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giovedì 28 settembre 2023

La “machnovitchina” siberiana

Il pensiero anarchico in Siberia prende piede grazie all’incontro tra  il pensiero libertario, in gran parte giunto attraverso i prigionieri politici, e le tradizioni siberiane quali l’autonomia dei gruppi cosacchi, il banditismo contadino, la cooperazione agricola, senza dimenticare la presenza di gruppi religiosi ortodossi dissidenti e delle più diverse comunità religiose, tra cui i “discepoli” di Tolstoj. Questa composita tradizione per sua natura antiautoritaria influenza molti degli anarchici deportati in Siberia, rafforzandoli nei loro convincimenti, come ricordano nelle loro memorie tanto Bakunin quanto Kropotkin. Le prime attività di diffusione delle dottrine anarchiche risalgono al 1905-1906, mentre i primi tentativi insurrezionali, in collaborazione con elementi social-rivoluzionari, si hanno nel 1907 a Omsk e nel 1911 a Tchita. Dapprima il movimento anarchico siberiano si orienta verso posizioni bakuniniane, salvo poi subire, come nel resto del Paese, la divisione tra anarco-comunisti, anarco-sindacalisti e anarco-individualisti. I militanti anarchici nel 1906-1907 sono in un centinaio, a fronte di 3.000 socialdemocratici e 1.000 socialrivoluzionari; diventano poi 800 gli anarchici divisi in 46 gruppi nel 1917. Entrando poi specificamente nel periodo della Rivoluzione del 1917, anche in Siberia si verifica la spaccatura a proposito del rapporto da tenere con i bolscevichi. Va notato che qui il movimento anarchico si compatta attorno al sindacato dei minatori di Keremovo. Una fallita sollevazione ha luogo nella guarnigione “bianca” di Irkutsk, ma la propaganda raggiunge ben presto Tomsk, Krasnojarsk e la flotta del lago Bajkal. In quel periodo vedono la luce numerose traduzioni di autori come Kropotkin (russo, ma che all’epoca, ormai residente a Londra, pubblicava le sue opere in inglese), Reclus e il “nostro” Malatesta per le edizioni Novomirski, letteralmente “Nuovo mondo”, e sui periodici “Sibirskiy anarkhist” (L’anarchico siberiano) e “Buntovnik” (L’insorto). Oltre che tra i ferrovieri e i contadini, l’influenza anarchica è forte anche tra i 140 mila soldati inviati a combattere le truppe bianche di Koltchak. Proprio la presenza della controrivoluzione impedisce il disarmo, da parte dei bolscevichi, delle bande partigiane anarchiche, che fanno la loro comparsa nella regione dal 1918 e il cui contributo militare, sotto la guida di comandanti come Novoselov e Rogov, è assolutamente indispensabile per la vittoria della rivoluzione. Tuttavia, ben presto i contrasti con i bolscevichi si palesano. Dapprima con la nomina di amministratori esterni alla regione e poi con la nomina di ex-ufficiali zaristi a capo delle guarnigioni locali. La resa dei conti si ha in occasione del 1° maggio 1920 a Julanikh, dove 1.000 partigiani e qualche migliaio di contadini rendono omaggio alle vittime della controrivoluzione. La rivolta scoppia due giorni dopo quando Novoselov proclama la nascita della Federazione Anarchica d’Altaï (FAA). In seguito all’attacco dell’Armata rossa le truppe anarchiche si dividono in piccoli gruppi e si disperdono nella taiga. Nel giugno 1920 Rogov, catturato, si suicida; Novoselov invece continua la lotta fino a settembre, prima di sparire con i suoi partigiani. Riapparirà nel 1921 tentando una nuova sollevazione, alleato anche a truppe controrivoluzionarie, ma la sorte della battaglia gli si rivelerà in breve tempo contraria. Insurrezioni, presto sconfitte, scoppiano anche nella regione di Tomsk sotto la guida di Lubkov e dei suoi 2.500-3.000 partigiani. Si conclude così quella che può essere definita una “machnovitchina” siberiana.



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