In un'Italia dove la percentuale di analfabeti è del 48,6% i comizi itineranti diffondono le idee politiche e sindacali, mentre le riviste anarchiche e futuriste sono il primo veicolo delle idee più sovversive in campo politico ed artistico. Tommaso Marinetti ha da poco pubblicato il suo "Manifesto Futurista" per l'esaltazione degli elementi primordiali, della bellezza della lotta audace. Tutti elementi che, sebbene trasportati in una visione libertaria e quindi opposta alle teorie di Marinetti e D'Annunzio, non mancheranno negli scritti novatoriani degli anni successivi.
1911
Sotto le pressioni di nazionalisti, liberali e cattolici il governo presieduto da Giolitti decide l'intervento militare in Libia. Le pulsioni coloniali dell'Italia saranno soddisfatte al termine di una guerra (18 ottobre 1912) che come risultati principali offrirà 3430 morti, pesanti sacrifici economici per la popolazione e l'inasprimento dei rapporti con le potenze europee. L'eldorado libico tratteggiato dalla propaganda si rivelerà un miserevole "scatolone di sabbia" nel quale gli italiani non riuscirono nemmeno a trovare i redditizi giacimenti di petrolio.
1914
"Settimana Rossa".
Durante una provocatoria manifestazione antimilitarista promossa il 7 giugno da anarchici e repubblicani un reparto di carabinieri apre il fuoco sulla folla in subbuglio ad Ancona, uccidendo tre manifestanti. Di conseguenza il 9 giugno è dichiarato lo sciopero generale senza nemmeno attendere l'effettiva delibera di CGdL e PSI. Alla chiusura di numerose attività e alla diserzione delle fabbriche si accompagnano manifestazioni che in molte città sfociano in tumulto e scontri con le forze dell'ordine. Nonostante gli ardori profusi dal socialista rivoluzionario Benito Mussolini, dal repubblicano Pietro Nenni e dall'anarchico Errico Malatesta nell'intento di conventire lo sciopero in rivoluzione contro il governo e la monarchia, le agitazioni cessano quasi ovunque tra il 12 e il 13 giugno. Più che per repressione governativa lo scioperò si esaurisce da solo per la disorganizzazione e la scarsa maturità delle capacità rivoluzionarie dei leaders estremisti, i quali non riescono a radicare nella maggioranza degli scioperanti la volontà di "andare fino in fondo". A tutto si somma la prevalente indifferenza di Confederazione sindacale e Partito Socialista.
Il 28 giugno, con l'assassinio a Sarajevo di Francesco Ferdinando d'Austria, comincia il valzer delle dichiarazioni di guerra che in pochi mesi porterà ad un immane scontro tra Germania, Impero Austro-Ungarico e Turchia da una parte e Inghilterra, Francia e Russia dall'altra. L'Italia, al momento legata agli Imperi Centrali da un trattato, decide inizialmente di non intervenire. Prendono il via nel frattempo trattative segrete con l'Inghilterra.
L'opinione pubblica, il mondo politico e gli ambienti intellettuali sono divisi da accese dispute tra interventisti e neutralisti.
1915
Il 23 maggio l'Italia entra in guerra a fianco di Inghilterra, Francia e Russia. Le misure repressive contro dissidenti ed antimilitaristi s'inaspriscono; giornali e riviste sono sottoposti a censura.
1917
In Russia il partito bolscevico di stampo marxista, guidato da Lenin, conquista il potere con un'insurrezione che sfrutta anche la pressione che grava sull'esercito a causa della guerra. Il sistema zarista, abbattuto, è sostituito da una forma di governo basata sui soviet, cioè consigli di cittadini, posti sotto il controllo bolscevico. Il primo effetto di questa Rivoluzione d'Ottobre è l'uscita di scena della Russia dalla guerra. Nel giro di pochi anni l'incapacità dei soviet di gestire effettivamente il vastissimo paese provocherà l'accentrameo del potere nelle mani del Partito, in una forte organizzazione burocratico-centralizzata di carattere dittatoriale.
1918
L'11 novembre termina quel terribile scontro che sarà ricordato come la Prima Guerra Mondiale. Oltre ai 10 milioni di soldati uccisi (senza contare i civili) la carta politica d'Europa è ridisegnata, decretando la scomparsa dei grandi e secolari Imperi Centrali e l'affermazione di una nuova potenza industriale ed economica: gli Stati Uniti, che grazie alla guerra concluderanno lucrosi affari.
Intanto l'Italia, che nei colloqui di pace siede al tavolo dei vincitori, vede negarsi alcune delle concessioni, soprattutto a livello territoriale, che le erano state promesse al momento dell'entrata nel conflitto. Viene coniato il termine "vittoria mutilata" di cui si riempiranno la bocca soprattutto i nazionalisti, mentre sulle spietatezza economica di Francia, Inghilterra e Stati Uniti nell'infierire sulla sconfitta Germania farà poi leva Adolf Hitler nella sua scalata al potere.
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