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giovedì 15 aprile 2021
Cafiero tra Engels e Bakunin
Fino alla metà di novembre 1871, i socialisti italiani, occupati a neutralizzare l'influenza mazziniana e a gettare le basi di una futura organizzazione, erano rimasti del tutto estranei alla lotta delle correnti che si svolgeva all'interno dell'Internazionale fra Marx e Bakunin. Quando le risoluzioni marxiane della Conferenza di Londra (La Conferenza di Londra era stata riunita in settembre, in sostituzione di un Congresso generale reso impossibile dalla guerra e dagli avvenimenti parigini), provocarono l'aperta ribellione dei bakuninisti del Giura, che in un congresso a Sonvillier (12 novembre) denunciarono i metodi dittatoriali del Consiglio Generale e l'illegalità della Conferenza, chiedendo l'immediata convocazione di un congresso regolare, l'eco della polemica rimbalzò anche in Italia. Tuttavia va notato che le risoluzioni della Conferenza di Londra, e soprattutto la IX che affermava la necessità della conquista del potere politico per l'emancipazione del proletariato, avevano suscitato perplessità e malumore nell'ambiente napoletano, indipendentemente dalla protesta dei giurassiani. Cafiero stesso ne informa Engels: “Qui c'è stata un poco di agitazione per questa benedetta Conferenza... Quella Regola IX la si volle prendere come una transazione del 3° Considerando dei nostri Statuti. L'idea di un partito politico, sebbene opposto ad ogni altro borghese, scandalizzò e si gridò al tradimento dai borghesi che, entrati nell'Internazionale, s'erano fatti strada sino alla Conferenza”. Pertanto, ad evitare dissidi e “scissure”, Cafiero chiede ad Engels ulteriori istruzioni e delucidazioni, mentre non può fare a meno di esprimere la sua stessa perplessità: “Io poi, che nel Congresso di Roma rimbeccai un mazziniano sull'affare della questione politica ed economica devo confessarvi che non ne sono stato troppo entusiasmato da quella risoluzione IX che ci accosta indiavolatamente ai mazziniani... trovare la Conferenza che ci dice implicitamente di essere andati nel tenerci troppo strettamente legati ai nostri Statuti, è un affare che veramente dispiace”. Bakunin intanto ha deciso di prendere posizione: nelle lettere ai suoi amici vecchi e nuovi, chiarifica i termini del dissenso nei confronti del Consiglio Generale e «inonda» l'Italia — come confida ad un amico russo — della circolare di Sonvillier. La tattica per l'offensiva che intende sferrare, è scelta con notevole abilità; egli cerca di sfruttare lo stato d'animo di reazione al mazzinianesimo che egli stesso ha contribuito ad alimentare, paragonando il dissidio dei Giurassiani al conflitto che si svolge in seno alla democrazia italiana e ritorcendo contro Marx le stesse accuse che aveva rivolto contro Mazzini: “Mazzini e Marx — scrive infatti — benché molto differenti per altri rapporti sono spinti da un'unica passione: vanità politica che nell'uno è religiosa, nell'altro è scientifica e dottrinaria: il vanitoso impulso di governare, educare e organizzare le masse secondo le proprie idee”. E altrove: «La Circolare di Sonvillier è una solenne protesta in nome della libertà, il vero principio dell'Internazionale contro le pretese dogmatiche e governative del Consiglio Generale di Londra, di cui tutto il compito, secondo lo spirito e la lettera dei nostri Statuti generali, deve limitarsi a quello di un semplice Ufficio Centrale di Statistica e di Corrispondenza ». L'argomento su cui insiste Bakunin è che «l'internazionale non ammette un dogma ortodosso, né teoria ufficiale, né governo centrale. Essa è fondata sull'autonomia, sullo sviluppo spontaneo, sulla libertà delle opinioni, sulla federazione libera delle associazioni operaie. L'unità dell'Internazionale non è basata sulla uniformità di una teoria ufficiale o di un dogma, come nella chiesa di Mazzini». La libertà da ogni imposizione ideologica e dottrinale che era stato il leit-motiv della polemica contro Mazzini, diviene ora il motivo centrale della polemica contro Marx. E i neo-internazionalisti italiani che si sono appena liberati della soggezione ideologica di Mazzini, non erano certo propensi a sacrificare la conquistata autonomia di giudizio: impostata la questione in tal senso, non c'era da dubitare del successo di Bakunin. A nulla valgono i tentativi di conciliazione di Cafiero, le acrobazie interpretative che questi compie nell'illustrare la famosa Risoluzione IX, le sue esortazioni velate ad Engels di non irrigidire e aggravare il contrasto: Engels non ne tiene conto e sconfessa pubblicamente Bakunin, in un articolo sulla Roma del Popolo (L'occasione di sconfessare Bakunin era stata offerta ad Engels da un articolo di Mazzini sulla Roma del Popolo (16 novembre 1871) che citava come «documenti dell'Internazionale» alcune dichiarazioni di Bakunin, anteriori alla sua ammissione nell'AIL. Engels nega la responsabilità dell'Internazionale per ogni dichiarazione «individuale» al di fuori dei documenti ufficiali e accusa Bakunin di voler sostituire al programma dell'Internazionale un programma «stretto e settario». La lettera di Engels comparve anche sulla Puebe il 12 dicembre, oltre che sulla Roma del Popolo 21 dicembre). L'articolo fu giudicato «eminentemente impolitico» da Cafiero, che rimproverò Engels di aver tirato «il primo colpo di una battaglia che non si può calcolare come finirà». Bakunin dal canto suo intensificò le sue pressioni affinché senza equivoci di sorta, i gruppi italiani dichiarassero la loro adesione ai dissidenti del Giura, e alla fine del '71, raggiunse questo obiettivo: il Fascio Operaio di Bologna, intorno al quale ruotavano numerosi nuclei in tutta la Romagna, La Società Emancipazione del proletariato di Torino, La Federazione operaia napoletana, la Sezione Girgentina, il «Gruppo internazionalista» di Milano, facente parte del Circolo Operaio, i centri più importanti del nascente schieramento internazionalista italiano, si erano pronunciati a favore dei dissidenti del Giura per la convocazione anticipata di un Congresso generale. Cafiero stesso interrompe la sua corrispondenza con Engels e la riprenderà dopo parecchi mesi, ma solo per informare Engels della sua conversione all'anarchismo.
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