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giovedì 29 aprile 2021

Gli ultimi anni di Michail Bakunin

II 1° settembre 1873 si apriva a Ginevra il sesto congresso generale dell'Internazionale: le Federazioni del Belgio, dell'Olanda, dell'Italia, della Spagna, della Francia, dell'Inghilterra, e del Giura svizzero vi erano rappresentate; i socialisti lassalliani di Berlino avevano mandato un telegramma di simpatia firmato da Hasenclever e  Hasselmann. Il congresso si occupò della revisione degli statuti dell'Internazionale; pronunciò la soppressione del Consiglio generale, e fece dell'Internazionale una libera federazione che non aveva più alla sua testa alcuna autorità dirigente: «Le Federazioni e Sezioni che compongono l'Associazione, dicono i nuovi statuti (articolo 3), conservano la loro completa autonomia, cioè il diritto di organizzarsi secondo la loro volontà, di amministrare i loro affari senza alcuna ingerenza esterna, e di decidere essi stessi la via che intendono  seguire per giungere all'emancipazione del lavoro». Bakunin era affaticato da una lunga vita di lotte; la prigione lo aveva fatto invecchiare prima del tempo, la sua salute era seriamente scossa, ed egli aspirava ora al riposo ed alla solitudine. Quando vide l'Internazionale riorganizzata con il trionfo del principio di libera federazione, pensò che era giunto il momento in cui poteva congedarsi dai suoi compagni, ed indirizzò ai membri della Federazione giurassiana una  lettera (pubblicata il 12 ottobre  1873) per pregarli di voler accettare le sue dimissioni da membro della Federazione giurassiana e da membro dell'Internazionale, aggiungendo: «Non mi sento più le forze necessarie per la lotta: non saprei dunque  essere nel campo del proletariato che un ostacolo, non un aiuto. Mi ritiro dunque, cari compagni, pieno di riconoscenza per voi e di simpatia per la vostra grande e santa causa, la causa dell'umanità. Continuerò  a seguire con fraterna ansietà  ogni vostro  passo, e saluterò con gioia ogni vostro nuovo trionfo. Fino alla morte, sarò dei vostri». Non aveva più che neppure tre anni di vita. Il suo amico, il rivoluzionario italiano Carlo  Cafiero, gli diede ospitalità in una villa che aveva acquistato vicino a Locarno. Là, Bakunin visse fino alla metà del 1874,  esclusivamente assorbito, sembrava, da questo nuovo genere di vita, nel quale trovava infine la tranquillità, la sicurezza ed un benessere relativo. Tuttavia, egli non aveva cessato di considerarsi un soldato della Rivoluzione; i suoi amici italiani avevano preparato un movimento insurrezionale, ed egli si recò quindi a Bologna (luglio 1874) per prendervi parte: ma il movimento, mal organizzato, finì male, e Bakunin dovette ritornare in Svizzera, travestito. Bakunin non era più, nel  1875, che l'ombra di se stesso. Nel giugno 1876, nella speranza di trovare qualche sollievo ai suoi  mali, lasciò Lugano per  recarsi a Berna; arrivandovi, il 14 giugno, disse al suo amico il dottor Adolf Vogt: «Vengo qui perché tu mi rimetta in sesto, o per morirci». Spirò il 10  luglio, a mezzogiorno.


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