Translate

giovedì 18 luglio 2019

RENZO NOVATORE poeta e anarchico - parte seconda

Abele si diede alla macchia, rimanendo latitante per alcuni mesi sino a che, il 30 settembre, fu arrestato e deferito all'autorità giudiziaria per atti vandalici.
Fu in questo periodo che il poeta-bandito conobbe Chiara Emma Rolla, che diventò poi sua moglie e madre di tre figli, uno dei quali morì molto piccolo nell'ultimo anno della Prima Guerra Mondiale. Abele amava Emma e i figli anche se la sua instancabile, coerente e determinata militanza tra le file anarchiche per la difesa della libertà individuale lo portarono spesso, nella sua breve vita, lontano dalla famiglia. 
Abele cominciava anche a scrivere interventi infuocati sui maggiori fogli libertari ed anarchici del Nord Italia come Cronaca Libertaria , Il Libertario , Iconoclasta! , La Testa di Ferro proclamando la sua visione dell'anarchismo in generale e del movimento anarchico italiano, stendendo intimi manifesti del suo stato d'animo e delle sue idee nei confronti della società, della monarchia, dello Stato, della religione e dei partiti, prediligendo componimenti in prosa apertamente ispirati nello stile alle avanguardie letterarie di quel periodo. Abele si firmerà sempre con una serie di pseudonimi di cui il più famoso è sicuramente Renzo Novatore, ma anche Brunetta l'Incendiaria, Sibilla Vane, Mario Ferrento e Andrea del Ferro.
Lo stile di scrittura di Abele si colloca senza dubbio nell'orbita del futurismo, il movimento che intese, agli inizi del ‘900, aggiornare drasticamente il linguaggio espressivo rompendo definitivamente col passato tradizionalista. 
In particolare, i testi di Novatore sono caratterizzati da un uso frequente di metafore liriche che hanno il compito di illustrate lo spirito aristocratico e libero dello scrittore, oppure le descrizioni di figure spregiudicate, soprattutto femminili, in funzione antimoralista ed individualista. L'uso di aggettivi caustici ed insoliti assicura poi un effetto “arrabbiato” alla scrittura che, unito ad un tono sempre contestatore e polemista, dona agli scritti di Abele una forza sufficiente a lasciarsi immediatamente odiare o amare dal lettore.
1914: anno di illusioni infrante, anno di guerra.
Mentre in Italia si spegnevano gli ultimi echi della “Settimana Rossa”, rossa per lo sciopero generale e i sollevamenti proletari, in tutta Europa la febbre dei moschetti e dei cannoni dilagava tra corti e ministeri. Politici, statisti, teste coronate e consiglieri smaniavano eccitati per dare inizio ad una carneficina “necessaria” che avrebbe dovuto portare alla caduta di imperi e regni secolari, all'affermazione dei nuovi padroni del continente, al riscatto di chi si sentiva ancora sotto il giogo dello straniero. Tristi e minacciose nuvole velenose si addensavano sulla testa di operai ma soprattutto contadini, pronte a risucchiarli e sputarli nella trincea omicida per la (vana)gloria della Patria. I politicanti italiani tentennarono, aspettando un anno prima di gettarsi nella mischia per individuare la fazione migliore insieme alla quale schierarsi, in cambio di concessioni territoriali che alla fine del conflitto non sarebbero state neppure rispettate.
Mentre l'Europa subiva la devastazione del ferro e del fuoco i maggiori partiti politici italiani si spaccavano tra sostenitori dell'interveto o della neutralità, tra manifestazioni di piazza ed accesi dibattiti.
Anche nel movimento anarchico emergevano i contrasti. Alcuni illustri militanti e soprattutto individualisti, per i più svariati motivi, abbandonavano le tradizionali posizioni antimilitariste e antiautoritarie indossando l'elmetto per inebriarsi delle poetiche guerresche di D'Annunzio.
Non Renzo Novatore. Egli, sin dai primi soffi pestilenziali che sapevano di polvere da sparo, si schierò dalla parte dei disertori e di coloro che giustamente in quello scontro fratricida tra proletari di diverse nazioni non vedevano progresso, onore e conquista ma solo litri e litri di sangue versato inutilmente mentre la situazione per chi fosse riuscito a tornare a casa, magari orrendamente mutilato, non sarebbe cambiata di un millimetro: oppressione, sfruttamento, miseria. Novatore si adoperò subito per imbastire sui giornali anarchici tartassati dalla censura una serie di articoli rabbiosi per insegnare alla gente, alla “plebe” come spregiativamente la chiamava lui, il rifiuto e la negazione del massacro a cui presto sarebbero stati chiamati. È anche verosimile una sua partecipazione ai numerosi comizi itineranti che, di paese in paese, avevano come scopo di parlare direttamente ai contadini per convincerli alla diserzione, col motto “non guerra, ma rivoluzione!”. Infatti in quel periodo Novatore nutriva ancora una certa fiducia nella capacità di organizzazione e determinazione dei lavoratori per rovesciare il sistema monarchico-statale.

Nessun commento:

Posta un commento