Quando lascio Parigi, capital-spazzatura
Quando fuggo dalle pubblicità che mi assalgono a colori
Quando lascio il suo grigio nel retrovisore
Per cantare da qualche parte fra Loira e Mosella
Riscopro il tuo volto fra le rondini
E ritorno pittore e mi scordo il cantante.
Hai dei cieli che danno lezioni di pittura
Hai i cieli dei quadri della rivoluzione
Le tue nubi sputate da enormi cannoni
Si contendono l’alto, e passando in macchina
Mi sembrano navi assetate d’azzurro
E fioccano così basse, che mi sfiorano la fronte
Le tue capanne hanno tutta l’aria di venir fuori da una bibbia
Curata da un qualche Mosè normanno
E i tuoi prati sono di un verde così commestibile
Che si vorrebbe essere cavallo per brucarli un po’
Hai i cieli di Vlaminck, ma di un blu che si muove
Hai i campi di Van Gogh, ma con in più gli odori
Hai Monet per le acque, i riflessi, i vapori
E queste giungle fiorite nelle stazioni dei paesi
Sono talmente Rousseau [il doganiere], che quasi è un peccato
Che manchi un leone che sorride fra i fiori.
Che mi guidino dal cielo o li abbia alle calcagna
Che sian d’oro o di bronzo, di bruma o di sangue
Il tuo sole mi rivela, a questa o quell’ora
Primavere giapponesi, autunni spumosi
Estati violette, come da manuale
Novembri di pioggia, inverni di diamante.
Però io, che prendo le tue lezioni di pittura,
Io che canto la tua terra proprio ai tuoi figli
Io che a forza d’amore ho perduto l’accento
E ti cucio in francese quartine su misura
Come molti amanti ho anch’io una ferita
Che conservo segreta, ma continua a sanguinare.
Ma mi hai visto? Ho il ricciolo berbero
Ma mi hai ascoltato? Ho la voce di un muratore
È nell’olio d’oliva che cucino le canzoni
E parlo gesticolando e adoro la mamma
Ed ho tanti pogrom nel mio cuore millenario
Che talvolta esito davanti al prosciutto.
Cominci a capire perché mi addolora
Vedere il disprezzo che hanno a volte i tuoi figli
Per i neri, gli arabi, gli ebrei, gli zingari
Che non hanno il talento di passare per poeti
Nessun commento:
Posta un commento