei ricchi!”, “I ricchi hanno sempre ragione!”, “La polizia lotta contro gli studenti e contro gli operai!” e il vice-commissario che risponde con frasi come: “Lei è un poliziotto vecchio. I delinquenti sono un effetto, non una causa”, “Non ci sarebbe la delinquenza meridionale se i meridionali non facessero lavori mal pagati che non vuol fare nessuno".  Oppure si parlerà della condizione disumana dei detenuti nelle carceri (Ugo era uscito in seguito ad un'amnistia) e, cosa che costerà al vice il trasferimento in Basilicata, si parlerà di quanto tempo si perde sui pesci piccoli e non s'indaga sui movimenti dei capitali che proprio a Milano, grazie alla Borsa, trovano il terreno più fertile per riciclare i proventi illeciti..
Importante è la colonna sonora di Bacalov che si avvale dal gruppo napoletano rock-progressive degli Osanna. 




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