I neo-luddisti, i demolitori non hanno una volontà sistematica di distruggere a prescindere dal fine di tale distruzione. Se essi attaccano le macchine non è per paura o perché non hanno nulla di meglio da fare, ma semplicemente perché le macchine che conoscono sono macchine inventate e prodotte nell’ambito di un preciso modello economico e di precise esigenze, quelle dell’impresa capitalistica. Una macchina usata al di fuori di una logica capitalistica potrebbe essere una macchina DIVERSA da quella usata da un modello produttivo capitalistico imperniato sul profitto. È facile dedurre che la tecnologia riflette i rapporti di potere nella società, e questo logicamente significa che chi detiene un maggior potere continua a determinare la forma e la direzione della tecnologia nel futuro prevedibile.
Oggi assistiamo alla maturazione finale di un sistema capitalistico ancora antisociale in cui libertà ed inventiva si sono cristallizzate in un monopolio del potere sancito dalla formula del progresso automatico. Dire no all’innovazione tecnologica serve a due scopi insieme. Primo, fermare il progresso ci rammenta che siamo coinvolti in un movimento che non abbiamo avviato a cui non abbiamo mai deciso di partecipare. Secondo dire “no” non arresta la storia umana, quanto piuttosto mette in discussione l’attuale forma di sviluppo e cambia le regole del gioco presente.
I luddisti che si oppongono all’introduzione di nuove tecnologie, non sono contrari alla tecnologia in se stessa, quanto piuttosto ai mutamenti sociali che la nuova tecnologia riflette e rafforza. Non hanno nulla contro le macchine ma neppure un rispetto ingiustificato per esse. Dovendo scegliere tra macchine e persone o, per essere più precisi, tra le macchine dei capitalisti e la propria vita, non è difficile decidere cosa viene al primo posto.
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